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L’Italia che condanna Mimmo Lucano e lascia impuniti i colletti bianchi (di V. Magrelli)

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Confesso che da anni, dopo una brutta avventura finita in tribunale (pur senza riguardarmi), non firmo più sottoscrizioni. Talvolta, però, capita di fare un’eccezione. È stato il caso di una mobilitazione francese in favore di Mimmo Lucano, sindaco di Riace condannato a 13 anni di prigione e 500mila euro d’ammenda per la gestione del flusso di migranti nel suo paese. Intendiamoci: non ho certo dimenticato la leggerezza con cui i cugini transalpini giudicarono il terrorismo italiano, considerando il nostro Stato simile al regime di Pinochet.

Tuttavia ora la questione è diversa. Se non so come siano andate le cose da un punto di vista giuridico, ma so che in quegli stessi giorni un assassino (peraltro uno dei tanti) usciva dal carcere dopo appena 10 anni di detenzione. Probabilmente è giusta, la pena comminata a Lucano per “frode, abuso di beni sociali, frode a danno dello Stato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Però ritengo che sanzioni del genere siano assurde, in un Paese devastato dall’impunità, dove non si è mai visto un banchiere dietro le sbarre. In questo caso vale l’adagio summum ius summa iniuria, ossia «Il massimo diritto rappresenta la massima ingiustizia» usato da Cicerone (De Officiis I, 10) e già presente in Terenzio. Con tale aforisma si vuole affermare che «l’uso rigoroso e indiscriminato di un diritto o l’applicazione rigida di una norma può diventare un’ingiustizia».

Lucano è stato accusato di aver organizzato matrimoni di convenienza, per aiutare le donne a cui è stato rifiutato l’asilo, e di non aver messo in gara la gestione dei rifiuti, assegnandola a cooperative legate a migranti. Intervistato da Le Monde, l’imputato ha spiegato che le sue iniziative hanno fatto ripartire l’economia della cittadina. Non per niente, nel 2016, la rivista Fortune lo ha classificato tra le 50 personalità più influenti del pianeta, e il regista tedesco Wim Wenders gli ha consacrato un cortometraggio. Lo scrittore francese Francis Combes si è dichiarato costernato davanti alla «stravagante severità della sentenza», peraltro superiore alle richieste dell’accusa, e oltretutto rivolta a un uomo che – a detta dello stesso tribunale – non si era affatto arricchito personalmente. Da qui l’idea di un appello che, con oltre 6mila firme, è culminato il 17 novembre in una riunione alla Bourse de Travail di Parigi, alla presenza dello stesso Lucano e di 700 partecipanti.

All’iniziativa sono seguite la proiezione del film Un village en Calabre, di Shui Aiello e Catherine Catella, e la nomina del nostro compatriota a cittadino onorario di un comune francese, Chazemais nell’Allier. Il tutto per approdare a Terre d’humanité/Un chœur d’artistes pour Mimmo, libro di testimonianze edito dal Merle moqueur per ricordare qualcosa che, ci si augura, non debba più accadere.
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