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Quando certa politica imbonitrice è peggio di Wanna Marchi

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Mi sono sempre chiesto perché così tanta gente riesca a farsi infinocchiare da un’infinità di raggiri che passano dalle banche canaglia alle madonne che sanguinano, dalla chiromanzia alle figure come Wanna Marchi. In questi casi il danno si circoscrive alle decine di migliaia di persone fisiche che purtroppo abboccano per un’infinità di motivi sintetizzati in tre capisaldi: la disperazione, la cupidigia e la paura. Spesso è l’ignoranza la conditio sine qua non, attraverso la quale, i tenutari delle suddette discipline fraudolente, si appoggiano per i loro affari ma, in ogni caso, i danni saranno circoscritti esclusivamente alle persone che si lasciano infinocchiare.

S&D

Un discorso profondamente diverso è quando l’imbonimento invade le politiche in un contesto democratico. Quando ogni voto, ogni preferenza ha lo stesso valore per tutti si rischia che l’ingenua illusione di pochi possa coinvolgere, condizionare, danneggiare il futuro di tutti. Nel secolo scorso, la storia ha conosciuto due imbonitori devastanti il cui egocentrismo ha portato il mondo sull’orlo del tracollo, e mentre la loro tragica follia aveva origine da un efficientissimo delirio di onnipotenza, la farsa politica di oggi prende le fattezze di Wanna Marchi.

La Lega di Bossi, mentre aizzava una parte del nord contro il resto di un’Italia che guardava incredula le sue manifestazioni tribali, attraverso persone con le corna in testa che versavano ampolle di acqua del Po su altre teste, insieme ad altri che dicevano di avercelo duro, iniziava a portare fuori i soldi con investimenti in Croazia, per un villaggio turistico da chiamarsi “Skipper”, amministrato da capoccioni leghisti, ad uso e consumo esclusivo dei leghisti, infrastruttura in bancarotta prima ancora di essere inaugurata.

I soldi in Tanzania, i diamanti, i lingotti d’oro, le triangolazioni offshore, i soldi all’università albanese dove i figli di Bossi si sono laureati e infine i quarantanove milioni di soldi pubblici, decretano la fine della Lega Nord. Ed ecco, come d’incanto, la nuovissima Lega per Salvini, senza più un debito da saldare con la giustizia e col popolo italiano, pronta ad iniziare un nuovo percorso.

La Lega di Salvini considera la porzione di Nord che ancora credeva nella Lega di Bossi decrescente e insufficiente per un successo su scala nazionale e allora si pensa di cambiare nemico inglobando il putribondo invasore “terrone” per una lotta sinergica contro l’immigrato. Il “terrone” ci casca e Salvini prende voti anche nel resto d’Italia. Salvini passa dal “Prima il Nord” al “Prima gli Italiani” e, mentre promette l’eliminazione della Fornero e delle tasse, inizia a frequentare Mosca dove i suoi sodali provano a spillare una tangente sulle forniture petrolifere ai russi.

Salvini continua a girare l’Italia stringendo in mano rosari e crocifissi, parlando di figli e famiglia, mentre il suo senatore Armando Siri, indagato per autoriciclaggio, è fuori dal governo. Mentre il tesoriere leghista, il cui cognome non lascia scampo, viene condannato a due anni con rito abbreviato per peculato e interdizione perpetua ai pubblici uffici, mentre Attilio Fontana “scuda” i soldi di “mamma” dalle Bahamas in Svizzera, Salvini non è più in grado di tenere i voti dei meridionali e, attraverso il “Ponte”, prova a farli tornare sui loro passi da chi è in grado di farlo.

Oggi ha il cognato e il suocero agli arresti domiciliari per ipotesi di corruzione in cui dovrebbe essere coinvolta l’ANAS, la punta dell’iceberg delle nostre infrastrutture, e Salvini, Ministro delle Infrastrutture, afferma che la cosa non riguarda né lui, né il popolo italiano, al quale dovrebbe riferire. Considero Wanna Marchi un personaggio geniale e coerente che ha scontato in piena dignità la sua colpevolezza ma allo stesso tempo affermando che se non fossero esistiti tutti quegli imbecilli che le hanno creduto, il problema non sarebbe esistito per nessuno. Può darsi che Salvini non c’entri con i suoi parenti ma, mettendomi nei panni di colui che l’ha votato, non mi sentirei nemmeno di rischiare di sentirmi quell’imbecille che gli ha creduto.

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