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Home » Esteri

Donald Trump vuole il controllo della Groenlandia e del Canale di Panama

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Così negli ultimi giorni il prossimo inquilino della Casa bianca ha chiarito i suoi progetti di espansione territoriale per gli Usa

Il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, ha chiarito negli ultimi giorni i suoi progetti di espansione territoriale, sottolineando sia le preoccupazioni di sicurezza che gli interessi commerciali che potrebbero spingere l’America a riprendere il controllo del Canale di Panama e a governare la Groenlandia, due dichiarazioni che non sono affatto piaciute ai rispettivi governi dell’istmo e della Danimarca.

Non è la prima volta che il magnate newyorkese si lancia in affermazioni simili. Già durante il suo primo mandato infatti, nel 2019, l’allora presidente Usa propose di acquistare il territorio autonomo danese, scatenando la dura reazione delle autorità locali e della popolazione isolana. Ma anche quest’anno hanno fatto discutere le sue boutade provocatorie contro il Canada, che dovrebbe diventare il “51esimo Stato” degli Usa secondo Trump, che si è più volte riferito al premier di Ottawa come al “governatore Justin Trudeau”. Ma se con il vicino del nord siamo ancora ai battibecchi via social, nei casi dell’istmo e dell’isola artica potrebbe fare sul serio.

Le rivendicazioni sul Canale di Panama
Il primo annuncio del tycoon risale a sabato 21 dicembre, quando il prossimo inquilino della Casa bianca ha accusato Panama di applicare prezzi troppo elevati alle navi statunitensi in transito per il Canale, suggerendo che, se la situazione non fosse cambiata, la sua amministrazione avrebbe potuto ritirarsi unilateralmente dal trattato firmato nel 1977 dall’allora presidente Jimmy Carter, che ha permesso al governo dell’istmo di riprendere il controllo totale dell’infrastruttura nel 1999, dopo 85 anni di proprietà americana.

“La nostra Marina e il nostro Commercio sono stati trattati in modo molto ingiusto e sconsiderato. Le tariffe applicate da Panama sono ridicole”, aveva tuonato dal suo profilo social Truth, in vista dell’entrata in vigore di nuove commissioni di transito previste il 1° gennaio prossimo. “Gli Stati Uniti hanno un interesse riconosciuto nel funzionamento sicuro, efficiente e affidabile del Canale di Panama e questo è sempre stato sottinteso. Non lo lasceremmo mai e non lo lasceremo MAI cadere nelle mani sbagliate!”, aveva poi aggiunto Trump, riferendosi alla Cina. “Spettava solo a Panama gestirlo, non alla Cina o a chiunque altro”, aveva proseguito. “Non è stato donato per il beneficio di altri, ma semplicemente come segno di cooperazione tra noi e Panama. Se i principi, sia morali che legali, di questo magnanimo gesto di liberalità non saranno rispettati, allora chiederemo che il Canale di Panama ci venga restituito, per intero e senza fare domande. Ai funzionari di Panama dico, per favore, comportatevi di conseguenza!”.

Queste affermazioni hanno scatenato l’immediata reazione delle autorità dell’istmo. “Ogni metro quadrato del Canale di Panama e delle aree adiacenti appartiene a Panama e continuerà ad appartenere a Panama. La sovranità e l’indipendenza del nostro Paese non sono negoziabili”, aveva risposto domenica 22 dicembre il presidente José Raúl Mulino in un video pubblicato sulla piattaforma X. “Il Canale non è sottoposto in alcun modo al controllo diretto o indiretto né della Cina, né dell’Unione europea, né degli Stati Uniti o di qualsiasi altra potenza”, aveva aggiunto Mulino. “Come panamense, respingo qualsiasi affermazione che travisi questa realtà”. Trump però aveva ribattuto subito dopo, sempre dal suo social Truth, con un minaccioso: “Vedremo!”.

Le ambizioni sulla Groenlandia
Il caso della Groenlandia invece è tornato in auge proprio il 22 dicembre con l’annuncio, sempre via social, della nomina del nuovo ambasciatore in pectore degli Stati Uniti in Danimarca, Ken Howery, fra l’altro tra i co-fondatori del sistema di pagamento digitale Paypal. In questa occasione, Trump ha ventilato l’ipotesi che la sua precedente offerta di acquistare l’isola potrebbe, nel suo prossimo mandato, trasformarsi in un accordo che le autorità danesi non potranno rifiutare.

