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Coronavirus, autista Atac positivo a Roma. Sindacalista a TPI: “Non abbiamo dispositivi protezione”

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Intervista a Michele Frullo, autista Atac e sindacalista dell'Unione Sindacale di Base (USB)

Coronavirus, autista Atac positivo a Roma. Sindacalista a TPI: “Non abbiamo dispositivi protezione”

“Continuiamo a lavorare tutti i giorni ma siamo angosciati. Mancano i dispositivi di protezione personale che dovrebbero garantire la nostra sicurezza e quella degli utenti”. All’indomani della notizia che un autista Atac che guidava tre linee di bus è risultato positivo al test sul Coronavirus, TPI ha intervistato Michele Frullo, anche lui autista Atac e sindacalista dell’Unione Sindacale di Base (USB). “Il contagio del collega ci ha fatto sentire il problema ancora più vicino, ma i rischi ci sono ogni giorno, perché tutti i giorni siamo in contatto con l’utenza”, commenta Frullo.

S&D

Il sindacalista Atac riconosce che alcune azioni intraprese finora per contrastare la diffusione del Coronavirus sono state positive, come la limitazione dell’accesso dei passeggeri alla cabina del conducente, e la regola che impone di non far salire i passeggeri dalla porta anteriore, ma finora non sono stati forniti i dispositivi di protezione come mascherine e guanti. Nonostante gli sforzi della sindaca Raggi, che ha detto di essersi attivata per fornire i dpi a Vigili e lavoratori Ama e Atac, finora i dispositivi non sono stati trovati.

Il 14 marzo l’USB aveva inviato una lettera aperta ai ministri dei Trasporti e della Salute, ai presidenti delle regioni, nonché a tutte le aziende del settore trasporti, con “la diffida a ottemperare senza più ritardi alle disposizioni contenute nel DPCM dell’11 marzo” e “la contestuale apertura dello stato di agitazione in tutti i trasporti a tutela dei lavoratori laddove queste disposizioni siano ancora violate”.

“Purtroppo ancora in molte aziende del trasporto pubblico, inclusa Atac, mancano i dispositivi che possano garantire ai lavoratori di non infettarsi col Coronavirus”, spiega Frullo. “Questo preoccupa perché entriamo in contatto con macchinisti, operai, altri autisti, ma anche con i passeggeri ad esempio quando apriamo la pedana per i disabili o nel caso in cui ci sia qualcuno che si sente male ed è necessario il nostro intervento. C’è quindi il rischio che, se qualcuno è infetto, può infettare tutti gli altri”.

Un altro tema è quello della possibilità di garantire la distanza interpersonale di sicurezza tra i passeggeri. Nonostante la netta riduzione del numero di passeggeri dopo le misure del governo che restringono le possibilità di spostamento, infatti, negli orari di punta non sempre si riesce a rispettare il metro di distanza. Per questo, USB ha chiesto ad Atac che siano intensificate le corse nelle fasce orarie di maggior affluenza.

A questo si aggiunge la situazione dei colleghi di altre società che a causa dell’emergenza Coronavirus non stanno lavorando in questo periodo. “Ci sono lavoratori che facevano il servizio scuolabus che stanno a casa da un mese e non percepiscono lo stipendio”, spiega Frullo. “Se le aziende non attiveranno le tutele necessarie sarà un problema”.

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