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Home » Spettacoli

Carlo Verdone e l’appello pro-Palestina: “Mi hanno messo in mezzo, sull’esclusione degli attori non ci sto”

Immagine di copertina
Credit: AGF

"Gli attori non possono diventare il tribunale dell’Inquisizione"

Tra i 1.500 attori e registi italiani che hanno chiesto di ritirare l’invito a Gerald Butler e Gal Gadot alla Mostra del Cinema di Venezia figura anche Carlo Verdone, il quale, però, ora smentisce di aver mai chiesto l’esclusione dei due attori. “Diciamo la verità, mi hanno messo in mezzo” racconta al Corriere della Sera. Il regista e attore, quindi, spiega come è andata: “Mi ha chiamato Silvia Scola, la figlia di Ettore Scola, chiedendomi se volevo firmare un appello contro quello che sta accadendo a Gaza, che va condannato in tutti i modi, nell’ambito della Mostra, manifestando a una platea ampia la sensibilità del cinema, che non è chiuso nell’indifferenza. E ho firmato. In un secondo momento i promotori pro Palestina hanno aggiunto i nomi di quei due attori”.

“Gli attori non possono diventare il tribunale dell’Inquisizione – aggiunge Verdone – Un festival è un tavolo di confronto, di tolleranza e di libertà. Questo invece significa censurare. Poi certo non si possono chiudere gli occhi su ciò che sta accadendo a Gaza. So che anche Toni Servillo, anche lui tra i firmatari, si è ravveduto, e sul Corriere è perplesso, coi sui toni pacati e riflessivi, anche Roberto Andò, che non aveva firmato. Non si tratta di fare un passo indietro per paura, ma di ristabilire la verità. Io sull’esclusione non ci sto. Meglio un confronto tra di noi”. L’interprete ammette: “Forse da parte mia c’è stato un attimo di superficialità, sai come vanno queste cose, ti dicono ha già firmato questo e quello, ma, ripeto, Gadot e Butler non c’erano sotto quello che ho sottoscritto. Quei due non sono gente che tira le bombe, sono attori come me. Gadot è israeliana, ha prestato il servizio militare, lo fanno tutti lì”.

Carlo Verdone, quindi, ricorda: “Io dieci anni fa ho partecipato con Sami Modiano, il superstite dell’Olocausto, all’incontro con 1.200 studenti in vista del loro viaggio ad Auschwitz. Mi avevano invitato perché avevano letto di una mia precedente visita al lager nazista”. E sull’antisemitismo è perentorio: “Ma scherziamo? Il 60 percento degli amici che frequentavano il salotto di mio padre Mario, storico del cinema, erano ebrei, Leonard Bernstein, il violinista Yehudi Menhuin. Il suo più caro amico era Piero Sadun, il pittore astrattista che durante il fascismo dovette cambiare il cognome in Duna”. Verdone, quindi, conclude: “La cultura non dev’essere un’arma, escludere non è cultura. Ha ragione Buttafuoco, non si può caricare sulle spalle di due attori la disumanità di una guerra infinita, che va fermata”.

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