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“Lascio l’incarico in FI, una vergogna aver affossato il ddl Zan. Draghi? Più a destra di Berlusconi”: parla Elio Vito

Immagine di copertina
Credit: Ansa

In un'intervista a TPI, Elio Vito spiega perché ha deciso di dimettersi dall'incarico di responsabile del Dipartimento Difesa e sicurezza di Forza Italia dopo la scelta del suo partito di affossare il disegno di legge contro l'omotransfobia

Ha fatto molto clamore la pubblicazione della lettera di dimissioni del deputato di Forza Italia, Elio Vito, da responsabile del Dipartimento Difesa e sicurezza di FI, dopo la decisione del suo partito di votare a favore delle pregiudiziali sul ddl Zan che hanno affossato la proposta di legge per il contrasto all’omotransfobia, alla misognia e all’abilismo.

S&D

Fedelissimo di Berlusconi e da tempo impegnato nelle battaglie a favore del mondo LGBT+, Vito alla Camera aveva votato a favore della legge, assieme ad altri quattro parlamentari di FI, in contrasto con le direttive del partito. Dopo l’affossamento al Senato, l’ex ministro non ha potuto più tollerare l’incoerenza fra i suoi valori e posizioni e la decisione presa dal suo partito.

“Per coerenza con le mie convinzioni, che mi portarono a votare a favore della proposta di legge alla Camera, quando pur nella posizione contraria del Gruppo, fu garantita comunque la possibilità di votare secondo coscienza, a malincuore rimetto l’incarico che mi hai affidato” si legge nella indirizzata a Berlusconi, che il deputato ha pubblicato su Twitter.

Nella lettera Vito ribadisce che il ddl Zan “non limita affatto la libertà di espressione e di opinione, che sono tutelate dalla Costituzione”. “Naturalmente – aggiunge – ogni legge è perfettibile e tentativi di miglioramento del testo sono sempre apprezzabili. Però noi abbiamo votato pregiudiziali e sospensive, dopo mesi di ostruzionismo in Commissione, per impedire l’esame”.

Il “caso Vito” si inserisce in un momento di profonda crisi e malumori interni al partito di Berlusconi, stretto fra la sua vocazione europeista e liberale e la necessità di scendere a patti con i loro alleati di coalizione, la destra sovranista e ultra-conservatrice di Salvini e Meloni.

Abbiamo incontrato il deputato Elio Vito per farci spiegare le motivazioni delle sue dimissioni da tutti gli incarichi di partito, per parlare del tormentato iter del ddl Zan, di Berlusconi e del futuro di Forza Italia.

On. Vito, secondo lei perché Forza Italia ha portato avanti una linea così dura e intransigente nei confronti del ddl Zan?
“Forza Italia, all’epoca, si era astenuta in Commissione Giustizia. E l’allora capogruppo, attualmente ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, disse a Zan che Forza Italia avrebbe votato a favore, se fosse passato l’emendamento all’articolo 4 della legge (il famoso emendamento Costa).

Il povero Zan ci è cascato con tutte le scarpe ed ha approvato l’articolo 4., che è uno di quelli per cui si è fatta più polemica al Senato. Alla fine Forza Italia alla Camera ha deciso di votare contro. Io mi sono alzato in piedi, insieme ad altri quattro colleghi, per esprimere la mia contrarietà. Non mi aspettavo che quando il testo sarebbe approdato al Senato, si sarebbe scatenato un simile pandemonio, con Forza Italia che presenta assieme alla Lega un disegno di legge alternativo che però era indicativo, secondo me, di un errore di fondo, perché riprendeva la vecchia tesi del ministro Fontana di abolire la Mancino e di togliere i reati d’odio”. 

“Io ho dato una mano in tutti questi mesi a Zan e ai movimenti arcobaleno a sostenere la campagna per l’approvazione senza modifiche e sono andato anche alla manifestazione all’Arco della Pace a Milano, su invito dei Sentinelli di Milano” ci spiega il deputato.

“Per me era naturale che Forza Italia sostenesse la legge. Visto che rivendichiamo noi ogni giorno l’appartenenza al Ppe e la nostra collocazione europeista. Ma il Ppe in Ue leggi del genere le approva. Tant’è vero che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, del Partito popolare, guida tutta l’Ue contro Polonia e Ungheria per le loro leggi anti-lgbt”.

