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“Noi, che campiamo solo grazie al Rdc: essere poveri non è una colpa”. Le storie di Umberto e Francesca

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"Vorrei sposare il mio compagno senza l'ansia di non arrivare a fine mese. Ma ho capito che i sogni devo rimetterli nel cassetto", dice Francesca. Umberto, invece, ha 64 anni e pensa che "la politica sia lontana chilometri dalla realtà". Ecco le storie di due persone che ricevono il Reddito di cittadinanza

«Io la vita posso dire di averla vissuta davvero. In tutte le sue sfaccettature. Ma sono passato dal paradiso al fondo del fondo del fondo». Il signor Umberto Bertocco, 64 anni, sospira seduto al tavolo della cucina nel suo alloggio popolare alla periferia di Padova, rione Torre. La sua biografia è divisa in tre parti: la prima è fatta di mille avventure in giro per il mondo; nella seconda ha scoperto di essere malato e campava con 270 euro al mese di pensione di invalidità («per fortuna ogni tanto qualche amico mi pagava la spesa al supermercato»); il terzo capitolo è iniziato nel 2019, quando il Governo gialloverde ha introdotto il Reddito di cittadinanza. Da allora, a quella miseria di pensione si è aggiunto un aiuto da 500 euro al mese che quantomeno consente a Umberto di respirare.

Sono 2,3 milioni gli italiani che ricevono il sussidio contro la povertà. Uno su quattro abita in Campania. Come Francesca Catuogno, 23 anni, napoletana, disoccupata: lei e il suo compagno – anche lui senza lavoro – tirano avanti grazie alla somma che ogni mese viene loro accreditata dall’Inps: 960 euro. In due. Con 260 euro di affitto da pagare, arrivare alla fine del mese non è facile, ma almeno si può dire basta allo sfruttamento mascherato per lavoro. «Facevo la segretaria in un ufficio, dalle 8 del mattino alle 8 di sera con solo un’ora di pausa: mi davano 500 euro al mese. Ovviamente in nero», racconta la giovane donna. «Sempre in nero ho lavorato. Ho fatto la domestica, la commessa in una cioccolateria, l’assistente in uno studio dentistico. Ogni volta che chiedevo di essere regolarizzata, mi veniva risposto che non si poteva perché i costi erano troppo alti. Da quando prendo il Reddito ho detto basta. Vorrei trovarmi un lavoro regolare, ma gli stipendi che propongono in giro sono troppo bassi».

A chi spetta il Rdc

Per avere diritto al Rdc bisogna avere un’Isee non superiore a 9mila euro, un patrimonio mobiliare non superiore a 6mila euro e un reddito sotto i 6mila euro annui. Questi parametri variano in base a quanto sia più o meno numeroso il nucleo familiare. Sì, perché un punto che viene spesso sottaciuto nel dibattito pubblico è che il Reddito di cittadinanza è destinato non ai singoli individui ma a nuclei familiari, che possono essere composti da una persona (single) o da una coppia o da due genitori più la prole. Il che significa che, ad esempio, una famiglia di cinque persone ha diritto a un’unica prestazione anche se entrambi i genitori non lavorano. L’importo medio che viene erogato per il Rdc è di 580 euro al mese per nucleo familiare. Altro che ostriche e champagne a spese del contribuente.

“Mi sono dato da fare”

Quando Umberto aveva l’età che ha oggi Francesca, 23 anni, era in Germania. «Fine anni Settanta, lavoravo in una gelateria, pessima esperienza: turni da 12-14 ore, niente giorni di riposo…», ricorda il nostro amico padovano. La prima parte della sua vita, come detto, è stata un lungo girovagare: dal servire gelati ai tedeschi al portare a spasso i turisti come guida in Brasile, poi eccolo a fare il lavapiatti, prima in Spagna e poi in Svizzera. «Avevo conosciuto un rabbino che organizzava pranzi tradizionali ebraici, ricordo tavolate da migliaia di persone, c’erano famiglie che venivano dal Libano o da Israele…».

