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Al via il risiko del Quirinale: la corsa al Colle tra tattiche e bluff (di S. Mentana)

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Se c’è la candidatura dell’amico Giulio, la mia non esiste», «Se c’è la candidatura dell’amico Arnaldo, la mia non esiste». È con questo immaginario scambio di battute che Paolo Sorrentino nel suo film Il Divo ha immaginato un confronto tra Andreotti e Forlani, entrambi in odor di Quirinale, alla vigilia del voto per il Presidente della Repubblica del 1992, in quella che sarebbe stata una delle più lunghe e difficili elezioni di sempre. E così, oggi, tra candidature vere e fittizie, tra tattiche, manovre e bluff, ci avviciniamo al voto del 2022 per scegliere il successore di Sergio Mattarella.

S&D

L’elezione per il Quirinale necessita tradizionalmente di una delicata preparazione e di una costruzione di candidature che non solo abbiano un consenso largo abbastanza da ottenere l’elezione, ma che siano anche in grado di evitare il dissenso prima di tutto interno, quello dei famigerati “franchi tiratori”, tra le più temibili figure del Parlamento italiano, in grado di affossare oggi una legge, domani una candidatura al Quirinale. E non solo domani. Ci sono illustri precedenti, gli ultimi risalenti alla travagliata elezione del 2013, in cui nel segreto dell’urna vennero affossati prima Franco Marini e poi Romano Prodi, entrambi in primis dai parlamentari del loro partito, il Pd. Con l’intera assemblea nel panico, si arrivò all’insolita rielezione di Giorgio Napolitano, un unicum nella storia italiana che racconta anche molto su un Parlamento che all’epoca rinunciò a fare la sua parte: rieleggendo Napolitano, infatti, Camera e Senato ammisero di fatto di non voler esercitare il proprio ruolo, facendosi di fatto commissariare dal bis del Presidente della Repubblica. Un unicum che Mattarella farà in modo che resti tale, non cedendo alle sirene che lo vorrebbero ancora al Colle come soluzione comoda.

E oggi? Ci apprestiamo a un voto che avrà come sempre nodi da sciogliere, tattiche e bluff, legati soprattutto al delicato equilibrio dell’attuale maggioranza che sostiene il governo Draghi, divisa su tante cose ma compatta nel sostegno all’ex presidente della Bce. Prevarrà la volontà di preservare la sua presenza a Palazzo Chigi, o piuttosto il fatto che solo su Draghi, ad oggi, i partiti sembrano pronti a trovare una rapida intesa anche per il Quirinale? Ma in quest’ultimo caso ci sarà qualcuno pronto a prendersi la responsabilità di averlo allontanato dalla guida dell’esecutivo e, soprattutto, di sostituirlo dopo averlo ritratto come la panacea ai mali d’Italia? Sarà sacrificato sull’altare del Quirinale in nome di nuove elezioni? Oppure, a sorpresa, Draghi sarà completamente estraneo alla partita? Stiamo entrando in un terreno inesplorato in cui tutto è possibile. Benvenuti a tutti, il grande gioco delle elezioni per il Quirinale sta iniziando.
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