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    La politica non può calpestare il diritto alla vita e alla felicità: nemmeno durante una pandemia

    Di Fiorenza Loiacono
    Pubblicato il 12 Giu. 2020 alle 13:13 Aggiornato il 12 Giu. 2020 alle 13:42

    La questione di Alzano e Nembro in Italia, la mancata chiusura di un ospedale e l’omessa tutela dei cittadini consumata in quelle zone evidenzia oggi la necessità di prendersi cura più che mai dei diritti della cittadinanza. In modo appropriato e opportuno.Non solo in Italia ma ovunque debba essere garantito questo ruolo da parte dello Stato. Che deve imparare a esercitarlo nel pieno delle sue funzioni. Pena il naufragio di tutto: delle emozioni, delle menti, delle vite e delle istituzioni di cui esse fanno parte. Un’umanità fragile, abbandonata, non può sopravvivere a queste condizioni ma necessita di riscatto e valorizzazione. Per non essere “dimenticata” tra le maglie dell’incertezza, dell’inadempienza, della superficialità.

    Ovvero dell’esercizio mancante delle proprie funzioni da parte di uno Stato democratico.Su queste basi bisogna tornare a lavorare. Occupandosene seriamente. Facendo leva sul riconoscimento e la consapevolezza dei propri diritti in un mondo che sembra dimenticarsene. In tal senso è necessario asserirli, prenderne visione e conoscenza in relazione al posto in cui si vive, al proprio essere al centro della propria esistenza e del mondo. La propria vita deve diventare degna di essere vissuta e i governanti di questo si devono preoccupare. La tracotanza non va più tollerata, come l’abuso soverchiante. Le vite devono tornare ad avere valore e sussistenza.

    Nel caso degli anziani della Val Seriana è accaduto esattamente il contrario, finiti come sono nelle maglie di potenti che hanno fatto di loro quello che hanno voluto. L’inviolabilità della vita umana, del rispetto a essa dovuto, dovrebbe diventare quindi un cardine con il quale misurarsi, nella propria vita privata e pubblica. Il lavoro del politico dovrebbe riorientarsi in tal senso, non sulla elisione di interi segmenti di realtà. Perché poi sono gli esseri umani a farne le spese, dimenticati o oltraggiati. In un mondo che deve diventare molto più giusto e riguardoso, attraverso il recupero di uno sguardo attento alla presenza di un uomo o di una donna, di un bambino.

    Perché quanto è emerso recentemente nella democrazia italiana è l’incapacità di stare al passo con una visione ideale, critica, morale dei diritti e dei doveri del politico e della cittadinanza. Per una buona volta lo Stato dovrebbe imparare da un’esperienza così drammatica a darsi da fare per migliorare l’avvenire di ogni singolo cittadino.Se non esiste questa valorizzazione, perché prevalgono incompetenza e ”asinità”, è certo che non ve ne sarà neanche per i principi che sono a fondamento di tutto questo, quelli che dovrebbero radicare lo Stato democratico a sé stesso. Dov’è finita questa premura? È possibile riaverla? C’è mai stata in Italia? O solo quando la Costituzione è stata composta?

    Le carte costituzionali servirebbero per dare una cornice, ma “l’interno” in Italia in quest’ultimo periodo e non solo si è colmato di melma. Di mucillagine. Che adesso tocca ripulire. Bisogna tornare al rispetto per i giovani e gli anziani, i punti cardinali della ripresa democratica, senza i quali la storia e la memoria non possono sussistere. Così come è giusto anche che gli anziani stessi smettano di “tarpare” le ali ai più giovani, bloccando loro la strada. Di tutto questo non se ne può più. La democrazia in questo modo si sfalda, ovvero il background che dovrebbe sorreggere il presente. Se non si capisce che la salute e la forza della democrazia vanno di pari passo con quella di ogni singolo cittadino, allora non si è in grado di governare. Dove sono finite le menti dei politici? Disperse? Perché hanno avuto così tanto bisogno dei tecnici per rimandarli poi indietro dopo averli pagati profumatissimamente? Dov’è finito lo sguardo ricettivo sulla realtà? E l’empatia?

