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Alberto Genovese e le feste a Terrazza Sentimento: “Cocaina per tutti. La vittima 18enne era la sua bambola di pezza”

Immagine di copertina
Alberto Maria Genovese, il top manager 43enne (ex fondatore di Facile.ti, da cui è uscito nel 2014) accusato di violenza sessuale e sequestro di persona nei confronti di una 18enne, lesioni e spaccio.

Il top manager 43enne (ex fondatore di Facile.it, da cui è uscito nel 2014) accusato di violenza sessuale e sequestro di persona nei confronti di una 18enne, lesioni e spaccio. La vittima è stata "violentata, ammanettata, legata mani, piedi e collo, costretta a drogarsi ancora, nonostante implorasse “basta”. Alle feste di Genovese "lasciare il telefono all'ingresso è la regola". E la droga veniva "distribuita su piatti neri, gratuitamente, per tutti". Tutto l’orrore di un mondo dove sballo e sesso sembrano essere il centro di tutto, e dove le ragazze diventavano vittime

Alberto Genovese e i festini a Terrazza Sentimento: “Cocaina rosa in camera sua”. Il Gip: “Disprezzo per le donne, la 18enne era la sua bambola di pezza”

Festa a base di sesso e droga a casa di Alberto Maria Genovese, 43 anni, fondatore di Facile.it, noto sito di assicurazioni, startup da decine di milioni di euro da cui è uscito nel 2014. Un incubo soprattutto per una ragazzina di 18 anni, presunta vittima di uno stuproripetuto e cruento” nella notte del 10 ottobre, nell’appartamento dell’imprenditore in via Torino, a pochi passi dal Duomo, Milano. A ricostruire l’accaduto gli investigatori della squadra Mobile di Milano, coadiuvati dalla Scientifica, con il coordinamento della pm Rosaria Stagnaro e dell’Aggiunto, Maria Letizia Mannella: le accuse formulate sono di violenza sessuale, lesioni, spaccio e sequestro di persona. Nelle poche pagine del decreto di fermo, tutto l’orrore di un mondo dove sballo e sesso sembrano essere il centro di tutto, e dove le ragazze – tante quelle che passavano per i festini – da protagoniste, diventavano vittime.

Almeno in un altro caso – oltre a quello che ha dato avvio alle indagini – la dinamica era la stessa: imbottire le donne di un mix di cocaina e chetamine per “stordirle immediatamente” e quindi abusare di loro per ore, fino a che non tornavano coscienti. Così sarebbe accaduto anche alla ragazzina, dal cui racconto è iniziata la trama che ha guidato gli inquirenti.

Tutto comincia la notte del 10 ottobre: la 18enne si presenta alla festa con un’amica, che poi nella testimonianza alla polizia avrebbe raccontato: “Una volta arrivate al palazzo all’ingresso c’era un buttafuori che ha chiesto i nostri nomi ed ha controllato che fossimo nella lista degli invitati. Ci hanno accompagnato all’ultimo piano, dove abbiamo lasciato i nostri telefoni all’ingresso: lasciare il telefono è la regola in queste feste di Genovese”.

Dalle memorie offuscate dei partecipanti sembrerebbe infatti che accedere alla piscina con vista Duomo fosse qualcosa di esclusivo, dove nessuno poteva filmare o fare foto, e che una volta all’interno della casa ogni freno inibitore sarebbe crollato. Complice la droga: in quelle feste arrivava a fiumi “distribuita su piatti neri, gratuitamente, per tutti”. Protagonista non solo la cocaina, ma anche la 2cb, o ‘coca rosa’, una sostanza chimica molto più potente della polvere bianca e costosissima (un ‘punto da 0,15 arriva a costare 400 euro) prodotta in Sudamerica per ‘clienti selezionati’. A riportare la notizia è l’agenzia Agi che cita fonti qualificate.

“Genovese è solito fornire la cocaina che si usa alle sue feste e so per certo che spesso la taglia con la chetamina, questo lo so perché faccio uso sporadico di entrambe e ne riesco a distinguere gli effetti”, avrebbe raccontato ancora agli investigatori una giovane testimone. Secondo la ricostruzione, la notte del 10 ottobre la 18enne sta per andare via, quando viene trattenuta e chiusa in camera del padrone di casa. A sorvegliare fuori dalla porta un bodyguard (elemento che configura il sequestro di persona) che non consente alle amiche neanche di avere notizie. È dentro la stanza da letto che si susseguono le sevizie: ammanettata, legata mani, piedi e collo, costretta a drogarsi ancora, nonostante implorasse “basta”.

