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    Caso Gerry Scotti: se i giornaloni ritengono più credibile un ufficio stampa di un giornale (di G. Gambino)

    Illustrazione di Emanuele Fucecchi
    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 18 Nov. 2020 alle 12:35 Aggiornato il 18 Nov. 2020 alle 14:31

    Era mercoledì scorso quando, uno dietro l’altro, tutta la grande stampa ha riportato la smentita del ricovero in terapia intensiva di Gerry Scotti, notizia che aveva anticipato TPI. Fonte di quella smentita: l’ufficio stampa di Scotti. Nulla di male, atto doveroso. Una settimana dopo, cioè oggi, tutti ritornano su quella notizia per riprendere un’intervista al Corriere dello showman. In cui dice: non ero propriamente in terapia intensiva, ero di fianco a una sala in terapia intensiva, fra l’altro quasi a voler stigmatizzare a tutti i costi una condizione di fragilità e debolezza che oggi riguarda migliaia di italiani.

    Al che un lettore qualsiasi rischia di non capirci nulla. E questo è stato senz’altro l’obiettivo (in parte centrato) dell’ufficio stampa: buttarla in caciara per oscurare la verità sul caso Scotti. Che è anche un caso di giornalismo italiano. Non è chiaro cosa intenda Scotti quando dice che è stato messo lì, di fianco a una sala di terapia intensiva e non accanto agli intubati, per non essere spaventato troppo (come si può evincere dalle parole che ha rilasciato questa mattina a Radio Deejay, vedi video di seguito) ed è giusto concedere a lui come a chiunque altro il ragionevole dubbio che le sue parole siano state mal interpretate, oltre ad augurargli ogni bene e una pronta guarigione.

     

     

    Ma il punto è un altro. Riavvolgiamo il nastro: il 26 ottobre TPI anticipa la notizia che Scotti è positivo. Mezz’ora dopo lo scrive lui stesso, ma lo fa come se si trattasse di un annuncio personale e non di una reazione alla notizia che nel frattempo stava già iniziando a galoppare. Una conferma. Stesso copione del caso Rocco Casalino. Il 10 novembre si scopre che Scotti sarebbe ricoverato in terapia intensiva. TPI lo scrive, e anche in questo caso anticipa una notizia, che trapela da fonti riservate e qualificate, senza mai indugiare sullo stato di salute di Scotti e anzi augurandogli una pronta guarigione.

    Succede però che l’ufficio stampa smentisca quella notizia. E che tutti gli vadano dietro. Strano ma vero. Legittimo dare peso a entrambe le versioni – la notizia (se credibile) e una eventuale smentita (se credibile) – ma non certo propendere unicamente per quella di chi deve curare l’immagine dello showman. Così il centro della notizia, cavalcata da tutti i grandi quotidiani italiani, e avvalorata oggi ancora di più dalla intervista ammissione-non ammissione di Scotti al Corriere, diventa un ufficio stampa che smentisce una notizia.

    Mi chiedo, e rivolgo questa domanda anche a voi lettori, fuor di polemica: non c’è un cortocircuito se i grandi giornali italiani (non i lettori) ritengono più credibile un ufficio stampa di un giornale?

    Non c’è qualcosa che non va se danno retta più a un ufficio stampa che a una notizia fatta trapelare non una ma ben due volte (e poi rivelatasi vera) da un giornale forse non grande come il loro in quanto a volumi e dimensioni ma certamente libero, indipendente e trasparente?

    I giornaloni sono tradizionalmente restii a indicare la fonte di una notizia, ma si rivelano poi particolarmente solerti ad additarla, quella stessa fonte, se la notizia in questione viene screditata come falsa (e in questo caso nemmeno lo era). C’è un problema o no, dunque, nelle relazioni tra giornali, uffici stampa e quelle che possono essere considerate notizie?

    Auguri di pronta guarigione a Gerry Scotti, che a questo punto ci auguriamo vorrà chiarire pubblicamente che TPI non ha mai dato una notizia falsa.

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