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Cosa c’è da sapere sul ponte sullo stretto di Messina

Immagine di copertina

La storia, il progetto e le critiche riguardo una delle infrastrutture più discusse d'Italia

Il 27 settembre 2016 il primo ministro Matteo Renzi ha dichiarato, intervenendo all’assemblea per celebrare i 110 anni dell’impresa edile Salini-Impregilo, che terminata la fase di approvazione delle riforme ci si potrà meglio concentrare nel concludere le grandi opere, tra cui “il grande progetto di quella che Delrio chiama la Napoli-Palermo, per non dire ponte sullo stretto di Messina”.

S&D

Un’affermazione che ha riportato in auge il progetto che da tempo sembrava accantonato e che ha nuovamente aperto il dibattito pluridecennale tra i favorevoli e i contrari all’infrastruttura.

Solo un anno prima, il 29 settembre del 2015, la Camera dei deputati aveva approvato una mozione del Nuovo Centrodestra che prende in considerazione la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina a uso esclusivamente ferroviario.

In quell’occasione il governo aveva reso noto, attraverso il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, che al momento non vi erano dossier aperti sull’opera.

Lo stretto di Messina si trova nel mar Mediterraneo, dove collega lo Ionio al Tirreno e separa la Sicilia dalla penisola italiana attraverso una larghezza di poco più di tre chilometri.

La storia del progetto

La possibilità di unire la Sicilia alla penisola italiana è un tema che, per la sua importanza strategica, viene approfondito da secoli. Secondo quanto riporta Plinio il vecchio, ad esempio, i Romani realizzarono un ponte di barche per attraversare lo stretto di Messina dopo aver sconfitto i Cartaginesi a Palermo.

Nel corso dei secoli, tuttavia, l’elevato livello sismico della zona, il fondale marino irregolare e le forti correnti marine dell’area hanno sempre fatto desistere da ogni tentativo di costruire il ponte.

Solo nel Diciannovesimo secolo il re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone ebbe il via libera per la costruzione da una squadra di ingegneri e architetti che aveva nominato per l’occasione, ma in seguito agli alti costi di realizzazione decise di abbandonare l’idea.

Con l’unità d’Italia, i primi governi del nuovo stato iniziarono a studiare la possibilità di un collegamento tra Calabria e Sicilia non per forza sotto forma di ponte, ma anche sotto forma di tunnel.

“Sopra i flutti o sotto i flutti, la Sicilia sia unita al continente” disse, nel 1876, il futuro primo ministro italiano Giuseppe Zanardelli riguardo la possibilità di realizzare l’infrastruttura. Gli studi proseguirono, a fasi alterne, fino agli anni Trenta, ma né il ponte né il tunnel furono fatti, per via delle difficoltà del sito.

Nel 1952 l’idea fu rilanciata grazie al progetto di ponte sospeso in tre campate dell’ingegnere David Steinman che prevedeva un piano per il passaggio delle automobili e un livello inferiore per quello dei treni.

Un video della presentazione del progetto del 1952-1953

Su questo progetto si basarono i successivi studi che portarono, nel 1969, a un grande concorso di idee per la costruzione del ponte indetto dal ministero dei Lavori pubblici.

Negli anni Ottanta arrivarono i primi passi concreti verso la possibilità di una realizzazione dell’opera. Nel 1981, infatti, l’Iri, l’Italstat, le Ferrovie dello Stato, l’Anas, la regione Sicilia e la regione Calabria costituirono la società concessionaria Stretto di Messina Spa, che da quel momento avrebbe gestito progetto, realizzazione e futuro esercizio del ponte.

Nel 1984 il ministro per gli Affari del mezzogiorno Claudio Signorile annunciò che il ponte sarebbe stato realizzato entro il 1994, e l’anno successivo il presidente del Consiglio Bettino Craxi confermò gli intenti del ministro.

