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Home » Opinioni

Ecco cosa ho visto nella Cisgiordania strangolata dal regime di Netanyahu (di L. Boldrini)

Immagine di copertina
Credit: AGF

Dal 23 al 28 novembre scorsi, insieme alle colleghe e ai colleghi del Pd, abbiamo visitato diverse città. Il governo israeliano ha imposto un regime a base di espropriazioni arbitrarie, demolizioni, sorveglianza capillare, compressione di ogni libertà perfino di movimento, esecuzioni sommarie, torture ai danni dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Tutte condizioni che rendono impossibile la vita dei palestinesi con l’obiettivo di costringerli ad andarsene. Barghouti è l'unica speranza per la Palestina

La Cisgiordania è letteralmente strangolata. Il regime di terrore e pulizia etnica che il governo Netanyahu sta imponendo ai palestinesi non lascia scampo a nessuno. Lo abbiamo potuto constatare con i nostri occhi durante la missione in Cisgiordania fatta insieme alle colleghe e ai colleghi del Pd Ouidad Bakkali, Mauro Berruto, Sara Ferrari, Valentina Ghio e Andrea Orlando.

Dal 23 al 28 novembre scorsi abbiamo visitato diverse città e incontrato molti esponenti del mondo politico, palestinese e israeliano, del mondo dell’università, ong, attiviste e attivisti, sindaci, autorità sportive e religiose e semplici cittadini. Il governo israeliano ha imposto un regime a base di espropriazioni arbitrarie, demolizioni, sorveglianza capillare, compressione di ogni libertà perfino di movimento, esecuzioni sommarie, torture ai danni dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Tutte condizioni che rendono impossibile la vita dei palestinesi con l’obiettivo di costringerli ad andarsene.

Tutto questo avviene per mano dell’esercito israeliano, ma anche per mano dei coloni sostenuti dall’Idf. Che non sono, come si tenta di far credere, un manipolo di scalmanati. Si tratta invece di una falange armata del governo, usata per fare il lavoro sporco. Sono alcuni ministri di Netanyahu a distribuire loro le armi che vengono usate contro i civili palestinesi per intimidirli e obbligarli a cedere le case, le terre, il bestiame. E lo abbiamo visto personalmente durante la visita a Masafer Yatta dove abbiamo incontrato il protagonista di “No Other Land”, Basel Adra, il leader del movimento non violento, Sami Huraini, e gli attivisti dell’Operazione Colomba.

Mentre ci raccontavano quello che accade quotidianamente nei loro villaggi, una telefonata ha interrotto l’incontro e Basel Adra è dovuto andare in soccorso di Hamdan Ballal, il regista di “No Other Land”, perché un gruppo di coloni protetti dall’esercito stava attaccando la sua proprietà. Un’azione violenta e illegale alla fine della quale la zona dove si trova la terra di Ballal è stata dichiarata area militare e sottratta al suo proprietario.

Lo abbiamo visto a Hizma, quando sulla strada di ritorno da Gerico a Gerusalemme, siamo rimasti bloccati perché l’Idf ha chiuso i gate in entrata e in uscita e ha iniziato a sparare bombe stordenti sulle macchine in fila per passare il checkpoint. Il nostro pulmino ha fatto una veloce inversione portandoci in una strada secondaria. Lì, una famiglia palestinese ci ha accolti nella sua casa per alcune ore.

“Capiamo il vostro stupore – ci hanno detto -, ma per noi questa è la quotidianità. Non c’è alcuna azione antiterrorismo. Ci chiudono le strade e le riaprono quando vogliono per opprimerci”. Ovviamente abbiamo informato la Farnesina e il consolato, come da prassi. Abbiamo aspettato che l’operazione finisse e poi, quando è stato aperto il gate, ci siamo rimessi sul pulmino per tornare a Gerusalemme. Nessuna auto blindata del consolato, nessuna scorta, nessun funzionario israeliano del Cogat, come ha incredibilmente dichiarato la Farnesina in una nota. Siamo usciti da Hizma esattamente nel modo in cui eravamo entrati: col nostro pulmino.

Quando i ministri degli esteri di Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia scrivono a Netanyahu chiedendo di bloccare i coloni assistiamo al massimo dell’ipocrisia, fanno finta di non vedere quello che è chiaro a tutti. In Israele i coloni sono al governo e coprono coloro che sui territori compiono crimini ai danni dei palestinesi.

La comunità internazionale, e quindi anche l’Italia, la Francia, la Germania e la Gran Bretagna, deve fermare Netanyahu emettendo sanzioni, imponendo lo stop alla vendita di armi a Israele e ai rapporti commerciali con Israele. Senza una forte pressione esterna il clima è destinato a peggiorare sempre di più.

