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Erdogan non è imbattibile: ma il futuro del leader turco e dell’Akp è ancora tutto da scrivere

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Erdoğan non è imbattibile. È questo il messaggio che “suona forte” dalle elezioni amministrative di domenica in Turchia. Elezioni che segnano la prima, importante, e per molti inattesa, sconfitta per il presidente turco e il suo Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) da oltre vent’anni stabilmente al potere. Ci eravamo chiesti, nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni, quale ruolo avrebbero potuto giocare le città di Istanbul e di Ankara in questa tornata elettorale, dove il sindaco uscente Ekrem Imamoglu, candidato del Partito repubblicano del popolo (Chp), pareva essere favorito alle urne rispetto al candidato del Partito giustizia e sviluppo (Akp), l’ex ministro dell’ambiente Murat Kurum.

S&D

Avevamo anche scritto come la Turchia di Erdoğan avesse raggiunto importanti obiettivi in politica estera in questi ultimi anni, arrivando a mediare tra Russia e Ucraina il “corridoio del grano”, per l’esportazione di prodotti alimentari verso – soprattutto –  i Paesi del Sud Globale. La “narrativa” turca, insomma, è stata alimentata con forza costruendosi un ruolo di primo piano come media potenza regionale. Inoltre, dopo il 7 ottobre, la Turchia è stata teatro di manifestazioni di piazza a sostegno della causa palestinese. E in politica interna? Sul piano economico, il governo ha proseguito nel nuovo corso intrapreso a giugno 2023, ma i risultati non sono stati esaltanti. L’inflazione ha continuato a crescere e a impattare in maniera forte sulle condizioni di vita delle classi medio-basse.

I risultati delle elezioni di domenica confermano la sofferenza in politica interna di Erdoğan. Il “vento del cambiamento” ha dunque iniziato a soffiare su un Paese in cui la crescente insoddisfazione per la difficile situazione economica si è tradotta in un voto di protesta nei confronti del presidente e del suo governo. Si apre poi un ulteriore fase di riflessione legata alla futura leadership turca e all’Akp. Il partito di opposizione Chp ha conquistato tutte le principali città della Turchia.

“Purtroppo non abbiamoottenuto il risultato che volevamo”. Nella notte di lunedì, attraverso un discorsotrasmesso dalla TV di stato dalla sede del partito Giustizia e Sviluppo (Akp) di Ankara il presidente Recep Tayyip Erdogan ha ammesso la sconfitta alle elezioni amministrative di domenica dopo che i candidatidel suo partito hanno perso in tutte lemaggiori cittàdel paese. Sconfitta cocente, quindi, che coinvolge anche le regioni un tempo roccaforti del partito del presidente e che arriva a meno di un anno dalla rielezione di Erdogan per un nuovo mandato alla guida del Paese.

Alle elezioni presidenziali del 2023 i consensi per Erdoğan erano stati maggiori nelle periferie che nelle grandi città. Ci eravamo chiesti se ci fosse stato il rischio che il voto potesse rappresentare una sorta di referendum verso il capo dello Stato (visto che lo scorso anno vinse il ballottaggio presidenziale con un vantaggio di pochi punti percentuali). La risposta, anche stavolta, pare netta e inequivocabile. I numeri parlano chiaro: l’Akp continua a dominare nella parte centrale del paese e nelle aree del sud-est. Ma mentre il partito filo-curdo Dem ha vinto in gran parte del sud-est, ampie zone dell’ovest, del sud e del nord sono passate sotto il controllo del Chp che ha vinto a Izmir, Ankara, Adana e nelle località di Antalya, Bursa e Balikesir, la quarta città più grande della Turchia. A Istanbul, il sindaco Imamoglu ha staccato il candidato di opposizione dell’Akp di dieci punti, oltre un milione di voti. Insomma il Chp ha vinto in 36 comuni su 81.

“Chi governa Istanbul governa la Turchia” è stato per anni uno dei mantra preferiti di Erdoğan, che ha però smesso di ripetere questa frase dopo la sconfitta del 2019, subita nei confronti del candidato del partito repubblicano Chp, Ekrem Imamoglu. La strategia di portare avanti l’ex ministro dell’ambiente Murat Kurum, fedelissimo del presidente e uno dei rappresentanti più in vista della seconda generazione del partito, non ha pagato. Dal 2018 a giugno 2023 ha ricoperto il ruolo di ministro dell’ambiente, Kurum per anni è stato anche il responsabile di programmi di rinnovamento edilizio nelle due più grandi città della Turchia e dopo i terremoti devastanti del febbraio scorso il tema è molto “caldo” nel dibattito pubblico del paese. Accelerare i programmi di rinnovamento edilizio? Sì, e la scelta di Kurum andava proprio in questo senso.

La prima pesante sconfitta che l’Akp subisce da quando Erdogan è salito al potere, 21 anni fa, contiene un messaggio che il presidente non può permettersi di ignorare anche se difficilmente il terremoto politico delle elezioni amministrative avrà ricadute immediate sulla scena politica nazionale. Non ci sono scadenze importanti da qui alla fine della legislatura tra quattro anni e fino ad allora Erdogan cercherà di rafforzare la sua rete di alleanze. Il futuro, insomma, è tutto ancora da scrivere.

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