Totalmente incosciente e sottoposta a diverse pratiche, la ragazze riprende i sensi soltanto la sera dopo, svegliandosi con lividi e ferite in tutto il corpo. Ma Genovese la caccia in strada, semisvestita e con una sola scarpa: “L’altra me l’ha lanciata dalla finestra della camera insieme ad una banconota da 100 euro”, confessa agli investigatori. A soccorrerla sul posto una volante del commissariato di zona. E il 118 che la porta alla Mangiagalli, dove viene accertato lo stupro e scatta la denuncia, oltre ad un certificato di prognosi per 25 giorni.

Solo il 12 ottobre il racconto davanti alle forze dell’ordine. Partono le indagini: per prima cosa una perquisizione in quella Terrazza Sentimento (così faceva chiamare la casa da sogno con un hashtag anche sui social) ora sotto sequestro. In casa i poliziotti trovano un emporio della droga, anche in forma liquida, e la Scientifica individua tracce biologiche che confermano il racconto della vittima. Da provare la presenza della ‘droga dello stupro’, benzodiazepine che fanno perdere i sensi, anche se “girava voce – prosegue un altra testimone a verbale – che Genovese mettesse ‘roba nei bicchieri’”.

L’imprenditore avrebbe tentato di depistare. Perché se nessuno era autorizzato a riprende i festini, sa bene che tutta la casa è cosparsa di telecamere di videosorveglianza e soprattutto “la camera padronale”. Per questo avrebbe intimato ad un collaboratore di eliminare tutto, chiamandolo al telefono: “Pialla quelle registrazioni adesso, passa un distruttore dei file, una cosa permanente”, gli chiede, in modo che tutto sia “cancellato non recuperabile”. Ma l’operazione non va a buon fine e le immagini restano, a disposizione dell’ag.

Il 43enne, secondo gli investigatori, che contestano il pericolo di fuga, avrebbe avuto intenzione di allontanarsi: il 5 novembre, giorno prima dell’arresto, va all’Ufficio immigrazione della questura per farsi dare il passaporto. Poi al telefono con la madre confessa Alberto Genovese (ex fondatore di Facile.it, da cui è uscito nel 2014): “Domenica sarò ad Amsterdam e da lunedì in Sudamerica, tanto con il jet privato non ho problemi negli spostamenti”.

Ipotesi di fuga scoraggiata dagli agenti, che su di lui nel frattempo avevano raccolto altre testimonianze. Come quella di una donna che si è fatta avanti solo dopo aver appreso della prima denuncia: anche lei vittima dello stesso copione, quest’estate in una festa in un’isola spagnola: “Da quando sono entrata in camera e ho tirato una striscia di stupefacente di colore rosa che io pensavo fosse 2cb, non ricordo più nulla”. E illustra il fatto che l’entourage dell’imprenditore era a conoscenza “che lui spesso esagerava”. Una presa di coscienza che sembra aver toccato anche il protagonista, per il momento al carcere di San Vittore.

Nelle dichiarazioni spontanee davanti al gip Tommaso Perna, Alberto Genovese (ex fondatore di Facile.it, da cui è uscito nel 2014) ha ammesso: “Voglio disintossicarmi, perché da 4 anni sono tossicodipendente. Quando mi drogo perdo il controllo e non riconosco il confine tra legale e illegale. Curatemi”. Dispersi in quei fiumi di droga ci sono anni di successi, dalla Bocconi ad Harvard, dagli investimenti in aziende digital, come Prima assicurazioni, alla cosmetica con Abyby: una carriera fortunata che gli ha guadagnato il titolo di ‘business hero’ per le riviste specializzate. Genovese ha chiesto i domiciliari a casa della madre o della compagna.

Il gip di Milano, Tommaso Perna, ha convalidato il fermo di indiziato di delitto per Alberto Genovese (ex fondatore di Facile.it, da cui è uscito nel 2014). Per il giudice permangono tutte e tre le esigenze cautelari: inquinamento delle prove, pericolo di fuga e reiterazione del reato. Quindi ha disposto la custodia cautelare un carcere.

“Genovese ha agito prescindendo dal consenso della vittima, palesemente non cosciente per circa la metà delle 24 ore trascorse con lui, tanto da sembrare in alcuni frangenti un corpo privo di vita, spostato rimosso, posizionato, adagiato, rivoltato, abusato, come se fosse quello di una bambola di pezza”. Sono le parole del gip, Tommaso Perna, nel provvedimento in cui convalida il fermo per Alberto Genovese (ex fondatore di Facile.it, da cui è uscito nel 2014).

Nella sua “Terrazza sentimento” le feste a base di sesso e droga a fiumi si susseguivano con cadenza quasi settimanale, recando disturbo ai vicini. Secondo il gip, quando la vittima “ha ripreso un barlume di lucidità, iniziando ad opporsi e a manifestare esplicitamente il suo dissenso, fino ad implorare il suo aguzzino di fermarsi, non è stata ascoltata dal carnefice che, imperterrito, ha proseguito nella sua azione violenta, continuando a drogarla e a violentarla”.

