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Salvatore Angius a TPI: “Io, poeta affetto da sclerosi multipla, ho attraversato a nuoto lo Stretto di Messina”

Immagine di copertina
Salvatore Angius

"La malattia ha cambiato il mio modo di vedere il mondo, ho cominciato ad ascoltare, come diceva Alda Merini si è accesa una scintilla e il mio modo di vedere il mondo è cambiato"

Ha la voce che gocciola vitalità da tutti i lati Salvatore Angius: 38 anni, sardo che vive a Roma è un poeta che da qualche anno si dedica con l’anima alla sensibilizzazione sulla sclerosi multipla, malattia che ha scoperto di avere nel 2014.

Angius ha deciso di attraversare lo stretto di Messina a nuoto, con il patrocinio dell’Arma dei Carabinieri, per allenare la tenacia e per dimostrare la propria forza contro la malattia. Anche l’intervista alla fine è diventata qualcosa che ricama di poesia.

Salvatore Angius, partiamo dall’inizio, come ti racconteresti?

Vivo a Roma. Ma ho girato tutta l’Italia, mio padre era ufficiale dei carabinieri. Ora sono qualche giorno in vacanza in Sardegna e mi riescono le parole della mia terra d’origine.

Poeta. Così insolito di questi tempi. Com’è sbocciata la passione per la poesia?

A tredici anni. Poi quando sono stato alla Scuola Militare Nunziatella ho incontrato Claudio Ferone che mi ha portato a studiare la letteratura greca e latina direttamente alle fonti. Lui è allievo di Margherita Guarducci, la scienziata che scoprì il falso della fibula prenestina, quello che si pensava il primo reperto arcaico ritrovato dall’uomo. Quando feci l’esame di maturità la mia tesi partiva dalla poesia bucolica fino ai giorni nostri. Del resto mio nonno era un poeta: cantava sestine in sardo a fine giornata dopo essere stato nei campi, sfidando i vicini di appezzamento, sfidandosi a duello. La mia passione è nata lì. Poi sono stato pubblicato in Brasile, in Argentina, in Venezuela, in Italia con Magi Editore e ho vinto il premio letterario “Beniamino Joppolo” in Sicilia. Uno dei miei libri ha la prefazione di Enrico Nascimbeni, figlio di quel Giulio storica penna del Corriere della Sera e la mia agente è Lietta Manganelli, figlia di Giorgio, l’amante di Alda Merini.

Cos’è poesia?

Ogni pensiero è già una scintilla poetica. Poi se riesci a esprimerlo con la tua voce si trasforma e diventa a forma di poesia. Se lo metti per iscritto realizzi qualcosa di speciale: può essere poesia, canzone, filosofia, tante cose.

Quando arriva la malattia?

Era il 2014. Ma la mia patologia me la sentivo addosso da quando avevo vent’anni. Mia madre si era ammalata di tumore e io vengo assorbito completamente dalla sua situazione. Un giorno ero in banca e sono collassato. Il medico mi disse che non era un problema né di insulina né cardiologico e né di zuccheri. Feci una Tac e mi diagnosticarono la sclerosi multipla.

Quanto ti ha cambiato la malattia?

La malattia ha cambiato il mio modo di vedere il mondo, ho cominciato ad ascoltare, come diceva Alda Merini si è accesa una scintilla e il mio modo di vedere il mondo è cambiato. Tu devi convivere con questa situazione. La forza che ho avuto però la devo tutta a mia madre: quattro mesi prima che morisse le ho detto della mia diagnosi e la sua reazione è stata talmente potente che mi ha dato energia per sollevare le montagne. Tutto merito suo. Lei non mi ha mai lasciato. Ho accompagnato il suo ultimo respiro insieme ai miei famigliari e poi subito dopo stavo facendo un evento all’Hilton di Montemario a Roma per la sclerosi multipla. Quando ho fatto l’evento ho recitato una poesia scritta il giorno dopo la diagnosi (“i giorni di cemento”) e Luciano Ligabue ha assistito. Era ed è uno dei miei cantanti preferiti. Secondo te quanta voglia avevo di abbracciarlo? Ero bloccato dalla paura. Poi in quell’occasione ho parlato di mamma. Ho visto il mio neurologo con le lacrime agli occhi: Salvetti uno studioso che ha vinto il prestigioso premio Rita Levi Montalcini, lui, con gli occhi lucidi. Sono andato avanti come un treno. Ho fatto tutto quello che dovevo fare. Un crescendo di emozioni.

E hai cominciato la tua infaticabile opera di sensibilizzazione…

Mi sono sempre dedicato di sensibilizzazione, ho rotto le palle, ho scritto ai giornalisti. Il manuale medico di base contiene una mia poesia, una parte di quel libro è per la sclerosi multipla. La canzone di quella poesia ha la musica Santarnecchi, musicista di Jovanotti. Più gente riesco a coinvolgere meglio è.

Come ti è venuta l’idea della traversata?

È stata un po’ una dimostrazione barrosa come si dice qui in Sardegna. I mufloni si incontrano e mostrano le corna per esibire la propria forza e io ho nuotato contro la malattia e contro le barriere e il pregiudizio verso gli invalidi. Chi si ritrova in una situazione come la mia e spesso e volentieri non riesce a parlarne. L’ho fatta per tutte quelle persone che non riescono ad avere voce. Ho affrontato Scilla e Cariddi per parlare per loro.

Salvatore Angius, prossimi progetti?

Adesso sto programmando qualcosa di pazzesco con la collaborazione di Andrea Loddo, un bravissimo artigiano del bronzo, per dicembre. Penso che lascerà il segno.

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