“Se voti per il non passaggio agli articoli, per fermare la legge sei mesi e lo rivendichi pure – ci spiega Vito – vuol dire che c’è un’incompatibilità fra le mie opinioni e il fatto che ricopra incarichi di partito. 

Mercoledì scorso si è parlato tanto della mancata volontà di mediazione da parte del centrosinistra su questa legge. Ma il centrodestra aveva davvero intenzione di mediare o era solo un bluff?
L’applauso che è esploso dai banchi della destra testimonia che l’unica loro volontà era quella di affossare il disegno di legge. Lo testimoniano anche gli argomenti che sono stati portati a sostegno della loro decisione. È difficile trattare con chi accusa la legge di avere delle caratteristiche che non ha. Parlo di chi sosteneva, in Senato, che ci fosse la volontà di far colorare le unghie dei bambini con i colori dell’arcobaleno per far aumentare la vendita degli smalti per uomini, che i preti sarebbero andati in galera o che ci sarebbe stata l’educazione gender nelle scuole (come sostiene la sua collega Licia Ronzulli)”.

“L’articolo 7” – continua Vito – sostiene semplicemente che il 17 maggio si celebri la Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia, riconosciuta anche dall’Onu. Come previsto per tutte le giornate civili, vi era una clausola di stile che quel giorno sarebbe stato dedicato ad una discussione anche nelle scuole sulla cultura del rispetto. Rispettando, ovviamente, l’autonomia scolastica”.

“Il dibattito stucchevole che si è aperto nel centrosinistra su chi siano i franchi tiratori sinceramente non mi interessa – dichiara Vito – ma il colpevole alla fine è sempre “il maggiordomo”. E io dico che ieri il maggiordomo è stato Forza Italia che, per la sua vocazione europeista e liberale, ieri si sarebbe dovuta astenere e accettare la proposta di mediazione avanzata per la prima volta da Letta.

Quanto le gerarchie vaticane hanno influito sull’iter di questa legge e sulle posizioni di alcuni esponenti politici?
“Sono state decisive secondo me. Purtroppo oggi le gerarchie vaticane hanno un’influenza sulla politica Italiana e sulle scelte politiche che è superiore alla presa stessa che hanno sull’elettorato cattolico, il quale, e lo dimostrò ampiamente il voto sul divorzio, è molto più avanti di loro. 

Questa ingerenza è dovuta alla debolezza della politica. Nonostante le parole di Draghi sulla laicità dello Stato e delle leggi dopo la lettera arrivata dalla Segreteria di Stato Vaticana sul ddl Zan, questa influenza si avverte molto. Salvini, per esempio, ha usato più volte, come giustificazione delle sue idee, la frase “lo ha detto anche il Papa”. Utilizzare quest’argomentazione è sintomo di debolezza della politica. Anche se penso che nella scelta di FI in particolare, ci sia stata più la volontà di assecondare gli alleati sovranisti, contraddicendo le nostre quotidiane osservazioni di essere distinti, diversi e distanti da certe posizioni”.

In un tweet di mercoledì 27 ottobre, ha mosso una critica piuttosto pesante nei confronti della sua collega, l’On. Bernini, accusandola di rainbow washing. Perché?
“Il rainbow washing è uno dei fenomeni più odiosi. Nasce come variazione del green washing, come atteggiamento che hanno alcune aziende nei confronti dell’ambiente per mostrarsi, solo apparentemente eco-friendly, quando in realtà continuano ad inquinare. La comunità LGBT+ ha fatto sua questa espressione, applicandola a quelle persone che mostrano di essere “alleate” della comunità, quando invece non lo sono. L’On. Bernini da qualche mese pubblicava questi contenuti molto sgargianti e pop, che strizzavano l’occhio alla comunità arcobaleno, quindi tutti ci aspettavamo che il suo atteggiamento LGBT+ friendly corrispondesse poi ad un voto al Senato contrario alla “tagliola”. Invece proprio mercoledì 27, ha fatto una dichiarazione di voto per annunciare che FI avrebbe votato contro la legge”.

