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Home » Esteri

Il tassista azero che ha lottato nell’esercito della terra del fuoco

Immagine di copertina
Un soldato dell'esercito che difende la regione di Nagorno-Karabakh. Credit: Vahan Stepanyan

La storia di Namiq, reduce di guerra colpito alla testa durante la guerra, nella nuova puntata della rubrica "Voci dalla strada", firmata da Carlo Brenner su TPI

Voci dalla strada raccoglie le opinioni e la visione del mondo di gente comune. Non ha la pretesa di analizzare, ma vuole presentare diverse e molteplici verità, raccontate dalla voce essenziale e spontanea di chi vive la storia sulla propria pelle, senza facili e variabili categorizzazioni esterne.

S&D

Voci dall’Azerbaijan

Fiamme. Fiamme dovunque. Palazzi a forma di fiamma, gioielli, decorazioni e monumenti tutti a forma di fiamma. Poi ci sono le fiamme vere: rocce infuocate, templi con fiamme che escono da tutte le parti. Questo è l’Azerbaijan, il nome significa “terra del fuoco”. Questa è la caratteristica di uno dei paesi con le maggiori riserve di petrolio del mondo.

All’inizio del XX secolo metà del petrolio mondiale proveniva dalla capitale, Baku, oggi è il ventesimo paese per riserve dell’olio nero, il secondo serbatoio al quale si alimenta il nostro paese. Baku era chiamata la “torta di Hitler” quando il dittatore voleva conquistarla per tagliare le gambe all’esercito sovietico.

L’Azerbaijan è cresciuto a ritmi da record dalla caduta dell’Unione sovietica (nel solo 2006 il Pil è cresciuto del 35 per cento) sotto la guida di Heydar Aliev, il presidente in carica dal 1993 e padre dell’attuale presidente Ilham Aliev.

All’aeroporto viene mio cugino a prendermi con un taxi londinese, a Baku sono la maggioranza: non sono una copia, sono gli stessi che trovi a Londra. Il taxista si chiama Namiq, sarà con noi per tre giorni e ci porterà a visitare diverse cose nel paese.

Namiq non parla inglese ma solo azero, una lingua simile al turco. Comunichiamo con il traduttore del suo cellulare, quando vuole dirci qualcosa ci parla e mostra la traduzione, poi ce lo passa per la risposta. Namiq per fare il suo lavoro deve affittare il taxi e pagare 30 manat al giorno, 15 euro. Una corsa in media costa 5 manat (2 euro e 50 centesimi) e non sempre le richieste sono alte. Queste sono le cose che ci racconta, ma c’è il rischio che lo dica solo per arrotondare la tariffa finale. Gli crediamo comunque.

A lato della strada che porta dall’aeroporto alla città corrono diversi muri, sono strani, belli a vedersi, di pietra o finto marmo, con decorazioni. Noto che sono discontinui e che non servono per delimitare ma per nascondere. Questo è, forse, il prezzo che deve pagare un paese che si è sviluppato a ritmi così rapidi: aver creato una bella maschera che nasconde quello che non è riuscito a migliorare, lo rifiuta. Vedere i quartieri disagiati di Baku è quindi difficilissimo, sono nascosti. La città che riesci a vedere è solo quella costruita sul modello di Parigi. Bella, ampia e ordinata.

Mio cugino prova spesso a parlare con Namiq nei nostri viaggi. La conversazione non è semplicissima perché sempre mediata dal traduttore che ogni tanto si perde nelle diverse strutture delle frasi tra l’azero e l’italiano. Tra le cose che riusciamo a capire c’è che Namiq è stato militare prima di fare il taxista: 3 anni in marina e 4 nell’esercito.

È stato ferito alla testa dalle schegge di una bomba a mano e al piede da un colpo di fucile. Oggi ancora ha terribili giramenti di testa e non riesce a stare troppo in piedi per le ferite riportate. Quello che non riusciamo a capire è in quale guerra gli sia successo. Molti azeri hanno combattuto in Afghanistan sotto l’unione sovietica, che ha controllato il paese fino al 1979 ma la vera guerra che ha segnato profondamente il paese è quella contro l’Armenia per una regione che si chiama Nagorno-Karabakh.

È strano andare in un paese che non conoscevi prima e scoprirne gli odi profondi, la forza con la quale un popolo lotta contro un altro per una regione della quale non sapevi nemmeno l’esistenza, quanto sia attuale e distruttivo un conflitto per una regione che fai ancora fatica a pronunciare, Nagorno-Karabakh. Tante persone sono morte nelle fasi acute del conflitto all’inizio degli anni Novanta, e ancora muoiono, per permettere all’Azerbaijan di mantenere il controllo sulla regione.

Dunque Namiq forse è andato vicino alla morte per mano degli armeni oppure combattendo per uno stato che non esiste più. Ora, mentre guida il taxi che ci porta a visitare le zone pacifiche del paese ha dei frammenti di bomba nel cervello a ricordarglielo.

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