Il giudice cita poi una sentenza della Corte di Cassazione in cui si spiega che per contestare l’aggravante della ‘narcotizzazione della vittima, è necessario che l’assunzione, da parte della vittima, di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti sia stata provocata o agevolata dall’autore’, come in questo caso. Con parole piene di sensibilità, inoltre viene ricordato che la diciottenne era a un certo punto “totalmente inerme” e non “mostrare alcuna resistenza, e soprattutto, alcuna compartecipazione” agli atti sessuali violenti a cui veniva costretta.

Spero di non aver fatto cose illegali e spero di non farle. La mia vita per l’80% è sana, sono una persona a posto che non farebbe mai nulla di male”. È così che ha cercato di giustificarsi davanti al gip, rendendo dichiarazioni spontanee, Alberto Maria Genovese.

Eppure Genovese, top manager, considerato un genio del business, non sembra avere contezza della gravità delle sue azioni: “Della serata trascorsa con la vittima noi eravamo la mia percezione era che eravamo innamorati e stavamo trascorrendo una serata bellissima. L’alterazione della realtà causata dalla quantità di droga che ho assunto io è paradossale”.

L’imputato non ha risposto alle domande, ma ha reso dichiarazioni spontanee, parlando soprattutto del suo problema con la droga: “È stata una spirale che mi ha messo sempre più in difficoltà. Ogni volta che mi drogo ho allucinazioni e faccio casino, faccio cose di cui non ho il controllo. Non ho la percezione del limite esatto tra legalità e illegalità quando sono drogato. È una cosa di cui non vado fiero”.

Dal canto suo l’uomo ha chiesto anche aiuto per la sua tossicodipendenza: “Vorrei uscire, non avrei immaginato di poter finire qui. Voglio smettere di drogarmi e vorrei farlo con dei professionisti. Voi avete scavato solo nella parte cattiva della mia vita ma per il resto sono una brava persona. Non voglio drogarmi, se non mi drogo non faccio nulla di male, non l’ho mai fatto. Quando mi drogo non mi controllo”.

La versione per cui Alberto Genovese, in preda alla droga non si rendesse conto di quello che stava facendo, fornita nel corso di dichiarazioni spontanee, non convince il gip Tommaso Perna. Lo si evince dal provvedimento con cui ha convalidato il fermo e disposto la misura cautelare in carcere. Nelle 27 pagine dell’ordinanza si legge infatti: “Nonostante Genovese abbia fatto uso di sostanza stupefacente, è rimasto sempre lucidissimo, disponendo del corpo della vittima come meglio credeva, somministrandole nuova sostanza stupefacente tutte le volte che comprendeva che si stava destando”.

Il gip conclude: “Appare pertanto inverosimile sostenere che egli non avesse percezione della realtà o che, nella sua immaginazione, avesse trascorso una serata bellissima con la sua amata”. A seguito del provvedimento Genovese resta in carcere a San Vittore.

È una personalitàaltamente pericolosa”, quella di Alberto Maria Genovese. La considerazione è del gip di Milano, Tommaso Perna, nel provvedimento in cui convalida la misura cautelare e dispone che rimanga in carcere. La misura in carcere è proporzionale alla gravità dei fatti, secondo il giudice, che evidenzia come l’indagato abbia mostrato un “assoluto disprezzo per il valore della vita umana, soprattutto di quella delle donne”.

Il 43enne sarebbe “del tutto incapace di controllare i propri impulsi violenti e la propria aggressività sessuale”, ed è quindi elevato “il pericolo che la propensione a delinquere possa trovare ulteriore sfogo in altri fatti illeciti dello stesso tipo o di maggiore gravità di quelli contestati”.

Queste le motivazioni per cui viene contestata la possibilità di reiterazione del reato, che fanno presumere che “se rimesso in libertà, o comunque in una situazione tale da dover volontariamente osservare le prescrizioni imposte, compirebbe certamente reati della stessa indole”.

Concreto anche il pericolo di fuga: “Il fermato aveva intenzione di recarsi in Sudafrica, così come da lui comunicato alla madre nel corso di una conversazione telefonica”, sottolinea il giudicante, che avverte: “Date le notevoli disponibilità economiche dell’indagato, che dispone di un jet privato è presumibile che, se venisse lasciato libero, si allontanerebbe senz’altro dall’Italia”.

C’è di più: “Viste le disponibilità economiche pressoché illimitate, sarebbe per lui facile tentare di esercitare la sua pressione sulle persone che devono essere ascoltate” in un ipotetico prosieguo delle indagini o come testimoni in un processo, “al fine di indurle a ritrattare le dichiarazioni rese”.

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