Bernini ha scritto un post sul suo blog, in cui spiegava i motivi della sua scelta e ha ribadito il fatto che c’è una sua proposta di legge contro l’omotransfobia già pronta. Lei la voterebbe?
“Francamente no. A parte che nella sua proposta non è prevista la Giornata nazionale del 17 maggio e non capisco perché l’Italia, forse per via dell’influenza della Chiesa, non possa essere fra quei 161 Paesi nel mondo che ogni anno la celebrano. Per me è una discriminante anche perché fa parte della cultura della prevenzione e del rispetto che va infusa già nelle scuole. È chiaro che la parte della repressione è necessaria, ma è secondaria a quella della prevenzione. E poiché gli ultimi episodi di violenza omotransfobica a cui abbiamo assistito in Italia sono stati opera di gruppi di ragazzi giovanissimi, è ovvio che c’è un problema, che può essere superato diffondendo la cultura del rispetto già dalle scuole”.

Lei sarebbe a favore dell’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole e del matrimonio egualitario?
“Sarei favorevole a entrambe e sarei anche favorevole a rivedere la legge sul cambio anagrafico di sesso del 1982, frutto di una lunga battaglia dei Radicali. Con quella legge per la prima volta veniva introdotta in Italia la possibilità del cambio anagrafico di sesso. Son passati però quarant’anni e questa legge ha mostrato di essere superata. L’ho fatto presente più volte alla Corte di Cassazione e poi alla Corte Costituzionale, spiegando che non è più accettabile rendere obbligatorio l’intervento chirurgico, perché è una pratica devastante sia fisicamente che psicologicamente, che molte persone non possono sostenere, e perché sottopone le persone ad un percorso ad ostacoli lungo e spesso umiliante. 

L’Italia ha una legislazione che scoraggia alla transizione. Abbiamo migliaia di persone in Italia che non iniziano il percorso o che lo iniziano e non lo concludono. Queste persone sono le più esposte alle discriminazioni e alle violenze, perché hanno un’identità di genere esteriore che non corrisponde al loro sesso di nascita. Per fortuna, sono tutelate dal concetto di “identità di genere” che, già oggi, esiste nella nostra giurisprudenza.

Ecco, a proposito di “identità di genere”, perché tanti politici italiani hanno paura di questa espressione e si sono battuti in Aula per cancellarla dal disegno di legge?
“Perché c’è una grande ipocrisia nei confronti delle persone trans, che ad oggi è la categoria di persone più discriminata e meno accettata. Se allora facciamo passare una legge che non tutela dalle violenze le persone che non hanno fatto la transizione e sentono di appartenere ad un genere diverso da quello manifestato all’esterno, che senso ha?”.

Qualche detrattore potrebbe però sostenere che allora io domani decida di svegliarmi uomo, il giorno dopo ancora donna e quello successivo “cane”. Come risponde a queste critiche?
“Rispondo che la legge oggi non veniva messa in discussione dal ddl Zan e che non è vero quello che dicevano anche alcuni miei colleghi, ovvero che oggi sono in un modo e domattina cambio sesso. Per cambiare sesso, devi rispettare la procedura della legge. Escludere l’espressione “identità di genere” dal testo, sarebbe significato rendere davvero discriminatoria la legge. Se avessimo tolto la discriminazione per identità di genere, avremmo escluso un’intera categoria di persone. Sicuramente questo concetto è stato spiegato male dalla politica in questi mesi”. 

Renzi non era presente in Aula. Qual è stato il ruolo di IV nella votazione di mercoledì? Rispetto alle unioni civili, per il cui risultato Renzi si è sempre vantato, lei cosa pensa? Anche in quel caso si è trattato di un compromesso al ribasso rispetto al matrimonio egualitario o vanno bene così?
“Nel caso della legge sulle unioni civili, io c’ero e ho votato a favore. Anche lì, ci fu una forte ingerenza vaticana. Tutta la politica, in quel momento disse “intanto approviamo questa legge, poi si vedrà”. Ma il tema, come sappiamo, non è più stato riaperto. È bene ricordare, inoltre che i matrimoni egualitari in Europa sono stati introdotti anche da partiti di destra, come quello di Cameron nel Regno Unito, a dimostrazione del fatto che i diritti civili non sono un tema ad appannaggio della sinistra. Ma io non do tutta la colpa a Renzi. Il leader di IV a luglio ha aperto il fronte del dialogo con il centrodestra, che però aveva soltanto l’interesse ad affossare la legge, come si è visto ieri. Io guardo in casa mia: l’atteggiamento che ha voluto FI non è stato coerente con la propria storia, con la propria natura e vocazione”.

