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Un po’ di coraggio! Diamo il diritto di voto ai sedicenni

Immagine di copertina
Credit: Pixabay

In molti Paesi europei si discute di allargare l’elettorato attivo alle nuove generazioni. Ma in Italia il tema non interessa quasi nessuno. Eppure coinvolgere i giovani avrebbe un forte valore simbolico. E politico

Ci si può fidare dei giovani? Si può concedere il diritto di voto ai sedicenni? Si possono superare i pregiudizi generazionali sui ragazzi «sdraiati», «sballati», «lazzaroni», «divanisti»? 

S&D

Nel biennio terribile del Covid, dell’isolamento sociale, dell’emergenza sanitaria e della crisi economica, una delle questioni politicamente più sensibili a livello europeo era la necessità di predisporre una strategia a lungo termine di valorizzazione e di promozione del ruolo dei giovani nelle nostre società.

Era chiara, almeno così pareva, l’urgenza di adottare programmi concreti non solo per sostenere e, se possibile, cambiare l’economia, ma anche per salvare le nuove generazioni che rischiavano di pagare un prezzo enorme.

La Commissione Ue e i governi nazionali, non casualmente, decisero di chiamare Next Generation Eu il piano straordinario di rilancio e di innovazione europeo che avrebbe dovuto offrire una prospettiva positiva, di emancipazione e di crescita delle future generazioni giustamente considerate come la forza vitale dell’Europa. 

Passato il Covid, e ripresa una relativa normalità, i giovani sono tornati nelle retrovie del pensiero e dell’azione di molti governi. Si può ricordare che il Next Generation Eu declinato nel Pnrr italiano non ha nemmeno un capitolo specifico sui giovani, che non godono di buona stampa nel nostro Paese, dove ci si lamenta dei milioni di ragazzi che non lavorano e non studiano, ma poi si lasciano immutati il sistema scolastico, in cui il deficit formativo è figlio della povertà reale, e il mercato del lavoro, basato sullo sfruttamento e la penalizzazione dei più fragili. 

Oggi si torna a parlare del voto ai sedicenni perché si prepara la campagna per le prossime elezioni europee. L’abbassamento del diritto di voto dai 18 ai 16 anni è, tra l’altro, uno dei punti dell’ipotesi di riforma elettorale europea, ma mentre se ne discute in diversi Paesi, in Italia non interessa quasi nessuno.

Nel nostro sistema, se votassero i giovani di 16 e 17 anni ci sarebbero oltre un milione di elettori in più. Il Governo è pronto a stroncare i rave party, con appositi decreti sicurezza, ma non si sogna di aprire uno spiraglio verso una novità che avrebbe un forte valore simbolico e anche politico. Nessuno, neanche l’opposizione, ricorda la risoluzione del Parlamento europeo del 3 maggio 2022 secondo cui l’età minima per l’elettorato attivo dovrebbe essere fissata a 16 anni.

Enrico Letta, nel 2019, aveva proposto di abbassare l’età di voto, Giuseppe Conte l’aveva condivisa, ma la questione è sempre rimasta ai margini del confronto parlamentare. La classe politica e di governo, congenitamente conservatrice in tutti gli schieramenti, è sempre impegnata in altre questioni più urgenti.

In più bisogna fare i conti con il fatto che i giovani, statistiche alla mano, non sono attratti dalla partecipazione politica, non votano (tra i 18 e i 24 anni solo la metà va alle urne) e quindi, osservano i critici, non si può combattere l’astensionismo allargando il voto ai sedicenni, che invece, secondo Carlo Calenda, dovrebbero seguire degli appositi corsi di formazione sulle istituzioni comunitarie. Anche questa visione, però, è limitata, non guarda alle nuove generazioni con la giusta apertura e il necessario coraggio. 

Un anno fa la Germania ha deciso di abbassare l’età di voto per le europee: nella proposta di legge passata al Bundestag si afferma che l’età minima a 18 anni esclude dal diritto di voto persone «che assumono responsabilità in numerosi settori della società civile e che possono e vogliono partecipare al processo politico».

I giovani sono i più interessati ai processi decisionali che riguardano la tutela del clima, la trasformazione del Welfare imposta dai cambiamenti demografici, la definizione delle priorità degli investimenti pubblici e la regolamentazione di Internet.

Nell’ultimo mezzo secolo, inoltre, la distribuzione dell’età degli aventi diritto al voto si è modificata penalizzando le fasce più giovani. Per la cronaca, infine, a sette mesi dalle elezioni europee i sedicenni potranno votare in Austria, Grecia, Malta, Belgio e Germania. L’Italia aspetta.

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