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Home » News

Tutti i modi in cui le coppie dello stesso sesso possono avere un figlio

Immagine di copertina
I modi in cui una coppia omosessuale può avere figli

Inseminazione artificiale, maternità surrogata, stepchild adoption sono solo alcuni dei modi con cui una coppia omosessuale può condividere la genitorialità

Nella maggior parte dei paesi europei, e in alcuni paesi del mondo, i diritti delle coppie omosessuali, attraverso il matrimonio o altri tipi di unioni civili, sono sempre più riconosciuti e tutelati.

L’Italia ha approvato una legge sulle unioni civili nel maggio del 2016. Quello che sembra lontano da un pieno riconoscimento è la possibilità di vedere riconosciuto il legame di genitorialità con i figli che nascono attraverso l’ausilio di tecniche di procreazione medicalmente assistita, o nei confronti dei figli del partner.

Vi è ancora una grande confusione su come le coppie omosessuali, fermi restando gli impedimenti di carattere fisiologico, possono instaurare un legame di genitorialità. Di seguito TPI spiega quali sono le modalità, come funzionano, chi vi si può rivolgere e qual è il quadro giuridico italiano.

Coppie lesbiche

Procreazione medicalmente assistita (Pma) – Per Procreazione medicalmente assistita (Pma) si intende l’insieme di tutti quei trattamenti nei quali i gameti, sia femminili (ovociti) che maschili (spermatozoi), sono trattati al fine di determinare il processo riproduttivo. I paesi nei quali le lesbiche (single o in coppia) possono accedere alla Pma sono Belgio, Danimarca, Finlandia, Regno Unito, Grecia, Paesi Bassi, Spagna e Svezia.

In Italia la procreazione assistita è disciplinata dalla legge 40/2004, ma è espressamente vietata per coppie dello stesso sesso. “Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1*, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”. Così recita l’articolo 5 della legge 40/2004 sulle Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.

Ecco quali sono le tecniche di Pma a cui due donne, solo in determinati paesi stranieri, possono sottoporsi per avere un figlio:

• Inseminazione eterologa: Si tratta della tecnica di Inseminazione artificiale con un donatore (Iad). Consiste nell’introduzione all’interno della cavità uterina della donna di un campione di seme con spermatozoi selezionati in laboratorio. Quando gli spermatozoi provengono dal partner si parla di inseminazione omologa. Se gli spermatozoi provengono da una banca di seme si parla invece d’inseminazione eterologa. È il primo trattamento che viene consigliato alle donne che non hanno un partner maschile.

 Fecondazione in vitro con sperma di donatore (Fiv-et): È una tecnica di procreazione assistita tra le più comuni. Si tratta di una fecondazione in vitro dell’ovulo con successivo trasferimento dell’embrione così formato nell’utero della donna. La Fiv-et è una tecnica di Pma che comporta la fecondazione degli ovuli con gli spermatozoi in vitro, cioè fuori dal corpo della donna. Dopo la fecondazione, gli embrioni sono trasferiti nell’utero della donna. In genere, dopo due o tre giorni, gli embrioni selezionati sono inseriti in una cannula sottile che sarà a sua volta inserita nell’utero della donna.

 Embriodonazione: Si tratta della fecondazione in vitro con sperma di donatore e con ovuli di donatrice. È una tecnica che consiste nella fecondazione in vitro degli ovuli con sperma, entrambi provenienti da donatori anonimi.

• Ovodonazione: È una tecnica di fecondazione assistita di tipo eterologo, che prevede la donazione di ovociti da una donna a un’altra. L’ovodonazione si usa nel caso di ripetuti insuccessi di fecondazione artificiale condotta con gli ovociti della stessa paziente.

• Ropa: È la tecnica della Ricezione di ovociti della partner, l’ovodonazione con doppia maternità. Una delle due donne della coppia fa fecondare in vitro i propri ovuli, che poi sono impiantati nell’utero della compagna la quale porta avanti la gravidanza, con il patrimonio genetico della propria partner. Questa tecnica è disponibile solo per coppie di donne sposate ed è attualmente prevista in Spagna e in Belgio.

Consiste sostanzialmente nel realizzare una fecondazione in vitro con la partecipazione delle due donne della coppia e il seme di un donatore anonimo. Una delle due donne della coppia metterà a disposizione l’ovocita, il quale sarà fecondato con il seme di un donatore. L’embrione così fecondato sarà poi trasferito nell’utero della compagna, che porterà avanti la gravidanza fino al parto.

Coppie gay

Maternità surrogata – La surrogazione di maternità o gestazione per altri o gestazione d’appoggio, talvolta erroneamente denominata “utero in affitto”, riguarda una donna (madre portante) che si assume l’obbligo di provvedere alla gestazione e al parto per conto di una singola persona o una coppia (eterosessuale o omosessuale), e che una volta partorito, rinuncia ai diritti genitoriali sul nascituro. In Italia la surrogazione di maternità è vietata dalla legge.

La madre surrogata è colei che porta avanti una gravidanza per conto di una persona o una coppia che non è in grado di farlo autonomamente per problemi di fertilità o per conto di una coppia di omosessuali. La donna può essere inseminata artificialmente o con lo sperma di un membro della coppia o lo sperma di un donatore (maternità surrogata tradizionale), o può farsi impiantare un embrione di un’altra donna (maternità surrogata gestazionale).

