La democrazia muore nelle tenebre delle oligarchie

Il 2025 è un anno di grandi opportunità e di grandi incognite.
In primo luogo perché l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il cui ritorno è stato da molti a lungo temuto e da altrettanti particolarmente atteso, porta nuove insidie sullo scenario internazionale.
Da un lato il mondo in fiamme ha bisogno di qualcuno in grado di domare l’incendio, dall’altro l’eccesso di potere nelle mani di un solo uomo (che spadroneggia a fronte delle debolezze politiche globali altrui) mette a rischio la democrazia e il sistema democratico nella sua complessità.
Tanto più, poi, se il vero presidente ombra della nuova amministrazione Usa si chiama Elon Musk. Alla cui corte accedono pochi eletti, tutti con una sola caratteristica: la totale sottomissione all’uomo del momento. Trump, Meloni, Milei, Orban e la destra internazionale in ascesa in Europa sorretta da un unico grande dogma: il proto-tecnico per eccellenza che scavalca la politica, e la politica che rischia di abdicare completamente all’oligopolio di un uomo che oggi controlla sempre più il mondo; una tale concentrazione di potere che solleva diversi interrogativi.
Dall’automotive allo spazio passando per la comunicazione, Musk detiene infatti le “leve” imprescindibili per stare sui tavoli che contano: il controllo sulla sicurezza informatica tramite un‘articolata rete di satelliti criptati che nessun’altra azienda al mondo è in grado di vantare (e nemmeno uno Stato); il controllo sull’informazione.
Da entrambe queste “leve” dipendono relazioni, quindi accordi e contratti, nonché enormi consensi. E dati. Miliardi su miliardi di dati.
Musk incarna alla perfezione un modello di leadership in cui l’influenza del singolo (se stesso in questo caso) supera i confini dell’azienda che ha creato.
Ma se tutto questo può essere visto come un vantaggio, senz’altro per le sue tasche, non può dirsi lo stesso per quanto riguarda la concorrenza e l’innovazione.
Il dominio pressoché assoluto di Musk rischia di strozzare la concorrenza rendendo di fatto quasi impossibile per qualunque altra impresa di emergere e innovare.
Da sempre i monopoli rallentano il progresso, spostando il potere decisionale su investimenti e strategie nelle mani di un unico individuo. Questo è un problema.
Di più: Musk usa la sua piattaforma di comunicazione per aggirare giornali e stampa, erodendo lo spazio destinato all’informazione, che peraltro attacca non appena può; questo atteggiamento crea un vortice pericoloso giacché Musk, rivolgendosi a milioni di persone senza filtro, influenza mercati finanziari, politiche aziendali e dibattiti pubblici.
C’è infine un ultimo aspetto preoccupante nella debolezza della politica che delega la propria capacità di visione alle doti di un singolo uomo: affidare settori strategici a una sola figura, benché da tutti considerata geniale, amplifica il rischio di errori, aumentando le decisioni unilaterali e la concentrazione del potere.
I sistemi liberal-democratici funzionano al loro meglio quando il potere è distribuito, evitando che l’interesse del singolo prevalga su quello collettivo. Se è infatti chiaro l’enorme contributo di Musk all’innovazione, ugualmente preoccupante è l’assenza di una regolamentazione più rigorosa e stringente volta a evitare tutto questo. Anche in questo senso, dunque, la corte di Elon non è un buon segnale per l’umanità.