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Home » Opinioni

Non solo storia e bellezza: i beni culturali sono il nostro soft power

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Credit: Ansa

Quando nel 1908 Pierre de Coubertin volle provare a dare una svolta ai Giochi Olimpici dopo l’edizione poco soddisfacente di Saint Louis, scelse quella che riteneva essere l’unica città che per storia e bellezza avrebbe potuto riproporre quel clima di entusiasmo che si era creato ad Atene nei primi Giochi dell’era moderna.

Quella città era Roma, anche se una serie di vicissitudini e dissidi portò la capitale italiana a fare un passo indietro, lasciando che l’edizione delle Olimpiadi del 1908 si svolgesse a Londra. La mentalità del barone de Coubertin, però, spiega chiaramente una cosa: la storia e i beni culturali non rappresentano solo un patrimonio da studiare, ma sono in grado di esercitare un soft power che può essere fondamentale per la politica di un Paese, contribuendo a determinarne scelte strategiche.

Nelle relazioni internazionali di oggi è molto importante per ogni Paese non solo scalare le classifiche del Pil o inviare militari nelle zone più calde, ma anche mostrare i propri valori e la propria cultura, che possono diventare strumenti di potere gentile, come teorizzato dal politologo statunitense Joseph Nye. Per quanto non tutti siano convinti della validità di questa teoria, sempre più Paesi stanno investendo in questo senso, promuovendo la propria cultura nel mondo: pensiamo soltanto che la Francia ha stretto un accordo con gli Emirati Arabi per concedere il nome Louvre a un museo di Abu Dhabi, e che sempre più Paesi investono nella propria rete di istituti di cultura in giro per il mondo o in emittenti all news internazionali che, tra le altre cose, promuovono i valori della propria terra.

E per una terra come l’Italia, prima al mondo per patrimoni dell’umanità Unesco e protagonista di una parte importante di storia del mondo, oltre alla testimonianza del nostro passato e a un esempio di genio e di bellezza, i nostri beni culturali e la loro tutela rappresentano anche un’immensa opportunità di far valere il nostro soft power, soprattutto dopo anni in cui i nostri governi hanno messo in secondo piano la politica estera. Pensiamo all’immagine dei grandi della Terra che lanciano le monetine nella fontana di Trevi: al di là delle loro decisioni politiche o del fatto che qualcuno ha visto nel gesto un momento un po’ naïf, in quel momento l’arte italiana ha fatto da quinta a un vertice di altissimo profilo, promuovendo la nostra cultura, apprezzata in tutto il mondo, sullo scacchiere internazionale.

Ma perché ciò possa essere preso in considerazione, serve che l’Italia creda nel proprio patrimonio, lo tuteli e lo promuova, preservandolo da rischi che comprendono anche i cambiamenti climatici, proprio quelli su cui i grandi del mondo stentano a trovare una quadra. La politica è ovunque, in Parlamento, all’Onu o in mezzo ai monumenti: l’importante è che ci sia qualcuno che la sappia fare.

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