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Fine vita in Italia: tutti i casi da Welby a Mario

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La storia di Mario è solo l’ultima, in ordine di tempo, delle tante storie di persone che hanno chiesto allo Stato di rispettare le proprie scelte di fine vita.

Un filo rosso che, riavvolgendolo, riporta al 2006 e a Piergiorgio Welby diventato un simbolo per chi lotta da anni per poter decidere se e quando terminare la propria vita. Storie di speranze e di attesa di una legge che al momento, dopo essere stata approvata alla Camera, è arrivata in Senato ed è in attesa di discussione presso le commissioni.

In Italia oggi il suicidio medicalmente assistito è possibile grazie all sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale che delinea i confini di intervento con l’aiuto indiretto a morire da parte di un medico. Le condizioni richieste dalla sentenza sono: la richiesta deve essere di una persona che sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

Una lunga strada iniziata con Welby e che negli anni ha visto molti casi susseguirsi. Nel 2007 quello di Giovanni Nuvoli, malato di Sla di Alghero, che chiedeva il distacco del respiratore previa sedazione palliativa profonda: la Pubblico Ministero della Procura di Sassari intervenne bloccando il dottor Tommaso Ciacca che avrebbe dato seguito alla richiesta di Giovanni (Qui intera vicenda). Nuvoli iniziò allora uno sciopero della fame e della sete lasciandosi morire.

Ma è nel 2009 con la vicenda di Eluana Englaro, la giovane di Lecco rimasta in stato vegetativo per 17 anni, che il Paese si è diviso tra i favorevoli alla volontà del padre Beppino di far rispettare il desiderio della figlia quando era ancora in vita di porre fine alla sua esistenza se si fosse trovata in simili condizioni e i contrari (Qui intera vicenda).

Varie le sentenze di rigetto delle richieste dei familiari, finché la Cassazione, per ben due volte, si è pronunciata a favore della sospensione della nutrizione e idratazione artificiale. Anche Max Fanelli, malato di Sla morto per cause naturali nel 2016, chiedeva una legge sull’eutanasia. E sempre nel 2016, Walter Piludu, ex presidente della provincia di Cagliari malato di Sla, è morto ottenendo la sospensione dei trattamenti di sostegno vitale previa attivazione di sedazione palliativa profonda: il tribunale di Cagliari, per la prima volta in Italia, ha ordinato alla struttura sanitaria di procedere come da volontà della persona malata (Qui intera vicenda). Nel 2017 la storia di Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, rimasto tetraplegico in seguito a un incidente stradale, scelse di morire con il suicidio assistito in una clinica svizzera, il 27 febbraio del 2017. Con lui c’era Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che il giorno successivo si autodenunciò.

L’8 novembre 2017, iniziò il processo a Marco Cappato, imputato per aver aiutato Dj Fabo a raggiungere la Svizzera per ottenere il suicidio assistito. La Corte di Assise di Milano sollevò incidente di costituzionalità sull’articolo 580 del codice penale per la parte che prevede il reato di aiuto al suicidio. La Corte costituzionale il 25 settembre 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una parte dell’articolo 580 del codice penale a determinate condizioni (Qui intera vicenda).

Vicenda analoga a quella di Fabo, è la storia di Davide Trentini: malato di sclerosi multipla dal 1993. Dopo avere contattato Cappato e Mina Welby, fu aiutato per la somma necessaria da Marco Cappato e Davide raggiunse la clinica in Svizzera accompagnato da Mina Welby. Davide Trentini è morto il 13 aprile 2017. Marco Cappato e Mina Welby hanno affrontato un processo imputati del reato di istigazione e aiuto al suicidio, sono stati assolti perché l’aiuto al suicidio fornito non costituisce reato ai sensi della sentenza numero 242/19 della Corte costituzionale (Qui intera vicenda).

Nei mesi scorsi, infine, “Mario” ha vinto la sua battaglia dopo 18 mesi di ostacoli determinati dall’ ASUR Marche (Qui intera vicenda).

Invece, ‘Antonio‘, attende da 20 mesi il parere sui requisiti e le modalità previste dalla decisione della Corte costituzionale 242/19, dopo anche un ordine del Giudice del Tribunale di Fermo (Qui intera vicenda).

Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano, da 18 anni immobilizzato a letto, a causa della patologia irreversibile da cui è affetto, ha inoltrato una richiesta alla ASUR Marche il 10 gennaio 2022 per poter accedere al suicidio assisitito. Il 6 giugno 2022 Fabio comunica di voler porre fine alle sue sofferenze tramite la sedazione profonda e continua, a causa dei continui ritardi e della inadempienza dell’ASUR.

 

*Questo articolo è stato redatto dall’Associazione Luca Coscioni. Tra le sue priorità l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la ricerca sugli embrioni, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.
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