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Il voto in Sardegna non è solo una questione locale

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Il voto in Sardegna può sembrare una questione di natura esclusivamente locale, ma la storia insegna che in tante occasioni ha avuto risvolti degni di nota sulla politica nazionale: le elezioni regionali del 25 febbraio scorso vinte, seppur con un margine ridotto, da Alessandra Todde, candidata espressione del Movimento Cinque Stelle sostenuta anche dal Partito Democratico e altre forze del centrosinistra, può essere uno di questi casi.

S&D

Non solo perché l’alleanza PD-Cinque Stelle fino a oggi era sempre uscita sconfitta dalle regionali, mentre questa volta vince e regala ai pentastellati la prima presidenza di regione della loro storia, non solo perché il centrosinistra ha strappato per la prima volta una regione al centrodestra da quando nel 2015 Vincenzo De Luca sconfisse Stefano Caldoro in Campania, non solo perché la vittoria di Alessandra Todde è arrivata nonostante un pezzo di centrosinistra abbia sostenuto Renato Soru e il centrodestra fosse unito, ma anche per una serie di conseguenze che questo voto potrebbe avere sulla compagine di centrodestra oggi al governo.

Gli errori della destra

Il centrodestra ha accompagnato il percorso verso l’appuntamento elettorale con una grande domanda: ricandidare il presidente uscente Christian Solinas o no? La domanda, tuttavia, non sembrava legata più di tanto all’operato di Solinas, alla sua popolarità o altri elementi locali, quanto a un equilibrio interno al centrodestra nazionale, con Fratelli d’Italia a far battaglia per avere più presidenti di regione e riadeguare gli equilibri di cinque anni fa, quando Matteo Salvini era leader indiscusso del centrodestra italiano. Ma oggi le urne parlano di rapporti di forza diversi, e il partito di Giorgia Meloni sembra volerli mettere sul piatto, a partire dalla Sardegna dove ha premuto per candidare il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, fedelissimo della presidente del Consiglio. Dopo un lungo braccio di ferro, un’indagine sul conto di Solinas, esponente del Partito Sardo d’Azione – strettissimo alleato della Lega sull’isola – ha contribuito a portare la scelta sul primo cittadino di Cagliari.

La scelta di Truzzu, tuttavia, non è risultata vincente come sperato da Fratelli d’Italia, e questo non solo per la sua sconfitta a livello regionale, quanto per il dato schiacciante del solo comune di Cagliari di cui Truzzu è sindaco, con Alessandra Todde che supera lo sfidante con oltre 18 punti percentuali di scarto a fronte di uno 0,4 di vantaggio su base regionale. A questo si aggiunge il fatto che i cagliaritani saranno chiamati in primavera a scegliere il loro nuovo primo cittadino, con Truzzu che potrebbe teoricamente correre per un secondo mandato, ma dopo questo risultato sarà difficile si presti a quella che rischia di essere una disfatta, e dopo il dato nel capoluogo il rischio è che nessuno nel centrodestra voglia mettere la faccia nella corsa al comune che rischia concretamente di essere una sconfitta annunciata: un elemento che aggiunge peso all’errore politico di Fratelli d’Italia e dei suoi alleati sardi.

L’impressione è che nel centrodestra la volontà di soppesare gli equilibri interni non abbia fatto i conti con il sentimento e la volontà popolare dei sardi.  Questo, tuttavia, può aprire uno scontro interno alla maggioranza di governo, dove la Lega sta cercando di uscire sempre di più dall’angolo con i sondaggi che la danno sotto la soglia psicologica del 10 per cento, ben lontano dal 34 per cento delle Europee del 2019, e con la necessità di differenziarsi dalla Meloni in testa ai sondaggi per poter rendere riconoscibile e forte la sua proposta politica. Ad oggi non sembra facile, ma l’errore di Fratelli d’Italia in Sardegna, avvenuto a discapito del suo candidato Solinas, può dare a Salvini un’arma in più.

I rischi verso il voto in Abruzzo

C’è però un altro elemento da non sottovalutare: il 10 marzo arriva un altro voto regionale, stavolta in Abruzzo, dove l’uscente Marco Marsilio, storico esponente di Fratelli d’Italia, cerca la riconferma contro Luciano D’Amico, sostenuto quest’ultimo da un campo largo più largo che mai che va dal PD ai Cinque Stelle passando per Azione, Italia Viva e Fratoianni. Uno scontro a due, senza terzi incomodi di alcun genere, che può facilmente trasformarsi in un referendum non tanto sull’amministrazione abruzzese quanto sul governo, reduce dalla sua prima vera sconfitta elettorale e che così può rischiare di trovarsi in un uno-due dagli effetti potenzialmente indesiderati a pochi mesi dalle europee. A rendere la situazione più complessa il fatto che Marsilio, così come Truzzu, è un fedelissimo di Giorgia Meloni e per la premier due sconfitte dei suoi in poco tempo, in un momento in cui sta cercando di assicurarsi candidature in diverse regioni chiave italiane, può avere un effetto anche sui rapporti con gli alleati, Salvini in primis.

La mappa del voto

Tornando però in Sardegna, il dato che ha portato alla vittoria di Alessandra Todde con uno scarto di appena lo 0,4 per cento su Paolo Truzzu merita un approfondimento specifico, perché dal punto di vista territoriale si notano molte differenze rispetto al tradizionale scontro destra-sinistra dei tempi recenti. Primo tra tutti, anche la Sardegna conferma la tendenza secondo cui il centrosinistra si afferma nei grandi centri urbani e il centrodestra nelle campagne e nelle aree densamente abitate. Un’analisi pubblicata da Youtrend, ad esempio, ha mostrato come nei soli comuni capoluogo Todde abbia ottenuto il 51,6 per cento contro il 36,7 di Truzzu, il quale tuttavia conduce 48,2 a 43,2 nell’insieme di tutti gli altri comuni. Una spaccatura che si è poi riflessa nel testa a testa finale.

