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Parigi-Roubaix 2023: sarà Filippo Ganna la sorpresa dentro l’uovo di Pasqua?

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Si disputa domani, per il secondo anno consecutivo il giorno di Pasqua, la Parigi-Roubaix, giunta alla sua 121ma edizione. La corsa si snoderà su 256,6 chilometri, partendo da Compiegne per raggiungere l’iconico velodromo della Manchester francese in prossimità del confine con il Belgio. Lungo il percorso, i corridori incontreranno 55.500 metri di pavé, suddiviso in 29 settori numerati in ordine decrescente. La pavimentazione stradale formata da cubetti di pietra sarà assente nella fase iniziale, essenzialmente 96 chilometri di trasferimento, per poi diventare, in modo sempre crescente, la costante dominante della corsa.

S&D

Tradizionalmente il punto che segna l’inizio delle ostilità tra i pretendenti al successo finale è il passaggio nella foresta di Arenberg (settore 19) ai meno 95 dal traguardo. E’ questo uno dei tre tratti in pavè che, simile alla classificazione degli alberghi, viene segnato a cinque stelle. Il secondo di questi passaggi cruciali è il settore numero 11, Mons-en-Pevele, posto a 48 chilometri dall’arrivo. Solitamente, però, il destino della corsa viene deciso dai 2.100 metri del settore 4: le Carrefour de l’Arbre. Situato dai meno 17 ai meno 15 dal velodromo, questo durissimo frangente ha costituito negli anni il trampolino di lancio di molti gloriosi arrivi solitari.

La speranza è che la gara possa essere non meno avvincente di quella odierna femminile decisa da una fuga da lontano, partita dopo solo 15 dei 145 chilometri previsti. L’attacco, forse sottovalutato dalle favorite è arrivata in porto per merito esclusivo della canadese Alison Jackson (EF Education TIBCO SVB) che, nel finale, ha tirato quanto le altre sei compagne di squadra messe insieme. La nord americana non solo ha tenuto in vita la fuga ma ha anche mostrato lucidità sufficiente per rifiatare nel tratto precedente all’ingresso nel velodromo e poi imporsi allo sprint davanti alla nostra Katia Ragusa (Liv Racing Teq Find) e alla belga Marthe Truyen (Fenix Deceuninck).

Tornando ai maschietti, assente lo sloveno Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), vincitore domenica scorsa del Giro delle Fiandre, il pronostico vede in prima fila gli eterni duellanti l’olandese Mathieu Van der Poel (Alpecin Deceuninck) e il fiammingo Wout Van Aert (Jumbo Visma). Il danese Mads Pedersen (Trek Segafredo) e il vincitore dello scorso anno, l’altro tulipano Dylan van Baarle (Jumbo Visma), costituiscono le alternative più credibili. Senza un uomo di punta designato ma con una rosa d’altissima qualità si presenta la Soudal Quick Step di Patrick Lefevere. L’Italia, in linea con il clima pasquale, schiera al via 12 apostoli, puntando le proprie speranze su Filippo Ganna (Ineos Grenadiers), già vincitore della Roubaix nel 2016 nella categoria Espoirs, e, in subordine, sul duo della provincia autonoma formato da Matteo Trentin (UAE Team Emirates) e Gianni Moscon (Astana Qazaqstan Team). Quest’ultimo, in particolare, ha un conto aperto con l’Inferno del Nord, sfuggitogli dalle mani a mo’ di saponetta scivolosa nell’edizione autunnale del 2021 poi vinta da Sonny Colbrelli.

Quello del ragazzo di Desenzano del Garda è l’ultimo dei 14 successi azzurri tra cui spicca la tripletta di Francesco Moser (1978 -80). Ci furono anche due doppiette: quella agli albori della corsa, 1896-97, di Maurice Garin, lo spazzacamino aostano poi divenuto francese, e, quasi un secolo dopo, dell’indimenticato Franco Ballerini, solitario al velodromo nel 1995 e 1998. Furono singole, ma consecutive, le tre vittorie conseguite dal 1949 al 1951 da tre corridori diversi, nell’ordine i fratelli Coppi seguiti dal veneziano Antonio Bevilacqua. Infine, non vanno dimenticati gli assoli del parmense Jules Rossi, che a dispetto del nome non volle mai rinunciare alla cittadinanza italiana, nel 1937, di Felice Gimondi nel 1966, a consacrazione del Tour de France vinto l’anno prima, e di Andrea Tafi, in maglia tricolore, nel 1999, ultimo squillo prima del successo del bresciano, canto del cigno d’una carriera tristemente interrotta ma anche punto di partenza d’una vita miracolosamente salvata.

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