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Home » Politica

Ucraina, Gianluca Ferrara (M5S) a TPI: “La via diplomatica è l’unica strada, bisogna capire cosa ha causato questa guerra”

Immagine di copertina
“Molti osservatori ignorano o fanno finta di non sapere che stiamo transitando da un mondo unipolare a guida statunitense a un sistema multipolare. Una transizione pericolosa perché gli Usa non vogliono perdere questa egemonia a livello mondiale. Ma la geopolitica è come il vento, non si può fermare con le mani. Pensare di escludere Paesi con un territorio immenso come la Russia, o con una popolazione come quella della Cina e l’India è semplicemente utopico”, a dirlo a TPI è l’ex senatore dei Cinque Stelle Gianluca Ferrara che oggi sta terminando il suo ultimo libro intitolato: “CAOS INTERNAZIONALE, capire la politica estera ai tempi della terza guerra mondiale”.
Qual è la strada per arrivare a una soluzione di pace?
Il discorso è lungo e articolato, questa guerra affonda le sue radici nel 1991, quando fu promesso a Gorbaciov che la Nato non si sarebbe estesa verso est, nemmeno di un pollice. La storia è andata diversamente: tutti i paesi dell’ex patto di Varsavia sono progressivamente entrati a far parte della Nato e questo ha generato una sindrome d’accerchiamento per i russi. Vorrei precisare che questo non giustifica assolutamente l’aggressione di Putin. Ma questa paura atavica dei russi è stata raccolta da Putin in maniera brutale, ne ha fatto la sua forza.
Cosa pensa delle ultime esternazioni di Berlusconi trapelate su Zelensky e quale sarà il ruolo di Meloni?
Mentre gli italiani hanno problemi immensi, vedere questi personaggi che litigano come Francesco Totti e Ilary de Blasi è uno spettacolo che si commenta da sé.
Il governo si farà?
Io credo che alla fine ci sarà un esecutivo, ma non credo che sarà un governo stabile. Meloni, a mio avviso, è incapace di governare un Paese in un momento così delicato e complesso come invece ha fatto Giuseppe Conte durante la pandemia.
Tornando all’Ucraina, come vede la posizione di Meloni ora che ha dichiarato inequivocabilmente di essere atlantista?
Non cambierà nulla rispetto a quello che ha fatto il governo Draghi, servirebbe invece un cambio di passo. Adesso tutte le energie andrebbero usate per trovare una soluzione diplomatica. Un esecutivo serio dovrebbe far sentire la propria voce in Europa per raggiungere subito una tregua.

L’opinione pubblica ha definito talvolta la soluzione diplomatica come un desiderio di quieto vivere europeo a discapito della sopravvivenza del popolo ucraino.
Questa è follia. È una logica perversa che ci porta all’estensione di un conflitto che può degenerare con l’uso di armi atomiche. Il popolo ucraino, che sta subendo delle sofferenze indicibili, si è pensato solo di armarlo, invece si dovrebbe lavorare a una soluzione politica con Putin, capire perché c’è stata questa aggressione.

Eppure la corsa agli armamenti va avanti da anni, e la logica bellicista si è imposta come egemonia culturale.
Con Conte l’aumento delle spese è stato fisiologico, da sottolineare è ciò che afferma papa Francesco: armare e armare sempre di più porta solo a nuove conflittualità. Molti osservatori ignorano o fanno finta di non sapere che stiamo transitando da un mondo unipolare a guida statunitense a un sistema multipolare. Una transizione pericolosa perché gli Usa non vogliono perdere questa egemonia a livello mondiale. Ma la geopolitica è come il vento, non si può fermare con le mani. Pensare di escludere Paesi con un territorio immenso come la Russia, o con una popolazione come quella della Cina e l’India è semplicemente utopico. Questa transizione deve essere fatta in maniera ordinata.

Quale dovrebbe essere il ruolo dell’Italia rispetto alla Nato?
In questi consessi l’Italia non deve andare col cappello in mano, deve far sentire la propria voce come fanno gli altri Paesi. L’obiettivo deve essere la sicurezza e il benessere dei cittadini.

Per la crisi energetica qual è la ricetta?
Durante il picco della crisi pandemica l’Italia, con l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si è imposta con il Recovery fund. Oggi con la stessa tenacia si dovrebbe, invece di intraprendere una folle corsa agli armamenti, proporre un “Recovery War” per innescare un moltiplicatore economico in grado di far riprendere vitalità a una miriade di imprese in grave difficoltà non solo per l’aumento dei costi energetici, ma anche per le sanzioni che hanno limitato le esportazioni e stanno generando grande difficoltà al nostro made in Italy.

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