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La Corea del Sud vuole creare un’unità speciale per assassinare Kim Jong-Un

Immagine di copertina
Credit: Reuters

Si chiamerà “decapitation unit” (unità della decapitazione) e la sua istituzione è prevista per la fine dell'anno, ma i precedenti storici suggeriscono che non sia una buona idea

Il 4 settembre, poche ore dopo il sesto test nucleare nella storia della Corea del Nord, Song Young-moo, ministro della Difesa sudcoreano, ha annunciato che il suo governo vuole creare un’unità speciale per eliminare il leader nordcoreano Kim Jong-Un.

L’istituzione di questa squadra militare è prevista per la fine dell’anno e fa parte di un più ampio piano di difesa della Corea del Sud dalle continue minacce del regime di Pyongyang.

Si chiamerà “decapitation unit” (unità della decapitazione), ma il suo scopo non sarà “tagliare” la testa al dittatore nordcoreano, quanto piuttosto semplicemente spaventarlo. Non si sa ancora quanti soldati ne faranno parte, anche se alcuni suggeriscono che questa unità possa essere composta da 3.000 marines, che danno all’unità il nome di Spartans 3000.

“Il miglior deterrente che abbiamo è spaventare Kim Jong-un e fargli credere che la sua vita sia in pericolo”, ha detto in un’intervista al New York Times Shin Won-sik, un generale sudcoreano in pensione.

La Corea del Sud non ha la bomba atomica e, oltre al supporto militare degli Stati Uniti, da decenni cerca di contrastare lo stato confinante con tattiche intimidatorie. Vanno quindi lette in quest’ottica le dichiarazioni di Young-moo, avvallate dai vertici militari sudcoreani che per la prima volta vedrebbero ufficialmente riconosciuto un’unità speciale di questo tipo.

“Non possiamo fare affidamento solo sui nostri alleati”, aveva detto il ministro della difesa in un discorso televisivo del 15 agosto. “Quando si tratta di questioni che riguardano la nostra penisola, il nostro paese deve prendere l’iniziativa e risolverle”.

Queste affermazioni vanno in parte nella direzione opposta tracciata dal segretario di stato statunitense Rex Tillerson, che ha più volte detto che il cambio di leadership in Corea del Nord non è nella strategia militare degli Stati Uniti.

Il New York Times ha rivelato che la Corea del Sud al momento ha tre piani per una futura guerra: uno per attaccare in maniera preventiva la Corea del Nord; un altro per abbattere tutti i missili provenienti dal confine; e un terzo per distruggere gli edifici di Pyongyang dove si suppone sia nascosto il dittatore nordcoreano.

“Ora abbiamo missili balistici in grado di distruggere i bunker sotterranei dove potrebbe nascondersi Kim Jong-un”, aveva detto al New Work Times il generale Shin. “Possiamo instillare in loro la stessa paura provocata da un’arma nucleare, senza che ne abbiamo una. Nel sistema di vita medievale della Corea del Nord, la vita di Kim Jong-un ha lo stesso valore di centinaia di migliaia di vite di comuni cittadini, che sarebbero minacciate con un attacco atomico”.

Lo scenario bellico, per molti analisti, resta comunque quello meno auspicabile. Una guerra tra i due paesi, come spiega un lungo articolo del New Yorker, causerebbe in pochi giorni centinaia di migliaia di morti a Seul, colpita dall’artiglieria nordcoreana posizionata al confine.

“La devastazione della penisola coreana sarebbe semplicemente disastrosa”, ha detto al settimanale statunitense il generale in pensione James Marks, che ha combattuto sia in Corea che in Iraq.

Oltre ai milioni di rifugiati che si riverserebbero in Cina e Russia, il regime nordcoreano non cadrebbe con l’eliminazione del suo leader. Le sacche di resistenza durerebbero anni, e sconfiggerle sarebbe più difficile dei conflitti contro quelle formatesi in Afghanistan e Iraq.

Il precedente dell’Unità 684

L’ultima volta che la Corea del Sud ha provato a eliminare un dittatore nordcoreano con un’unità militare è stato un disastro.

L’1 aprile 1968, il presidente sudcoreano Park Chung-hee organizzò un’operazione segreta, comunemente chiamata Unità 684 – per vendicarsi del tentativo della Corea del Nord di assassinarlo a gennaio 1968 nella Casa Blu, il palazzo presidenziale a Seul.

In collaborazione con l’esercito della Repubblica di Corea, 31 civili – tra cui alcuni ex carcerati e giovani disoccupati – furono assoldati in una squadra speciale per penetrare in Corea del Nord e assassinare Kim Il-sung, con la promessa di ricevere denaro e lavoro se la missione fosse andata a buon fine.

I membri dell’unità furono addestrati duramente sull’isola di Silmido, un’area disabitata nel mar Giallo, al largo delle coste della Corea del Sud. In sette morirono a causa degli addestramenti, e per diversi motivi alla fine il progetto fu accantonato.

Il 23 agosto 1971 – per ragioni ancora poco chiare – l’Unità 684, che era rimasta sull’isola, si ribellò. Uccise gli addestratori e sequestrò sulla terra ferma un pullman, con l’obiettivo di raggiungere Seul. Intercettati dall’esercito, 20 membri dell’unità speciale si fecero esplodere, mentre i superstiti furono condannati a morte e uccisi il 10 marzo 1972.

Per anni, il governo della Corea del Sud ha tenuto nascosto questa storia, che è diventata famosa anche grazie al film Silmido del 2003 basato proprio sulle vicende di questa unità speciale.

Nel 2010, un tribunale ha ordinato un risarcimento di circa 200mila euro per le famiglie dei membri dell’Unità 684, perché quest’ultimi non erano a conoscenza della pericolosità della loro missione ed erano stati sottoposti a un addestramento che violava i principali diritti dell’essere umano. v

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