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Fine vita, il giudice riconosce il diritto di interrompere le cure a una donna in stato vegetativo anche in assenza di biotestamento

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Fine vita, il giudice riconosce diritto stop cure anche in assenza di biotestamento

Il giudice tutelare del tribunale di Roma ha riconosciuto il diritto all’interruzione delle cure per Beatrice, una donna in stato vegetativo che quando era ancora lucida aveva espresso la volontà di non andare avanti con i trattamenti, pur non avendo rilasciato alcuna dichiarazione scritta.

S&D

I parenti di Beatrice e il suo compagno e amministratore di sostegno si sono battuti per anni perché alla donna fosse riconosciuto il diritto di mettere fine alla propria vita, anche in assenza di un biotestamento.

La donna ha 62 anni ed è in stato vegetativo irreversibile dal 2017. Con questa sentenza la rinuncia alle cure su richiesta dell’amministratore di sostegno sarà possibile anche nel caso in cui il malato esprima solo oralmente la volontà di terminare la propria vita.

Beatrice aveva dichiarato a tutti gli amici e gli affetti le sue intenzioni e per questa ragione il suo compagno ha presentato un ricorso al Giudice Tutelare, chiedendo di poter terminare i trattamenti.

“Con questa importante pronuncia il Tribunale mette in primo piano la volontà della persona, evitando che, come nel caso Englaro, per anni si sia costretti a combattere nei Tribunali per vederla riconosciuta. Il Giudice Tutelare ha confermato la portata della legge 219/17 sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento (DAT): la volontà della persona malata, non più capace di esprimersi, è stata conosciuta e ricostruita, perché espressa in precedenza anche in assenza di testamento biologico”, hanno affermato i legali dell’associazione Luca Coscioni.

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