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Home » Politica

Alessandra Maiorino (M5S) a TPI: “Quest’Europa è irriconoscibile: dimentica i diritti e spreca 800 miliardi in armi”

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Credit: Nicola Marfisi / AGF

“Il femminicidio è il frutto finale e più velenoso di una struttura della società. Vogliamo un’equiparazione sostanziale tra uomo e donna. E tutelare tutte le famiglie, non solo quelle sposate eterosessuali. Puntando su istruzione, welfare e integrazione invece che sulle armi”. La senatrice pentastellata racconta a TPI gli obiettivi della seconda edizione dell’evento UNITE, tra impegno per la parità di genere, riforma del diritto di famiglia e sfide sui diritti civili

Senatrice Alessandra Maiorino, oggi l’evento UNITE”, promosso dal comitato Politiche di Genere e Diritti Civili del M5S, arriva alla sua seconda edizione: quali sono gli obiettivi?
«Abbiamo dato vita al format UNITE” per favorire e incentivare la partecipazione attiva delle donne in politica, perché se noi stesse non decidiamo di partecipare attivamente sarà molto difficile cambiare le cose».

Eppure, alle elezioni politiche del 2022, la rappresentanza femminile è calata per la prima volta negli ultimi 20 anni e nemmeno la partecipazione è in crescita.
«La politica in generale non è evidentemente in grado di destare linteresse delle donne, che percepiscono come le questioni che le riguardano non vengano trattate seriamente ma diventino sempre temi di serie B. È un problema che affligge un potutti i partiti, sebbene con diverse sfumature. Faccio sempre notare, con un certo orgoglio, che il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle al Senato è l’unico composto prevalentemente da donne: attualmente in Senato siamo 26, tra cui 15 senatrici e 11 senatori».

A proposito dei fallimenti della politica dal 2020 al 2024 in Italia si sono verificati 605 femminicidi e questanno sono stati già 40. La vostra campagna prevede anche un coinvolgimento attivo degli uomini. Come?
«Il femminicidio è solo il frutto finale e più velenoso di una struttura della società, che vede le donne sempre in secondo piano. Le faccio un esempio che, a prima vista, potrà sembrare strano».

Prego.
«Nel nostro Paese un padre può godere di soli 10 giorni di congedo paterno».

Ci spieghi meglio.
«È un esempio di come lo Stato non riconosca a entrambi i genitori le medesime responsabilità, doveri, ma anche diritti, nelleducazione, nella crescita e nella cura della prole. È come dire alle donne che questo tema è affar loro».

Come si arriva alla violenza?
«Da questo mancato riconoscimento della parità di fatto discende la giustificazione del possesso, che poi, in casi estremi, arriva alla violenza di genere. Ma se ne possono fare molti altri di esempi».

Quali?
«La disoccupazione femminile che, malgrado le vanterie della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, resta altissima. Il lavoro femminile infatti è cresciuto soltanto rispetto ai 900mila posti di lavoro persi dalle donne durante la pandemia di Covid. Anche lì abbiamo avuto la riprova del medesimo fenomeno».

Perché?
«Perché le donne occupano spesso i posti più vulnerabili e quindi sono più esposte alla perdita del lavoro in caso di crisi. C’è tutto un sistema da riformare».

Come se ne esce?
«Va bene, nel caso dei femminicidi, intervenire con misure penali più severe ma è necessario affrontare il problema a monte, mettendo in discussione la struttura della società».

In questo senso UNITE discuterà di riforma del diritto di famiglia?
«La riforma del diritto di famiglia, che nel 1975 costituì un enorme progresso con l’equiparazione dei coniugi e il superamento della figura del “Pater familias” dotato del potere di correggere i subalterni moglie e figli, va portata fino in fondo perché questa equiparazione legale non è ancora sostanziale ma è solo di principio. Per questo vogliamo lavorare, insieme con le nostre iscritte e i nostri iscritti e con le esperte e gli esperti che parteciperanno ai percorsi offerti dall’evento mettendo a disposizione le rispettive competenze, a una grande riforma del diritto di famiglia che tocchi ogni aspetto della vita quotidiana familiare».

A proposito di equiparazione, non è importante solo quella all’interno della coppia ma anche tra le coppie. Cosa intendete voi per “famiglia”?
«Ci tengo a sottolineare che noi intendiamo ogni famiglia, non soltanto quella composta da un uomo e una donna sposati e con figli ma tutte le famiglie che oggi compongono la società italiana».