Andando però a vedere la mappa, si vedono molti sommovimenti. Cagliari, così come numerosi comuni vicini, a partire dal popoloso Quartu Sant’Elena, sono stati storicamente roccaforti del centrodestra, ma in questa occasione Todde si è saputa imporre con ampio margine in queste aree. Diversamente la Barbagia, storicamente legata a una tradizione di sinistra, ha visto molti comuni vinti da Truzzu, divenuto il candidato più votato della provincia di Nuoro e aggiudicatosi anche comuni dalla forte tradizione di sinistra come Orgosolo (il centrosinistra guidato da Romano Prodi nel 2006 vi ottenne addirittura l’81 per cento).

A livello di liste, il Partito Democratico è risultato la lista più votata con il 13,8 per cento, seguito da Fratelli d’Italia al 13,6, il Movimento 4 Stelle al 7,8, i Riformatori Sardi al 7,1 e Forza Italia al 6,3.

PD e Cinque Stelle: stavolta l’alleanza ha funzionato

Alla luce della vittoria, arrivata anche in barba alla maggior parte delle aspettative, da parte di Alessandra Todde con il sostegno di una coalizione a trazione PD-Cinque Stelle, molte analisi sono arrivate intorno all’opportunità di trasformare questa alleanza in qualcosa di più strutturato che in un patto di comodo temporaneo. Ci sono però alcuni elementi di cui tenere conto che dimostrano, in realtà, come sia riduttivo nel caso sardo parlare del successo (che in questo caso c’è evidentemente stato) di questa alleanza. Todde, infatti, nonostante questo accordo, ha saputo vincere comunque con un centrosinistra diviso, con pezzi che hanno sostenuto la candidatura di Renato Soru, e soprattutto nonostante il centrodestra, oggi maggioranza nel Paese, abbia corso unito.

La politica insegna infatti come un’alleanza sia qualcosa di più profondo di una semplice somma aritmetica tra i voti dei suoi contraenti, e proprio le alleanze PD-Cinque Stelle alle regionali lo insegnano. I due partiti, infatti, nelle sei occasioni precedenti in cui avevano corso fianco a fianco non erano mai riusciti a vincere, e il miglior risultato ottenuto fu la sconfitta in Liguria nel 2020, dove il candidato unitario Ferruccio Sansa venne sconfitto da Giovanni Toti 56,1 a 38,9: uno scarto di quasi venti punti.

Tuttavia, come detto, le alleanze non sono semplice aritmetica e Todde ha saputo interpretare la possibilità di aprire una nuova fase politica nell’isola, soprattutto mentre il centrodestra era impegnato in uno scontro tra alleati per decidere quale partito dovesse governare: uno scontro legato a equilibri nazionali e catapultato direttamente sull’isola. La bravura di Todde e dei partiti che la hanno sostenuta è stato proprio evitare che anche la sua candidatura potesse essere un semplice riflesso di “manovre romane” volte a trovare nuove formule di centrosinistra, un fatto che rischiava di essere avvalorato dalla scelta di non svolgere primarie da parte della coalizione. Proprio questa decisione ha portato Renato Soru a scegliere di scendere in campo con una candidatura autonoma, candidatura che molti osservatori del “continente” – come i sardi chiamano il resto del Paese – hanno spesso ritratto come una semplice candidatura “terzopolista” ma che si basava su fondamenti di un’alternativa scelta dai sardi a decisioni calate dall’alto, ragione per cui è stata sostenuta da una coalizione che andava da Italia Viva a Rifondazione Comunista passando per Azione, +Europa e vari movimenti sardisti tra cui gli indipendentisti di sinistra di Indipendentza Republica de Sardigna (IRS). Riuscire a evitare di passare come una candidatura frutto di dinamiche calate dall’alto è stata sicuramente una delle chiavi della vittoria di Alessandra Todde.

Il valore delle elezioni in Sardegna: i precedenti

Non è la prima volta che le elezioni in Sardegna, complice anche la loro posizione nel calendario, isolata ma poco distante da un test importante come le europee, hanno un valore che si può in qualche modo ripercuotere sulle dinamiche nazionali. Lo dimostra bene il voto del 2009, quando la sconfitta di Renato Soru portò alle dimissioni di Walter Veltroni da segretario del PD: elezioni quelle avvenute in un momento turbolento per il partito, e proprio in quella campagna elettorale, infatti, Pierluigi Bersani annunciò la candidatura a leader dei dem in vista di un futuro congresso.

Nel 2014, invece, il voto in Sardegna fu il primo test elettorale dopo la scommessa di Matteo Renzi di diventare premier dopo l'”Enrico stai sereno”: una scelta che suscitò molti interrogativi ma che sicuramente non ebbe effetti negativi sul voto sardo. Francesco Pigliaru, candidato del centrosinistra, vinse senza grossi problemi, mentre pochi mesi dopo alle Europee il PD ottenne il 40 per cento. Non vanno sottovalutate nemmeno le regionali del 2019, dove la larga vittoria di Solinas certificò il momento di gloria di Matteo Salvini che la primavera successiva avrebbe ottenuto il 34 per cento alle Europee.

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