La tecnica tradizionale prevede che l’ovulo della madre surrogata sia fecondato tramite inseminazione artificiale con lo spermatozoo del padre committente o di un donatore terzo. In questo modo la donna che intraprende la gravidanza sarà anche madre biologica del nascituro.

La surrogazione gestazionale non comporta alcun legame biologico tra la donna che intraprende la gravidanza e i committenti. Prevede il solo trasferimento nell’utero della gestante di un embrione prodotto attraverso la fecondazione di gameti appartenenti ai committenti, se non sterili, o a donatori terzi.

L’ art. 12 della legge n. 40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) pone il divieto assoluto del ricorso alla surrogazione di maternità, nonché alla sua organizzazione o pubblicizzazione. In caso di violazione del divieto, è prevista una reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600mila a un milione di euro.

La pratica della maternità surrogata è espressamente consentita in Grecia, Regno Unito, Cipro, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Estonia e Lituania.

Secondo quanto riportato in uno studio del parlamento europeo presentato nel 2013, il quadro europeo può essere suddiviso sostanzialmente in tre raggruppamenti:

• I paesi che vietano espressamente il ricorso alla surrogazione di maternità: Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Malta e Bulgaria.

• Gli stati che consentono l’accesso alla surrogazione e ne disciplinano le condizioni, come la Grecia in cui è richiesta la stipulazione di un contratto prima che la madre surrogata resti incinta o il Regno Unito, in cui le condizioni pattuite nell’accordo di gestazione di appoggio, Gda, si verificano solo dopo il parto.

• I paesi in cui non è prevista alcuna regolamentazione, a eccezione del divieto di stipulare accordi di surrogazione ai fini di lucro o alla previsione di un pagamento che vada oltre il mero rimborso delle spese rese necessarie dalla gravidanza. Tra questi, Belgio, Danimarca, Irlanda, Lettonia, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.

In Svezia non esiste una disciplina specifica per la surrogazione di maternità, ma vige il divieto per le cliniche mediche di concludere accordi finalizzati a tale pratica. In Austria è proibita la donazione di ovuli e di conseguenza non è possibile accedere alla maternità surrogata gestazionale mentre nessuna disciplina specifica è prevista per la Gda tradizionale.

Per quanto riguarda la questione economica, il Regno Unito ammette la pratica “altruistica”, cioè a titolo gratuito, con la previsione di un rimborso “ragionevole” delle spese affrontate dalla gestante durante la gravidanza. Cipro, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Estonia e Lituania invece, consentono espressamente la maternità surrogata, sia altruistica che a pagamento.

Una volta avvenuto il parto, l’affidamento del figlio ai genitori avviene immediatamente o al massimo entro un giorno dalla sua nascita. In alcuni casi, come quello della Danimarca, per il trasferimento della genitorialità legale è necessario avviare le procedure di adozione.

Il 23 febbraio 2017, la Corte d’appello di Trento ha emesso una storica sentenza in cui ha riconosciuto la genitorialità di due gemelli a entrambi i genitori della coppia e non solo a quello che ha legame biologico. La Corte ha convalidato il certificato di nascita registrato in un altro Stato dove era attestata la doppia paternità. La sentenza è storica perché ha sancito il principio che il paradigma genetico/biologico non è l’unico che può influire sullo stato giuridico di figlio e di padre.

Coppie gay e lesbiche

Adozione – Le coppie dello stesso sesso possono accedere all’adozione di minori in 25 paesi: Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria, Islanda, Israele, Stati Uniti d’America, Canada, Argentina, Brasile, Uruguay, Sudafrica, Finlandia, Andorra, Colombia, Irlanda, Malta, Portogallo e Nuova Zelanda. La maggior parte di questi sono i paesi in cui il matrimonio omosessuale è equiparato a quello eterosessuale, a tutti gli effetti.

Stepchild adoption – Si tratta della possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo, del partner. Paesi in cui la pratica è permessa anche per le coppie dello stesso sesso sono Germania, Svizzera, Estonia e Slovenia.

In Italia la stepchild adoption, per coppie eterosessuali, è disciplinata sin dal 1983 con la legge 4 maggio 1983, n. 184 “Diritto del minore ad una famiglia” e permette l’adozione del figlio del coniuge.

La stepchild adoption per coppie omosessuali è stata riconosciuta per via giurisprudenziale già dal 2014.

Dalla legge sulle unioni civili approvata nel maggio 2016, era stata eliminata la possibilità per uno dei due partner di adottare il figlio dell’altro, tuttavia all’articolo 3 si specifica che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni dalle norme vigenti” per cui spetta alla magistratura pronunciarsi caso per caso sul tema delle adozioni per le coppie gay.

Nel 2014 il Tribunale dei Minori di Roma, partendo dal presupposto che nessuna legge esprime esplicitamente il divieto per un genitore omosessuale di richiedere l’adozione del figlio del partner, stabilì che “considerando che l’obiettivo primario è il bene superiore del minore, è stato permesso a una donna di adottare la figlia naturale della compagna”.

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