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Associazione InOltre: “Per unirsi davvero contro le correnti, i giovani del PD devono fare autocritica”

Immagine di copertina

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato dell’associazione InOltre – Alternativa progressista.

S&D

Se le correnti del partito hanno prevalso sulle energie migliori e non le si è combattute a sufficienza, vanno indagati i motivi e i limiti che non hanno reso unita la nostra generazione nel contrastarle. Chi vuole ritrovarsi con questo auspicio, intorno a questa tanto “sovversiva” idea di ragionare finalmente per valori e impulsi autenticamente democratici e non per interposte persone o dirigenti, deve fare anche i conti con il proprio percorso. Non c’è ricambio senza questa consapevolezza collettiva. Si rischia altrimenti di dare l’impressione di aver vissuto su Marte fino al 25 settembre scorso e fare le vergini vestali dell’ultima ora, come se un certo sistema di potere non sia stato in un certo qual modo subìto o – direttamente o indirettamente – sorretto.

Ma perché, bisogna chiedersi, lo si è subìto? Perché non si è avuta la forza di denunciare insieme, prima, il suo logoramento? Quali sono i meccanismi territoriali su cui si infrangono i migliori intenti di emancipazione? In tutto questo, sullo sfondo, troviamo chi si è avvicinato a quel sistema di potere solo per trarne benefici che poi non ha ricevuto; chi per ruolo o disciplina di partito ha scelto di non opporsi, risultando accondiscendente; chi ha cercato di conviverci nella speranza di cambiare quelle correnti dall’interno, rimanendone però sopraffatto; chi, cinicamente o “per vocazione”, ha cercato di farsi spazio al loro interno ottenendo candidature per sé o ricoprendo incarichi amministrativi e di partito; chi di fronte a questo sistema è caduto per fare proprie agevolazioni lavorative o ricevere mansioni come “segreterie particolari di”; chi le correnti, invece, le ha respinte fin dall’inizio.

Al netto dell’eterogeneità dei percorsi, se si vuole strutturare qualcosa di diverso, bisogna partire da questa autocritica e capire come uscirne insieme. Nonostante la distanza con alcuni di questi sentieri, non si vuole esprimere di certo un giudizio di valore su chi ha compiuto tali scelte o su chi ha desistito, perché in quel tentativo – per chi conosce la difficoltà per i giovani di farsi spazio fra la gerontocrazia dominante –  si scorge un implicito senso di voler essere in qualche modo determinanti, il che non può essere mai del tutto biasimato, del tutto privo di spinta morale.

Tuttavia, per uscirne compatti, è una riflessione introspettiva quella che dobbiamo fare, così da poterci anche dare una direzione stabile. Insieme a questa analisi, che è più per chi si trova già impegnato nel campo e non ha smorzato la propria voglia di cambiare, si aggiunge la ripresa degli esclusi e dei disillusi. I giovani nella società hanno perso il senso di questo impegno. D’altra parte abbiamo la libertà economica negata, l’impossibilità di progettare il futuro, un macigno che costringe la nostra generazione a rivedere le proprie priorità, perdendo il senso della cosa pubblica. Il fatto di non sentirsi più decisivi o propensi ad aggregarsi per incedere in qualcosa che sembra più grande di noi.

Ma è davvero così più grande di noi? Ci siamo davvero cimentati, o abbiamo sognato con tutta la nostra libertà di pensiero e organizzazione, per un esito diverso? Piegandoci e dividendoci in questo, un insieme di solitudini è aumentato contro il fronte di chi, insieme a noi, quelle energie voleva moltiplicarle. Dobbiamo chiederci dove sono stati i nostri errori, e quali sono oggi le nostre possibilità. Andare a fondo dei problemi e delle soluzioni, tracciare una linea programmatica e valoriale, che non si riduca alla semantica dei titoli che abbiamo visto circolare nella campagna nazionale PD di queste elezioni politiche. Questo può partire solo da una discussione serrata e schietta fra chi sente di voler cambiare lo stato delle cose. Una discussione che richiede tempo e non la rincorsa di contesti mediatici, seppur importanti.

Solo se saremo liberi e avremo voglia di studiare i problemi, altri si avvicineranno alla lotta. La parola “studium” significa, non a caso, “fatica” e “passione”: perché, dopo la fatica, scatta la passione. Ma soprattutto perché solo ciò che è realmente libero e democratico può attrarre partecipazione ed essere vivacemente accessibile anche a chi sta fuori di noi. È alla nostra portata, se lo vogliamo.

Associazione InOltre

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