Peggiora per i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane dove la tortura e la violenza sono diventate sistematiche, come ci hanno raccontato diverse persone, anche minorenni, che in quelle carceri sono state detenute, spesso senza un’accusa formale, sotto il regime della “detenzione amministrativa” che viene rinnovata senza neanche un processo.

Peggiora per chi vive nelle città, come Betlemme circondata dalle colonie israeliane e dove l’acqua viene sottratta ai palestinesi e rivenduta loro al 300 per cento in più. Betlemme è vuota, non ci sono più pellegrini sulla cui presenza si fondava l’esistenza di decine e decine di negozi, alberghi, banchi di souvenir, ristoranti. Una città al collasso.

Peggiora a Gerusalemme Est dove le famiglie vivono nel terrore di uscire di casa perché al loro rientro potrebbero trovarle occupate dai coloni armati ed essere costrette ad andare via. O possono vedere espropriate le abitazioni e dovere anche sostenere le spese di demolizione.

Peggiora per chi vive nelle aree rurali, come i beduini intorno a Gerico e nella Valle del Giordano, dove i coloni vanno di notte a tagliare i cavi della corrente elettrica, a danneggiare i pannelli solari, a deviare le sorgenti dell’acqua sottraendola agli allevamenti palestinesi e dove rubano le greggi.

Peggiora perfino per gli israeliani, come ci hanno raccontato alla Knesset i parlamentari del partito di opposizione Hadash, letteralmente perseguitati per le loro posizioni politiche e a cui non viene data alcuna protezione. Il deputato Oder Cassif non può più uscire di casa da solo, è stato più volte aggredito perfino dal barbiere dove non può più andare. La deputata Aida Touma è stata malmenata dentro la Knesset perché stava facendo un intervento critico contro il governo. Anche per lei è impossibile uscire da sola senza esporsi a pericolosi attacchi.

Il dossier di leggi che ci hanno consegnato fa paura: leggi contro la stampa straniera e israeliana, contro la libertà universitaria, contro i partiti di opposizione che avranno molti ostacoli a candidarsi alle prossime elezioni se sarà un comitato politico a decidere. Hanno parlato di “clima Matteotti” perché temono di fare la stessa fine del deputato socialista all’alba del ventennio fascista.

Peggiora per chi fa sport. Il nostro collega Mauro Berruto, ex allenatore della nazionale maschile di pallavolo, è stato chiamato ad allenare la nazionale palestinese. Quasi dimezzata, perché tre giocatori e l’allenatore sono stati uccisi a Gaza, altri sono nelle carceri israeliane. Come sono stati uccisi tanti atleti e atlete di altri sport, compreso un ragazzo giovanissimo campione di arti marziali, lasciato morire dissanguato perché dopo essere stato colpito dai soldati, non è stato consentito che venisse soccorso.

Peggiora perfino per chi atterra in Israele. Al nostro arrivo a Tel Aviv, all’aeroporto, siamo stati bloccati per oltre due ore e interrogati. Ci hanno fatto mille domande sulla nostra visita, ci hanno rinfacciato dichiarazioni fatte dall’ultima missione a Rafah, a maggio scorso, e volevano imporci di firmare un foglio in cui dichiaravamo che non avremmo fatto alcuna attività contro lo Stato di Israele. Ovviamente non abbiamo firmato niente, ma se questo è il clima per chi arriva dai “paesi amici”, figuriamoci per i palestinesi.

E in questo quadro è ormai innegabile che l’unica figura in grado di unificare tutte le anime politiche palestinesi in una prospettiva di pace sia Marwan Barghouti, leader popolarissimo, in carcere da 24 anni, “il Mandela palestinese”. A Ramallah abbiamo incontrato il figlio Arab che ci ha spiegato perché è fondamentale la liberazione del padre e degli altri prigionieri politici palestinesi.

Marwan Barghouti ha già dimostrato la sua capacità di unire nel nome della pace e della soluzione a due stati. Arab ci ha affidato un appello chiaro: la comunità internazionale deve decidere da che parte stare, da quella di Ben-Gvir o da quella di Barghouti. Lo scorso 29 novembre è stata lanciata la campagna internazionale “Free Marwan, free Palestine” a cui noi aderiamo con convinzione. Perché abbiamo già deciso: noi stiamo dalla parte di Barghouti, della pace e di una Palestina libera e indipendente.
LEGGI ANCHE: La pace fragile a Gaza (di F. Bascone)

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