Combattere i luoghi comuni sulla disabilità con le arti marziali
”What?“ è un progetto fotografico di Danilo Garcia Di Meo e racconta la vita di Ambra che ha trovato nella kickboxing un modo per affrontare la sua sordità
Danilo Garcia Di Meo è un reporter sociale di Roma. Formatosi all’Accademia di Belle Arti dove si è specializzato in Grafica e Fotografia, lavora come freelance con diverse associazioni per raccontare persone e luoghi spesso dimenticati.
Nel 2016, il suo progetto Letizia – Storia di vite non viste ha vinto il Gran Premio al concorso fotografico patrocinato dall’Unesco, Andrei Stenin International Press Photo Contest.
Questo concorso annuale – per giovani fotoreporter di età compresa tra i 18 e i 33 anni – è stato istituito nel 2014 e nominato in onore di un fotografo russo ucciso nel sud est dell’Ucraina. Il premio intende promuovere gli obiettivi del giornalismo investigativo e in particolare del reportage fotografico contemporaneo.
Nel 2017 Di Meo presenterà allo stesso concorso il suo nuovo progetto What?, durato circa un anno e già proposto in anteprima al festival di fotografia Riaperture, tenutosi a Ferrara tra il 17 e il 19 marzo.
Il reportage riguarda la lotta di una donna, Ambra, a cui viene diagnosticata la sordità all’età di soli due anni. La ragazza combatte fin da bambina contro la propria immagine, non ama sentirsi diversa e non si piace: “Mi guardavo allo specchio, vedevo solo difetti”.
La donna si ritrova in seguito in una relazione con un uomo violento che ne abusa fisicamente. “I primi mesi andò tutto bene, poi cominciò a insultarmi e più di una volta sono rimasta coi lividi sul collo, poi schiaffi, pugni, calci”, racconta Ambra a Danilo.
Così, per caso, la ragazza scopre la kick boxing: “Volevo imparare a difendermi da attacchi nel caso mi fosse ricapitata un’altra situazione di violenza fisica”.
La ragazza comincia a prendersi cura di sé stessa, acquisisce uno stile di vita sano e le vittorie la gratificano. “Alla sordità non dò tanto peso. Capisco meno i discorsi, non guardo la televisione e non sento la radio, ma finisce lì. Ho ampliato gli altri sensi, ho sviluppato una sensibilità per il dettaglio e la memoria fotografica”.
Non è inconsueta l’associazione tra sordità e sport da combattimento. Altri grandi atleti di questa disciplina erano sordi. Il pugile Mario D’Agata per esempio, sordomuto alla nascita, fu campione italiano nel 1953, campione d’Europa nel 1955 e campione del mondo nel 1956.
“Un giorno un amico che faceva sport da combattimento mi ha chiesto come facessi a schivare e parare colpi, sul ring, lui prevede le mosse dell’avversario anche in base al respiro o al rumore prodotto dai suoi spostamenti, io invece semplicemente lo guardo”.
