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Tour de France 2022: non c’è più marcio in Danimarca

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Il danese Jonas Vingegaard (Jumbo Visma) ha vinto il 109° Tour de France, partito tre settimane fa proprio da Copenhagen e conclusosi oggi con la tradizionale passerella di chiusura parigina sui Campi Elisi. Nato il 10 dicembre 1996, nell’anno dell’unico altro trionfo danese alla Grande Boucle con Bjarne Riis, ad Hillerslev, una cittadina di poco più di trentamila abitanti nel nordovest dello Jutland, Vingegaard ha trionfato alla sua seconda presenza in terra di Francia, dopo la piazza d’onore dell’anno scorso, all’esordio, alle spalle di Tadej Pogacar (Team UAE Emirates). Lo sloveno, per parte sua, dopo due successi consecutivi, ha fallito il tris nella corsa più prestigiosa del mondo. Staccato di 2’43” dal vincitore, il campione di Komenda ha chiuso con un secondo posto da cui, si spera, sappia trarre lezione per evitare in futuro gli errori commessi quest’anno. Terzo, ma senza essere mai stato in lotta per il successo finale, si è piazzato a 7’22” il gallese Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) che, dopo tre stagioni buie, è tornato ai fasti del biennio 2018/19 in cui seppe prima imporsi, cedendo poi di misura dal compagno di squadra Egan Bernal l’anno successivo.

S&D

L’atto conclusivo di questo Tour de France ha visto Jasper Philipsen (Alpecin Deceuninck) trionfare sui Campi Elisi bissando il successo ottenuto esattamente una settimana fa a Carcassone. Il fiammingo ha preceduto l’olandese Dylan Groenewegen (BikeExchange Jayco) con il redivivo norvegese Alexander Kristoff (Intermarchè Wanty Gobert) che ha conquistato la terza piazza. Miglior italiano oggi, come nelle altre volate, è stato il giovane vicentino Luca Mozzato (B&B Hotels KTM), giunto undecimo. La maglia gialla, insieme alla maglia verde ed ai tre compagni rimasti della Jumbo Visma, Tische Benoot, Sepp Kuss e Christophe Laporte, ha fatto passerella giungendo staccata di 51”.

E’ stato un Tour de France bellissimo, corso ad andatura folle dall’inizio alla fine. Purtroppo, di questo grande spettacolo non sono stati partecipi i corridori italiani, il cui ruolo marginale ha rasentato l’imbarazzante. Detto del promettente esordio di Mozzato, Damiano Caruso (Bahrain Victorious), l’unico competitivo nelle grandi corse a tappe, dopo aver rinunciato a prendere parte ad un Giro d’Italia che avrebbe potuto vincere, è andato a caccia, senza successo, di traguardi fumosi fino a quando, dopo 17 giornate intensamente grigie, il Covid ha posto fine alla sua agonia. Considerando che ad ottobre il ragusano compirà 35 anni, resterà per lui l’eterno rammarico di aver buttato via, non prendendo parte alla corsa rosa, l’occasione d’una vita. Filippo Ganna (Ineos Grenadiers) ha fallito la conquista della maglia gialla inaugurale, non riuscendo neanche a centrare il podio neppure nella cronometro conclusiva. In mezzo a queste due prove non esaltanti, il verbanese ha deciso di rinunciare al suo tentativo di battere il record dell’ora, originariamente fissato per il prossimo 23 agosto. Per fortuna dell’Italia esistono gli alberti. Alberto Bettiol (EF Education Post) ha lottato e dato battaglia ogni volta che ha potuto, sconfitto a Mende solo da un superlativo Michael Matthews (BikeExchange Jayco). Il giovane padovano Alberto Dainese (Team DSM), che già aveva avuto il merito di regalare all’Italia la prima vittoria al Giro nella frazione di Reggio Emilia, ha chiuso al terzo posto la diciannovesima tappa sul traguardo di Cahors. Resta, infine, il rammarico per Giulio Ciccone (Trek Segafredo), crollato sulla penultima salita pirenaica quando sembrava potesse conquistare, dopo una lunga rincorsa, la maglia a pois della classifica degli scalatori.

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