Brescia, suora finisce agli arresti domiciliari per legami con la ‘Ndrangheta
Una suora lombarda, suor Anna Donelli, è finita agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Brescia su alcune attività della ‘Ndrangheta in territorio bresciano. La religiosa è accusata di aver fatto da tramite tra l’associazione mafiosa e alcuni detenuti in carcere, dove presta servizio come volontaria.
Nell’ordinanza che dispone la misura cautelare si legge che la suora avrebbe messo a disposizione degli ‘ndranghetisti “la propria opera di assistente spirituale all’interno delle case circondariali e di reclusione per veicolare messaggi tra gli appartenenti all’organizzazione criminale e i sodali detenuti”.
In particolare, avrebbe ricevuto “informazioni dai detenuti utili per meglio pianificare strategie criminali di reazione alle attività investigative delle Forze dell’ordine e dell’Autorità giudiziaria”. In una conversazione in carcere intercettata, uno dei detenuti afferma definisce suor Anna “uno dei nostri”.
Stando a quanto riferisce Avvenire, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, la religiosa, 57 anni, originaria di Cremona e residente a Milano, appartiene all’Istituto Suore di Carità. Presta servizio nel carcere di San Vittore da diversi anni e ha svolto servizi come volontaria anche nel carcere di Brescia.
L’inchiesta della Dda bresciana ha portato complessivamente all’esecuzione di 24 misure cautelari e al sequestro preventivo di beni per oltre 1,8 milioni di euro. Perquisizioni sono state effettuate nelle province di Brescia, Reggio Calabria, Milano, Como, Lecco, Varese, Verona, Viterbo e Treviso. Gli inquirenti indagano per reati che vanno dall’estorsione al traffico di armi, dalla droga alle ricettazioni, fino a usura, reati tributari e riciclaggio.
Al vertice del sodalizio mafioso, legato alla cosca calabrese Alvaro di Sinopoli, ci sarebbero Stefano Terzo Tripodi e il figlio Francesco, entrambi arrestati. Il clan aveva il proprio epicentro nei Comuni di Flero e Castel Mella, in provincia di Brescia.
Tra coloro che sono finiti agli arresti domiciliari ci sono anche due politici locali: l’ex consigliere comunale di Brescia di Fratelli d’Italia Giovanni Francesco Acri e l’ex assessore all’Urbanistica di Castel Mella Mauro Galeazzi, ex esponente della Lega.
Acri avrebbe messo a disposizione della ‘Ndrangheta le proprie abilità di medico “in occasione di ferimenti degli appartenenti al sodalizio e dei loro complici durante l’esecuzione di reati”. Avrebbe cioè consentito “agli appartenenti all’organizzazione criminosa, di ricevere cure sanitarie immediatamente dopo l’esecuzione di reati e di ostacolare e comunque rendere più difficoltose le attività delle forze dell’ordine”.
Galeazzi si sarebbe invece rivolto a Stefano Terzo Tripodi nel 2011, in occasione delle elezioni amministrative di Castel Mella in cui era candidato sindaco: secondo la Procura bresciana, avrebbe chiesto al capo clan di “procurargli voti in cambio dell’ottenimento di appalti pubblici”.
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