Su questo tema però la politica è rimasta indietro anche rispetto alla magistratura. Lo scorso mese la Corte costituzionale ha stabilito che i figli di coppie lesbiche nati all’estero tramite fecondazione eterologa possono essere riconosciuti in Italia con entrambe le madri come genitori. Cosa intende fare il M5S per tutelare maggiormente i diritti di queste coppie in Italia?
«È molto triste che la Corte costituzionale sia dovuta intervenire per affermare, sostanzialmente, che tutti i minori godono degli stessi diritti e che tutti hanno diritto ad avere due genitori, siano essi un uomo e una donna, due donne o, aggiungo, due uomini. Come Movimento 5 Stelle abbiamo da sempre nel nostro programma l’introduzione del “matrimonio egualitario”, che significa equiparazione totale tra le coppie coniugate eterosessuali e le coppie omosessuali oggi unite soltanto civilmente».

Anche per quanto riguarda i diritti d’adozione?
«Sì e mi lasci dire che oggi in Italia le adozioni sono una via crucis: per questo vogliamo occuparcene. Per chi tende accogliere e donare amore a bambine e bambini senza famiglia il percorso dell’adozione diventa spesso un calvario che poi magari non garantisce neanche un esito positivo. È una situazione che può diventare traumatizzante sia per le coppie che per i minori che poi magari restano senza famiglia per anni, accrescendo i traumi purtroppo già subiti».

A proposito di tutela dei diritti di tutti, il 28 giugno Lei parteciperà al Pride di Budapest, organizzato dal comune della capitale ungherese in aperta sfida al divieto imposto dal governo del premier Viktor Orbán. Qual è la situazione in Europa?
«Questa Europa è irriconoscibile, anche solo rispetto a qualche anno fa, quando l’Ue puntava sulla tutela dei diritti umani e della persona. Purtroppo, nonostante la minaccia di sanzioni, Orbán sembra avere mano libera ma ritengo l’annuncio del sindaco di Budapest (Gergely Karacsony, nda) riguardo l’organizzazione del Pride un successo della pressione dell’opinione pubblica. Le tante adesioni da parte di delegazioni parlamentari di vari Paesi, Italia compresa, hanno acceso un faro sulla situazione in Ungheria, dando il coraggio all’amministrazione locale di prendere apertamente posizione e di sfidare Orbán. Questo ci rincuora perché dimostra come l’opinione pubblica possa ancora cambiare le cose. Per questo, come Movimento 5 Stelle saremo presenti sia con una delegazione di europarlamentari che di senatrici e senatori».

Se sui diritti arranca, su altri temi l’Unione europea tira dritto, come sul programma ReArm Europe. Sabato 21 giugno, mentre il M5S parteciperà al corteo contro il riarmo a Roma, Lei sarà alla manifestazione principale prevista all’Aja, nei Paesi Bassi, dove la prossima settimana si terrà il vertice Nato. C’è un legame tra investimenti in armi e diritti negati?
«Indubbiamente sì. Ripeto: quest’Europa è irriconoscibile rispetto a quella che il Movimento 5 Stelle con Giuseppe Conte era riuscito a convincere a varare il Next GenerationEU, che speravamo fosse una pietra miliare da cui ripartire per superare l’Ue dell’austerità e dell’ultra-burocrazia per poter finalmente parlare di un’Unione solidale e dei popoli, sogno dei padri e delle madri fondatori. Da allora, invece, non solo si è registrata una battuta di arresto in questo percorso ma addirittura un regresso, con una comunità irriconoscibile che preferisce spendere 800 miliardi di euro in armi piuttosto che investire altrettante risorse in strutture sociali, istruzione e integrazione tra i popoli. Purtroppo temo che ci stiamo dividendo piuttosto che unendo ed è un trend che non può avere esiti positivi. Ma confido che ci sia ancora una speranza».

Quale?
«Esiste ancora un’opinione pubblica tra i popoli europei che non condivide questa linea. Per questo il 21 giugno sarò all’Aja alla manifestazione madre contro il riarmo in Europa, un evento trasversale a cui molti partiti europei di area progressista partecipano per dire no a questa linea, in contemporanea con tanti cortei gemelli in tutto il continente, Roma compresa. L’obiettivo è coinvolgere un’opinione pubblica che guarda attonita a queste scelte prese dall’alto dai vertici europei e non condivise e che probabilmente si sente anche un po’ frastornata perché non riesce a individuare chi possa dare voce al loro dissenso. Noi per questo ci siamo».

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