“Ai fini della sicurezza nazionale e della libertà in tutto il mondo, gli Stati Uniti d’America ritengono che la proprietà e il controllo della Groenlandia siano una necessità assoluta”, aveva scritto il prossimo presidente Usa su Truth, senza altre chiose. Un’affermazione a cui il governo del territorio autonomo danese ha immediatamente risposto in maniera negativa, come già avvenuto cinque anni fa. “La Groenlandia è nostra”, ha affermato in una nota il primo ministro groenlandese e leader Inuit, Múte Bourup Egede. “Non siamo in vendita e non lo saremo mai. Non dobbiamo perdere la nostra lunga lotta per la libertà”. Da parte sua invece, l’ufficio della premier danese Mette Frederiksen è stato molto più cauto, limitandosi ad affermare che il governo di Copenhagen “non vede l’ora di lavorare con la nuova amministrazione” degli Usa, senza rilasciare ulteriori commenti.

Ma perché Trump vuole il Canale di Panama e la Groenlandia?
Durante la sua carriera politica, il magnate newyorkese ha mostrato spesso di non considerare affatto inviolabile la sovranità dei confini di altre nazioni. Quando la Russia invase l’Ucraina ad esempio, la sua prima reazione non fu di condanna per il palese tentativo di conquista territoriale da parte del presidente russo Vladimir Putin, ma piuttosto di elogio per l’atto di “genio” del leader del Cremlino. Ancora oggi, mentre Trump tenta di mediare un’intesa per porre fine alla guerra, non ha mai posto sul tavolo la condizione del rispetto dei confini internazionalmente riconosciuti, una richiesta ribadita sin dall’inizio da Kiev, oltre che dall’attuale amministrazione degli Stati Uniti, dagli alleati della Nato e dell’Unione europea, limitandosi a promettere un “accordo” per porre fine alle ostilità.

La prima volta che il prossimo presidente Usa manifestò il desiderio di acquisire il controllo della Groenlandia, secondo una ricostruzione del Wall Street Journal, avvenne durante il suo primo mandato, nel 2019, nel corso di una cena con un suo amico, il miliardario newyorkese Ronald S. Lauder, erede della nota casa cosmetica. Allora il Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa bianca fu improvvisamente incaricato di discutere i dettagli di come gli Stati Uniti avrebbero potuto prendere il controllo dell’isola. Ma nonostante le ripetute proposte, il governo danese ha sempre respinto l’idea.

Trump comunque non è stato il primo presidente degli Stati Uniti a voler “conquistare” la Groenlandia ma è stato solo l’ultimo a rispolverare una vecchia ambizione. Già Harry Truman infatti, dopo la Seconda guerra mondiale, provò ad acquistare l’isola nel quadro della strategia di contrasto all’Unione sovietica durante la Guerra fredda. Sebbene il contesto internazionale sia mutato rispetto a 80 anni fa, le ragioni del prossimo presidente americano sono molto simili a quelle del suo predecessore: gli Usa infatti continuano a contendersi il controllo delle rotte artiche, soprattutto contro Russia e Cina.

Dal 2009 però, la Groenlandia ha acquisito il diritto di dichiarare la propria indipendenza, una strada che i suoi quasi 56mila abitanti, ancora fortemente dipendenti dalla Danimarca, non hanno per ora imboccato. Ma il rinnovato interesse degli Usa potrebbe risultare attraente per alcune porzioni della popolazione della Groenlandia, soprattutto se invogliate da ingenti investimenti statunitensi, sia nel settore del turismo che dell’estrazione di terre rare. L’isola possiede infatti enormi risorse naturali mai sfruttate, tra cui giacimenti ricchi di oltre 43 dei 50 cosiddetti “materiali critici” necessari per realizzare veicoli elettrici, turbine eoliche e altre tecnologie ecosostenibili. Tuttavia questo genere di attività restano per lo più vietate per la contrarietà delle comunità indigene groenlandesi, preoccupate per l’impatto ambientale dell’estrazione mineraria.

Per quanto riguarda Panama invece, Trump potrebbe anche nutrire un lontano rancore personale. Nel 2018 infatti, la polizia dell’istmo espulse di fatto la Trump Organization dal Trump International Hotel di Panama City dopo un’aspra diatriba legale tra la famiglia del presidente eletto statunitense e il suo socio in loco.

Al di là di ogni considerazione però, per la loro particolare posizione geografica, sia il Canale di Panama che la Groenlandia rappresentano dei territori strategici fondamentali per qualunque potenza voglia acquisire o mantenere il controllo del commercio e della navigazione a livello globale. Gli Stati Uniti di Trump non fanno certo eccezione.

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