Quindi la tua permanenza in FI è in forse ad oggi?
“Per adesso non è in discussione, ma domani chi lo sa. Di fronte all’affossamento del ddl Zan da parte del mio partito, non potevo però restare immobile senza reagire. Ho fatto quello che ritenevo giusto per coerenza verso me stesso e i valori in cui credo. Quando ho pubblicato la lettera contenente le motivazioni delle mie dimissioni, non mi aspettavo una reazione social così importante. È però un dato confortante perché vuol dire che il problema di una destra liberale è un problema sentito”. 

Cosa pensa del caso Morisi e della macchina mediatica della Bestia da lui ideata? Perché c’è ancora così tanta ipocrisia sull’omosessualità nel centrodestra?
“È un’ipocrisia di fondo che c’è nella politica del nostro Paese, in particolare nella destra. Noi sappiamo che l’omosessualità è diffusa nella società e, in proporzione, lo è anche nella classe politica. È una scelta personale dichiararsi pubblicamente o meno. Ma una scelta più discutibile quella di nasconderlo a se stessi, alla propria famiglia e vivere una doppia vita. Avere questo genere di conflitto ti espone anche a dei rischi. Sinceramente non capisco perché nel centrodestra essere gay sia ancora motivo di vergogna”.

Questo non poteva allora essere uno dei motivi per cui il centrodestra avrebbe dovuto votare il ddl Zan?
“Certo che sì. Questa è una forma di autodiscriminazione. Mi auguro che in futuro ci sarà più apertura a discutere e parlare di questi temi. Io Morisi, per esempio, lo prenderei a lavorare con me. Per quanto mi riguarda, il fatto che Morisi si sia dichiarato omosessuale e abbia ammesso di fare uso di droghe leggere occasionalmente, non costituisce una pregiudiziale per lavorare in comunicazione politica.

La macchina mediatica che ha portato avanti per la Lega e Matteo Salvini? Dovremmo chiederci se è una responsabilità sua o di Salvini. Lui si è occupato soltanto di farla funzionare e renderla efficace, ma le idee che diffondeva erano quelle della Lega. Il suo scandalo è stato usato come scusa dalla Lega e Salvini lo ha addirittura definito “malato”. Berlusconi ha parlato della sua omosessualità come di “un difetto”. Questi giudizi sono il sintomo di una sottocultura maschilista e omofoba”.

Vista la sua vicinanza a Berlusconi, lei sa dirci qual è la sua posizione rispetto al ddl Zan? Crede che la decisione di Forza Italia di votare contro questo disegno di legge sia stato dettata da un appiattimento di FI alla linea intransigente di Lega e FdI?
“Per quello che lo conosco, Berlusconi è sicuramente una persona aperta e che ha frequentato e frequenta tutt’oggi molte persone omosessuali. Allo stesso tempo, però, è stato sempre lui a dettare una linea di contrarietà al ddl Zan in FI, fondata su ragioni che, tra l’altro, non corrispondevano al vero, fra cui la famosa libertà d’espressione. Credo che Berlusconi abbia agito nell’interesse di unità della coalizione di centrodestra, ma questo va in contrasto con le radici di FI”.

Berlusconi candidato a presidente della Repubblica: lo voterebbe?
“Certo che lo voterei. Anzi, sarebbe la cosa più a sinistra che il Parlamento possa fare. L’accusa principale che viene fatta a Berlusconi è di essere indagato. La nostra Costituzione prevede però che il fine della pena sia rieducativo. Berlusconi è stato condannato una sola volta, ha scontato la sua pena ed è stato riabilitato”. 

Invece cosa può dirci di Draghi? Un giudizio sul suo governo?
“Draghi è ancora più a destra di Berlusconi. Rispetterò le indicazioni di partito, e se passasse la linea Draghi, lo voterò. Draghi è oggi a guida di un governo internazionale, di unità nazionale. Fa bene a fregarsene delle dinamiche interne dei partiti. Ritengo però che non possa restare indifferente rispetto alla vicenda di mercoledì.

Il mio augurio? Draghi al Consiglio dei Ministri a varare un decreto legge contro l’omotransfobia, che recuperi lo spirito degli art. 2 e 3 del ddl Zan, cioè la volontà di introdurre nella legge Mancino come ragioni aggravanti dei crimini d’odio sesso, orientamento sessuale e identità di genere. Il Governo lo può e, secondo me, lo deve fare”. 

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