Ma Umberto ha fatto molti lavoretti anche in Italia: da stagionale ha passato intere estati a raccogliere le ciliegie a Vignola, i pomodori nel Parmense, le albicocche in Romagna: «Dormivo nei casali dei contadini, mi facevo la doccia all’aperto con la canna per innaffiare e se c’era un temporale mi scaldavo accendendo il camino. Altri tempi».

Poi, però, la sua vita è cambiata: «Una quindicina d’anni fa ho iniziato a sentirmi male», racconta. «Ero debolissimo, la mia pelle aveva preso un colorito giallastro e l’urina era molto scura. Feci 45 giorni di ospedale. Nel 2012, dopo una serie di esami, mi hanno diagnosticato delle disfunzioni epatiche che mi hanno reso invalido all’80%. Il mio fegato è a funzionalità ridotta: nausea, spossatezza, i medici dicono che devo evitare le fonti di stress. L’estate scorsa sono finito in ospedale per colpa del caldo». Da allora Umberto è diventato inabile al lavoro: «Ma con solo i 270 euro della pensione di invalidità era impossibile mantenermi. Solo per l’affitto della casa popolare pagavo 125 euro al mese… Mi sono dato da fare, ho fatto qualche piccolo lavoretto semi-volontario all’interno di progetti per disabili organizzati dal Comune di Padova con l’Inps: prendevo 170 euro al mese per 20 ore alla settimana. Ma era comunque dura. Poi, per fortuna, è arrivato il Reddito di cittadinanza».

La vita è un inganno

La storia di Francesca è molto diversa: lei – diploma da estetista e una lunga serie di corsi di formazione – può lavorare, eccome. «Ma – lamenta – qua a Napoli non si trova nulla, a meno che non accetti il nero o stipendi da fame». «Da quando prendo il Rdc sono iscritta al centro per l’impiego, eppure in quasi due anni non ho ancora ricevuto nessuna offerta di occupazione. In questi giorni – prosegue la 23enne – sto frequentando un corso di formazione organizzato dal Comune di Napoli. Come percettrice del Reddito presterò servizio nelle aree verdi della città».

Quando le chiediamo qual è il sogno della sua vita, la giovane fa un respiro profondo: «Quello di ogni ragazza della mia età». Cioè? «Sposarmi con il mio compagno, senza avere paura di non arrivare alla fine del mese. Ma qua a Napoli ho imparato che i sogni dobbiamo rimetterli nel cassetto. Non possiamo crearci niente di vero per il futuro». Dice proprio così – «niente di vero» – quasi che la sua vita di oggi sia talmente ripida da sembrarle una menzogna, un inganno. «Sentire in televisione che qualcuno vuole abolire il Rdc mi fa male. E mi spaventa», osserva Francesca. Questa misura «ha aiutato molte persone che non riuscivano a mettere un piatto in tavola o a comprarsi i medicinali».

Noi “sfigati”

Secondo Umberto, peraltro, chiunque vincerà le elezioni il sussidio resterà: «Magari gli daranno un altro nome, ma non possono cancellarlo. Altrimenti si rischia davvero una sommossa». «Ma lei lo vede quello che sta succedendo? Ci sono decine di negozi che chiudono ogni giorno per colpa del caro-energia. Io stesso, che per risparmiare lavo persino i vestiti a mano, mi sono trovato una bolletta della luce quadruplicata! Non so lei, ma io in giro respiro un malessere sempre più forte». Umberto scuote la testa, poi sbotta di nuovo: «E questi vogliono pure abolire il Reddito di cittadinanza… Io credo che parlino senza sapere di cosa stanno parlando. Ma lo sanno che per avere diritto al Rdc devi essere così povero di arrivare quasi a fare la fame? Mi scusi il termine, ma devi essere proprio uno “sfigato assurdo” per prendere il Reddito di cittadinanza». «Il fatto è che questi politici conoscono la realtà solo attraverso i loro apparati di sondaggi e di analisi sociale. Ma la verità è che sono lontani chilometri dalla realtà, loro vivono in un altro mondo. Forse non sanno che ci sono persone come me. Forse non sanno che l’Italia è anche questa».

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