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La Rai lancia “Canzone Segreta”, ma il format per ora ha troppi difetti

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Preceduto da un battage promozionale che neanche per l’uscita dell’iPhone 12, ha debuttato ieri sera su Rai1 “Canzone segreta”, il format francese “La chanson secrète” di TF1 riadattato per l’Italia e affidato alla conduzione di Serena Rossi. L’accoglienza da parte del pubblico è stata accettabile ma non trionfale, se si considerano premesse e aspettative: 4.168.000 spettatori con il 19,3% di share. Non molti, se teniamo conto che il competitor, Canale 5, mandava in onda una replica di “Ciao Darwin” e che la conduttrice (uno tra i più grandi talenti, soprattutto canori ma comunque multiformi, espressi dallo spettacolo italiano negli ultimi anni) veniva dai fasti della fiction “Mina Settembre”.

E che persino dal palco di Sanremo aveva lanciato il varietà. L’idea di “Canzone segreta” è quella di mettere ogni settimana una manciata di personaggi popolari del nostro showbiz a sedere uno per volta su una sedia bianca davanti a un proscenio, ed emozionarli con le esibizioni a sorpresa di colleghi e amici venuti a omaggiarli per un quarto d’ora. Intrattenimento semplice, pulito, onesto. Il debito maggiore del programma mi pare sia nei confronti della monografica “Serata d’onore”, classico della tv baudiana, che ogni settimana metteva su un trono (appunto) al centro dello studio un big dello spettacolo italiano e lo sottoponeva per tre ore a un fuoco di fila di narcisistiche carezze da parte di colleghi, cantanti, amici, vecchi compagni di scuola, e chi più ne ha più ne metta. Tutto avveniva completamente all’insaputa sia dello spettatore, che dell’ospite.

Qui in sostanza, pur con una grammatica lievemente diversa, il copione è lo stesso. Del resto i tempi sono cambiati (compresi quelli televisivi), fiducia per tre ore a scatola chiusa i telespettatori non te la danno più, e una monografica non sarebbe più possibile. Da qui il catalogo di personaggi da sfogliare tra un veloce volta pagina e l’altro. I difetti del programma sono tanti.

Vediamoli punto per punto: 1) Lo show rientrerebbe nella categoria emotainment, ovvero intrattenimento ed emozione. Ma siamo così sicuri che nello spettatore si crei quell’alchimia di immedesimazione/commozione che (in teoria) dovrebbe provare l’ospite chiamato a farsi coprire di affettuosità? E se non la prova l’ospite (come spesso si è chiaramente notato), perché dovrebbe provarla lo spettatore? Nonostante la voglia d’entusiasmo a ogni costo, nell’aria – e nei fatti – si respirava un po’ di freddezza.

2) Il divismo, tranne rare eccezioni, non esiste più. Ai tempi di Baudo su qual palco finivano i giganti veri dello spettacolo italiano (musica compresa) che per una volta stavano al gioco, concedendosi in genere pochissimo. Qui, al debutto, con tutto il rispetto, c’erano volti talmente abusati della tv e della rete, da risultare stucchevoli. Da Carlo Conti (un bravo ragazzo, ma l’ultima volta che ha avuto un sussulto emozionale è stato quando gli hanno clonato la carta di credito) a Veronica Pivetti. Omaggiata da Conticini, col quale ha appena condotto un programma su Rai1. Sai che sorpresa. E capirai che curiosità per chi guarda. Si commuove Tardelli, che ultimamente era in tv persino dalla compagna Myrta Merlino (presente anche ieri sera) a La7, e una lacrima la versa Cesare Bocci.

Ma ci vuole ben altro per intrigare lo spettatore. Non a caso l’ospite che ha funzionato di più è stata la più difficile da reclutare e comunque la presenza più insolita per un varietà: Franca Leosini. Omaggiata da Riccardo Cocciante di una versione di «Que reste-t-il de nos amours». Un classico del Silvio Berlusconi pianista sulle navi da crociera. Chissà se ai tempi poggiata al pianoforte c’era anche Franca? Non si può che fantasticare.

3) Nel mix televisivo (la “formatizzazione” del programma, che gli toglie inevitabilmente spontaneità e possibili svisate: l’unica piacevole è stata con Virginia Raffaele, Cristina D’Avena e la Rossi in «Occhi di gatto») lo spettatore, grazie alle abituali clip di montaggio figlie dei reality, sa già quale numero andrà a vedere poco dopo. Il gioco emozionale di fatto a questo punto sarebbe soltanto vedere/stupirsi/gustare la reazione dell’ignaro ospite. Visto che il mantra di Serena è ripetere a ogni piè sospinto che sono «Tutti chiusi in camerino ignari di ciò che li aspetta». Tutto fa Braodway, ma è troppo poco.

4) Se maneggi personaggi famosi, certi registri emozionali più spinti (e più premianti per l’Auditel), non te li puoi giocare. Non è «C’è posta per te», dove a esporsi è la sciura Maria. Lì hai gente di spettacolo che puoi sfruculiare ma sino a un certo punto.

5) Il promo di lancio, volutamente glam e trasmesso all’inverosimile (la conduttrice che volteggiava misteriosa e silenziosa tra le austere stanze di una vecchia casa elegante), era sbagliato: invece dell’ermetismo chic, meglio qualcosa di più semplice e didascalico che raccontasse concretamente il programma. A giocare con tutti quei misteri, finisce che poi ti scotti. Tralascio altri piccoli dettagli che non fanno la differenza.

Stupisce che la produttrice del programma, Ilaria Dallatana per Bue Yazmine, donna di grande espienza della tv (è stata una colonna della Mediaset di Giorgio Gori), non si sia accorta che molte cose non andavano. Sono auspicabili correzioni in corsa, soprattutto nel cast e negli spunti autorali. Ad ogni modo un fatto è certo: «Canzone segreta» è un programma elegante. Molto meno pop di tante recenti produzioni di Rai1. Un lusso per certi versi, anche sul piano del budget. Quei lussi che nella tv di oggi fatichi a concederti.

Leggi anche: Canzone segreta: tutto quello che c’è da sapere sul programma di Rai 1

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