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Giuseppe De Donno era un sostenitore di Stamina

Immagine di copertina
Il prof. Giuseppe De Donno, direttore della Pneumologia all'ospedale Poma di Mantova

Giuseppe De Donno era un sostenitore di Stamina. E all’ospedale Carlo Poma qualcuno aveva tentato la via della sperimentazione, nel 2014. Lo si legge in un articolo di Sussidiario del 3 giugno 2013 in cui si racconta di una serata svoltasi al teatro Verdi di Buscoldo, in provincia di Mantova. E in alcuni articoli de La Gazzetta di Mantova ancora online.

Era il periodo di Stamina e dei servizi delle Iene con Giulio Golia e i genitori che chiedevano a gran voce la sperimentazione. Quella serata al Verdi, con teatro pieno, viene raccontata così: “Oltre a Sara F. a favore del Metodo Stamina hanno parlato Luigi Bonavita e Mario Tetti, affiancati dall’avvocato Nicoletta Ferrari e dal vicesindaco di Curtatone Giuseppe de Donno, intervenuto nelle vesti di medico”. E in effetti, in una gallery della serata trovata altrove appare proprio Giuseppe De Donno seduto tra i relatori. Il video invece risulta rimosso.

Nella foto Giuseppe De Donno

Cercando poi qualche informazione in più, da alcuni vecchi articoli de La Gazzetta di Mantova viene fuori un ulteriore dato interessante: la mamma che su quel palco del Verdi accanto a De Donno chiedeva la sperimentazione di Stamina sul figlio Leonardo (affetto da paralisi tetraspastica) era proprio infermiera all’ospedale Carlo Poma. Dice il giornale: “…ha smesso di lavorare per occuparsi di Leonardo e del fratellino più piccolo, A., di un anno, che dopo un vaccino – questo il sospetto, che deve ancora trovare conferma – soffre di un ritardo psicomotorio e di crisi epilettiche”. Quindi attenzione, in questa storia c’erano sia stamina che i sospetti sui vaccini. E c’erano anche mamme di ipotetici pazienti trovate proprio all’interno del Poma.

In un articolo del 6 maggio 2014 della Gazzetta di Mantova si legge: “Un anestesista rinanimatore dell’ospedale di Mantova sarebbe pronto ad effettuare i discussi trattamenti inventati da Vannoni per la cura delle malattie neurodegenerative. Lo ha annunciato il presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni”. “A noi – ha precisato oggi pomeriggio il direttore sanitario dell’azienda ospedaliera Carlo Poma, Piervincenzo Storti – non è arrivata alcuna richiesta. Se arriverà, comunque, lo specialista non potrà praticare il metodo stamina a Mantova, semmai a Brescia”, si riposta nell’articolo.

Due giorni dopo su La Gazzetta di Mantova un nuovo articolo, in cui si fa una strana marcia indietro: “Con il trascorrere delle ore si è appreso che l’annuncio (della sperimentazione al Poma ndr) era frutto della dichiarazione di una donna di Mantova, infermiera al Poma e madre di un bimbo gravemente malato, probabilmente fraintesa. “Io – racconta la donna – avevo solo raccolto il primo appello dell’assessore regionale Mantovani e avevo telefonato ad alcuni medici per sapere se erano disponibili”». La cosa ha quindi seguito uno strano circuito, probabilmente sfuggendo di mano”.

Alla fine la sperimentazione non si fece, ma evidentemente al Poma, qualcuno ci provò, creando molta confusione e contrasti all’interno della struttura. E, caso strano, “anche Gaetano P., il 40enne ex cuoco dell’ospedale Carlo Poma in coma vegetativo da quattro anni dopo un incidente”, era coinvolto in questa battaglia (tramite familiari si suppone), visto che appare il suo nome in un altro articolo della Gazzetta di Mantova sulla serata musicale per la raccolta fondi da destinare a Stamina Foundation.

Insomma: il Carlo Poma, De Donno che appoggia pubblicamente un metodo sperimentale (in questo caso stamina, che al contrario della plasmaterapia era una vera e propria cialtronata), musica e raccolta fondi, le Iene, ipotetici pazienti che arrivano dal Poma. Vi ricorda per caso un altro schema, un po’ più recente.

Leggi anche: 1. Autoritarismo, feeling con Salvini e dubbi sulla sperimentazione: chi è davvero Giuseppe De Donno (di Selvaggia Lucarelli) / 2. Il caso De Donno, il prof anti-élite che alla fine legge il comunicato impostogli dai capi / 3. “Quando mi ha chiamato l’Onu ho pianto. In Italia non mi cerca nessuno. Le parole di Burioni sono inaccettabili”
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