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Il viceministro Garavaglia (Lega) assolto nel processo per turbativa d’asta

Immagine di copertina
Il vice ministro dell'Economia Massimo Garavaglia. Credit: ANSA/GIUSEPPE LAMI

Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia della Lega, è stato assolto dal Tribunale di Milano nel processo che lo vedeva imputato per turbativa d’asta per una gara per il servizio di trasporto di persone dializzate risalente al 2014, quando era assessore lombardo all’Economia.

“La verità rende liberi. Sono contento che alla fine tutto sia andato per il meglio. Non è stato un periodo semplice però va bene anche così”, ha commentato il viceministro dopo l’assoluzione.

Nello stesso processo Mario Mantovani, ex vicepresidente della Regione Lombardia, è stato condannato a 5 anni e 6 mesi. Mantovani era stato arrestato nell’ottobre del 2015 per corruzione, concussione e turbativa d’asta.

Dopo la sentenza, l’avvocato di Garavaglia, Jacopo Pensa, ha parlato di “processo inutile” che “poteva non essere fatto”: secondo il legale, i giudici hanno “capito che una telefonata per la segnalazione di un problema non è reato”. “Sono felicissimo per lui, i giudici hanno capito che è una persona perbene”, ha aggiunto l’avvocato Pensa.

Per il viceministro il pm Giovanni Polizzi aveva chiesto una condanna a 2 anni, mentre per Mantovani erano stati chiesti 7 anni e mezzo. Secondo l’ipotesi accusatoria, quando era assessore regionale, Garavaglia , insieme a Mantovani, aveva dato “specifiche disposizioni” e “l’input iniziale” per “vanificare gli esiti del bando” di una gara da 11 milioni di euro indetta “in forma aggregata” da tre Asl per il servizio trasporto dializzati.

Il viceministro si è difeso sostenendo di non essersi “mai occupato” di quella gara, ha assicurato di non essere mai intervenuto di persona e di aver riportato solo “una doverosa segnalazione” su un problema con una telefonata a Mantovani.

Nel caso in cui fosse stato condannato, per Garavagli il Movimento Cinque Stelle avrebbe chiesto le dimissioni dalla carica ricoperta nel Governo, aprendo così, di fatto, un caso simile a quello che nei mesi scorsi aveva riguardato il sottosegretario Armando Siri.

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