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Non ci resta che un capolavoro politico (di G. Gambino)

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Quando ci saremo definitivamente tolti dalle scatole la malattia politica del Berlusconismo e l’eterna ricorrenza ai governi tecnici, allora forse, ma solo forse, l’Italia potrà esser degna d’essere insignita del titolo di “Paese dell’anno”, con buona pace delle marchette neo-liberiste di The Economist. Il termometro della stagnazione politica italiana segna sempre zero, ben più grave di sia pur importanti indicatori economici.

Siamo nel 2022 e uno fra i capolavori involontari del governo Draghi è stato quello di aver reso nuovamente potabile, o quanto meno discutibile, un uomo fino a sei mesi fa “politicamente morto” quale Silvio Berlusconi. Boutade? Fumo negli occhi? Sta di fatto che per settimane non si è parlato di altro. Quando torneremo a esercitare la democrazia nel pieno delle sue funzioni (con un governo politico espressione di una maggioranza eletta dal popolo in Parlamento) e quando saremo fino in fondo una Repubblica parlamentare con un Presidente della Repubblica garante della Costituzione anziché un presidenzialismo di fatto e un capo dello Stato che ogni settennato di più assume poteri straordinari rispetto al ruolo che gli spetta, allora forse potremo dirci un Paese un po’ più normale.

Non stupitevi, infatti, se oggi il centrodestra reclama il “suo turno” per il Colle dopo Mattarella, sintomo del fatto che anche il Quirinale al di là della sua aura istituzionale ha una inclinazione politica (mentre invece non dovrebbe mai averne una). È tutto un dare e avere, in questo Paese, un equilibrio da tenere in piedi. Il centro sinistra invece ha completamente rinunciato a rappresentare il proprio popolo, una maggioranza giallo-rossa in Parlamento oggi non esiste più, e per questo non può esistere un candidato di area. L’unica opzione? Draghi. Oppure sperare nel miracolo. Quale? Il Mattarella bis. Opzione altamente improbabile perché l’attuale inquilino del Quirinale ha più volte ribadito di non voler rimanere sul colle più alto, e poi perché le attuali forze politiche dovrebbero tutte quante insieme collegialmente chiedere al presidente uscente di rimanere.

Certo, ci sarebbe non poco da ridere se il capo dello Stato eletto sette anni fa (con un capolavoro politico dall’allora maggiormente lucido Matteo Renzi) venisse oggi riconfermato, con un altrettanto capolavoro politico, da Letta, Conte e Speranza insieme al resto del Parlamento. Sarebbe senza dubbio la miglior via d’uscita e la più sensata risposta alla situazione pandemica. Pensateci: con 400 e passa morti al giorno, val seriamente la pena di impelagarci in una crisi istituzionale e di governo, quindi parlamentare, per perder tempo con consultazioni e salamelecchi vari in Transatlantico? Per far che? Per sbattere la testa fin quando SuperMario non è eletto al Colle e al Governo non ci va Cartabia/ Franco/Giorgetti? Suvvia, Draghi è il migliore dei migliori, l’impresa l’ha iniziata, ora rimanga in piedi e faccia il suo dovere fino al 2023.

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