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La guerra Santa-lampo della destra contro la cannabis light fa solo male al paese: oggi siamo tutti “drogati”

Immagine di copertina
Credit: Ansa

La guerra Santa-lampo della destra contro la cannabis light fa solo male al paese: oggi siamo tutti “drogati”

Ovviamente oggi “siamo tutti drogati”. Siamo tutti, cioè, molto più “drogati” che “Charliehebdó”, cioè, perché tutti avremmo potuto essere effigiati dell’appellativo che ieri l’onorevole Ignazio La Russa, simpatico e geniale propagandista del Secolo Novecento, capace di apostrofare il senatore Marcucci (che stava prendendo la parola per discutere un emendamento sulla canapa) ha rifilato al morigerato capogruppo del Pd, come se si stesse rivolgendo ad un tossicodipendente in cerca della sua dose.

In questa mirabile falsificazione, in questa trasfigurazione, in questa iperbole grottesca c’è l’eco di tante cose dette e scritte in questi giorni. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, aveva definito come “una follia” la vendita libera di cannabis light che sarebbe stata resa possibile grazie un emendamento (provvidenziale) della maggioranza. E nei giorni scorsi anche Matteo Salvini si era accodato a Fratelli d’Italia (forse per recuperare terreno) ed era andato all’attacco, parlando di “spaccio di Stato”. Tutto, sia chiaro, non per un provvedimento che avrebbe riguardato la cosiddetta cannabis con un contenuto di Thc tale da renderla una sostanza di stupefacente, ma piuttosto la vendita della canapa a basso contenuto di Thc (lo 0,5 per cento) che ieri è stata stralciata dal maxi emendamento in esame al Senato, per una scelta della presidente Forzista Elisabetta Casellati.

Viene definita “Cannabis Light”, infatti, quella che contiene una quantità del principio attivo delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) bassa o insignificante, dunque priva di qualsiasi effetto “drogante”. Tuttavia non pareva vero, alla destra italiana, ricompattarsi in pompa magna per una guerra Santa – lampo contro “le droghe legalizzate”, contro “le canne”, contro “gli spacciatori”. Sarebbe come muovere guerra al caffè decaffeinato, o al the deteinato, perché questo è il grado di parentela che collega la canapa ad uso industriale con la cannabis che si fuma, il nome come il principio attivo. Anche la birra analcolica è parente della birra: e se si apparecchiasse una guerra Santa alla birra, si potrebbe dare “dell’ubriacone” anche a chi consuma Birre a bassa gradazione alcolica (ovvero con una gradazione alcolica minima o nulla che riproducono il gusto della birra senza gli effetti inebrianti delle birre alcoliche).

Ha scritto il ministro grillino Federico D’Incà su Facebook: “L’emendamento avrebbe colmato un vuoto normativo e regolamentato un settore che, a seguito della sentenza della Cassazione, – ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento – non ha più norme chiare e definite e rischia di mandare in tilt una filiera fatta di migliaia aziende e 12 mila addetti”. Attualmente – infatti – le imprese che si occupano di cannabis light in Italia sono circa 3 mila. La norma approvata in Commissione bilancio prevedeva un’accisa che – fra l’altro – avrebbe portato nelle casse dello Stato un gettito di 500 milioni di euro. Ma ancora una volta, l’abilità nel costruire la narrazione sugli stupefacenti, l’iperbole, l’idea del complotto (complice il gesto della Casellati) ha coperto ogni cosa.

Il governo giallorosso, che stava facendo una cosa sacrosanta, si è fatto investire dalla potenza deformante della propaganda e – al contrario del centrodestra – non ha speso i suoi leader per difendere la sua narrazione. In un paese in cui non si riesce nemmeno a produrre tutta la cannabis terapeutica necessaria a curare i malati (una produzione affidata all’esercito) finisce nel mirino persino quella industriale, che ha tantissimi usi possibili, nessuno dei quali è legato alle tossicodipendenze.

Questa piccola vicenda, nella sua semplicità, ci dice almeno tre cose: la prima, che sarebbe necessario al più presto (Casellati permettendo) discutere una questione economica così seria con una apposita legge. La seconda: che non basta il buonsenso per fare cose buone, occorre costruire una narrazione che le spieghi, che le faccia digerire ad una parte di paese che nella rabbia e nella paura, in mancanza di alternative, spesso prova piacere di riscoprirsi bigotto. E infine l’ultima, la più importante: che oggi, per protesta, siamo tutti potenziali e orgogliosi “drogati”. Perché è sempre meglio di raccontare panzane e comportarsi da stupidi.

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