Nel 1986 fu scelto di costruire un ponte che avrebbe attraversato lo stretto tra Messina e Villa San GIovanni attraverso un progetto a campata unica di oltre tre chilometri, un record per un ponte di questo tipo, ritenuto utile per permettere il passaggio a ogni tipo di nave, realizzabile dal punto di vista tecnico e anche economico.

Dopo anni in cui si continuò a studiare la realizzazione del progetto senza tuttavia fare concreti passi avanti, nel 2001 il governo guidato da Silvio Berlusconi dette un forte impulso nel tentativo di costruire l’opera.

Nel 2003 il progetto venne modificato leggermente e nel 2005 si arrivò per la prima volta alla gara d’appalto per realizzare il ponte, vinta da una cordata guidata dall’azienda Impregilo con un’offerta da 3,88 miliardi di euro. Tuttavia, lo stesso anno, la Commissione parlamentare antimafia rese noto al Parlamento che la mafia era intenzionata a mettere le proprie mani sulla realizzazione del ponte.

Dopo una serie di rallentamenti, tra il 2009 e il 2011 è stata realizzata la deviazione della ferrovia tirrenica presso Villa San Giovanni, la prima delle opere propedeutiche alla costruzione, ma nel 2011, con il peggioramento della crisi economica in Italia e l’entrata in carica del governo guidato da Mario Monti, il progetto venne nuovamente accantonato.

Il progetto

Il progetto del ponte che è stato approvato nel 2003 collegherebbe Cannitello, frazione del comune di Villa San Giovanni, a Ganzirri, frazione di Messina, e prevede una struttura di 3,6 chilometri di lunghezza.

Si tratterebbe di un ponte sospeso, con un unica campata centrale di 3,3 chilometri che rappresenterebbe un record per un ponte di questo tipo, retto su due piloni alti 382 metri attraverso quattro cavi d’acciaio.

Le critiche al progetto

Il progetto del ponte sullo stretto di Messina è stato oggetto di numerose critiche di tipo diverso, che hanno contribuito in più occasioni a congelare la realizzazione effettiva dell’opera.

L’area dello stretto di Messina è fortemente sismica, e le città di Messina e Reggio Calabria sono state pesantemente danneggiate dal terremoto del 1783 e da quello del 1908: in molti, a partire dal geologo Mario Tozzi, pensano che costruire un ponte che oltre tutto sarebbe il ponte a campata unica più lungo al mondo in questa zona potrebbe essere molto rischioso.

L’attuale ponte più lungo al mondo, il ponte di Akashi Kayiko, in Giappone, si trova anch’esso in un’area sismica e fu colpito nel 1995 dal terremoto di Kobe, con il risultato che i due piloni subirono uno spostamento di circa un metro.

C’è poi il timore, manifestato negli anni da diversi esponenti politici e dalla commissione antimafia, di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata nella realizzazione dell’opera, che vanno ad aggiungersi ai problemi di tipo economico, dal momento che l’opera avrebbe un costo potenziale estremamente elevato.

Il ponte, inoltre, verrebbe a trovarsi in mezzo a un contesto di infrastrutture ferroviarie e autostradali assolutamente arretrate e insufficienti, come l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, che se non venissero modernizzate prima della costruzione del ponte lo potrebbero rendere una sorta di cattedrale nel deserto, circondata da linee di trasporti del tutto insufficienti.

Ci sono poi le critiche tecniche al progetto, che come detto costituirebbe un record sotto diversi punti di vista e sarebbe, dunque, una struttura estrema. Un ponte di quella lunghezza a campata unica, che si regge su due soli pilastri, è infatti più sensibile a possibili danni, tanto più in una zona sismica e soggetta a venti molto forti, è considerato molto rischioso.

Tuttavia, costruire pilastri poggiati sul fondale marino è anch’essa una procedura molto complessa in un’area soggetta a correnti marine particolarmente forti. Anche per questa ragione i progettisti hanno preferito una struttura a campata unica.

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