    Il vagare tra i cunicoli di Facebook non risolverà certamente il problema di un disorientamento che rientra solo in relazione alla propria solidità, di istruzione e cultura, di maturazione di una visione personale rispetto alle cose e alle persone. Di capacità di intendere i fatti e gli eventi. Di muoversi tra di essi, tra visioni e percezioni che siano agganciate alla realtà. È una verità acclarata che chi “dimentica” la propria esistenza finisce in qualche modo per ignorare anche quella altrui. Per cui non ha alcun senso che Conte oggi ripeta che non avevano “il manuale” per poter procedere con l’istituzione della zona rossa. Sarebbe bastato semplicemente darsi pensiero per le persone. Perché la nostra vita, con le sue infinite possibilità di espressione – se solo le si scoprisse – rappresenta il bene più importante che possediamo.

    I “movimenti” dei nostri governanti, dunque, vanno tenuti d’occhio perché non dovrebbero implicare la perdita ma la promozione delle vita umana intesa nelle sue risorse. Non la loro cessazione ma preservazione. Sanno al governo di quanti sguardi, quanti sorrisi non verranno più visti non solo da quegli anziani ma anche dai loro familiari? Dove è finita questa consapevolezza? Smarrita in quale antro dell’esistenza? In Italia occorre recuperare uno sguardo maturo sulla possibilità che le persone possano diventare felici sulla base dell’estrinsecazione di quello che sono. Sempre che vengano rispettati i diritti e la libertà, che di questo movimento rappresentano il prerequisito essenziale. Bisognerebbe lavorare maggiormente sulla conciliazione delle parti, degli interessi degli imprenditori e dei diritti dei lavoratori, sulla base di un guadagno che faccia della valorizzazione il suo punto di forza.

    Nel caso del coronavirus, in Italia è emersa non solo una questione di disonestà ma anche di “sperdimento”, cui un insieme di “polli” ha consegnato la vita di migliaia di cittadini. Tutto questo va riparato. Quanto prima. In termini di consapevolezza e visione. Siamo in effetti in un momento “spartiacque”, in cui bisogna decidere da che parte andare. O verso la valorizzazione del cittadino in democrazia o verso il suo “sconfinamento”, cioè l’insussistenza dell’essere e dell’esistere tra le cose e le persone. Molti degli uomini che oggi ci governano sembrano purtroppo muoversi sull’onda dell’irresponsabilità, elementi che contribuiscono a fomentare il disorientamento, il “non trovarsi” o raccapezzarsi tra le cose. Una volta persa la percezione dei propri cardini esistenziali, della profondità della vita, questo non può che riverberarsi contro di sé.

    In tal senso, in Italia oggi occorre occuparsi di un processo di “ripavimentazione” rispetto a mattoni in parte “disgregati”. Basti pensare alla modifica dell’articolo V della Costituzione e a quello che ha comportato: non la devolution ma l’involuzione, la “de-evolution” della democrazia, pagata in termini di risorse drenate verso le case di cura convenzionate, di conflitto Stato-regioni e di perdita di sicurezza per migliaia di cittadini. In Lombardia ne sono morti più di 16.351. In Italia si può parlare di una violenza-trascuratezza arrivata quasi senza accorgersene (“Non sapevamo che potevamo istituire la zona rossa” (Gallera), “è pacifico che dovesse farlo il governo” (Fontana). Persino i trattamenti “estremi” sono stati somministrati senza chiedere il permesso né ai singoli né ai loro familiari.

    Questa Repubblica va necessariamente rifondata, sulla sua base, che è la Costituzione.In Paesi come Cina, Stati Uniti, Brasile, governanti e dittatori, come Trump o Boris Johnson, attraverso lo “sbeffeggiamento” e l’irrisione della realtà hanno provocato di fatto la morte di migliaia di persone. Con le loro inadempienze. Li si vuole processare per questo? Per la mancanza di attenzione verso la cittadinanza?Ad esempio, chi in Brasile ha chiesto a Bolsonaro conforto per i familiari dei defunti, si è trovato di fronte a questa risposta: “Prima o poi moriremo tutti”. Al di là di una sana verità, tutto questo non è più accettabile. In quanto è evidente il menefreghismo di chi governa nei confronti dei governati.Nella misura in cui nasciamo, nessuno deve avere il diritto di elidere la nostra esistenza dal proprio sguardo, soprattutto se intende infierire su di essa.

    A questo bisogna ribellarsi.All’umanità spetta quindi e ancora un percorso di evoluzione. Come se tutto fosse da riprendere, contando su un patrimonio immenso. Culturale ed economico, almeno in Occidente. Per questo si può e si deve continuare a sperare: si possono realizzare molte cose se si lavora bene, purché si sia liberi di vivere in civiltà.

    L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:

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