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Lampedusa, il vicesindaco leghista diserta la commemorazione per i migranti: “Solita passerella”

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Per ricordare il naufragio che nove anni fa costò la vita a 368 persone tra uomini, donne e bambini in fuga dai loro Paesi d’origine verso l’Europa, ogni anno a Lampedusa, davanti alla Porta d’Europa, si tiene una cerimonia commemorativa. A quella di ieri, però, non ha preso parte Attilio Lucia, vicesindaco leghista del piccolo arcipelago delle Pelagie: “Una pagliacciata, la solita passerella”, si è giustificato parlando con Adnkronos. Erano presenti però oltre 300 studenti italiani ed europei, 22 tra associazioni e ong, agenzie delle Nazioni Unite, parlamentari europei e giornalisti, tutti riuniti nell’ambito dell’iniziativa “Welcome Europe”, in occasione della quale si anche discusso di accoglienza e di diritti umani.

“I morti si ricordano in silenzio e pregando – sottolinea Lucia – non con concerti e balli in giro per le strade. Invece che musica e danze servivano una messa, una veglia, una fiaccolata per ricordare quel dolore e dire che Lampedusa non vuole più riviverlo”. In passato ha postato sui suoi canali social alcuni video che mostrano migranti ammassati nell’hotspot di contrada Imbriacola, costretti a vivere “nel degrado e nella sporcizia”. Parlando della sua assenza alle celebrazioni di ieri, su Facebook ha osservato: “Sono arrivato a pensare che il posto giusto per questa porta (la Porta d’Europa, ndr) non sia più Lampedusa, la dovremmo portare nel cuore dell’Europa, all’ingresso del Parlamento europeo. L’immigrazione è un problema europeo ed esige una risposta europea. Adesso”.

Adesso le speranze di Lucia sono sul nuovo esecutivo: “Mi auguro che Salvini possa tornare al Viminale – dice – perché è stato l’unico ad aver fermato gli sbarchi. La difesa dei confini deve tornare a essere una priorità della politica, l’Italia torni a far sentire la sua voce in Europa e pretenda un’assunzione di responsabilità collettiva. Perché contro le stragi del Mediterraneo non bastano i concerti e le frasi di circostanza, servono i fatti”.

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