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Home » Esteri

Lo street-artist siriano che dipinge sulle macerie della città di Daraya

Immagine di copertina

Negli ultimi due anni, l'artista ha realizzato 32 graffiti sorti qua e là fra i cumuli delle abitazioni e degli edifici distrutti dai bombardamenti

Il suo nome di battaglia è Abu Malek al-Shami. Di lui si sa che ha una ventina di anni e che prima della scoppio del conflitto frequentava il liceo della sua città natale, Daraya, per poi diventare un artista di strada.

S&D

Da due anni a questa parte, al-Shami si muove misterioso per le vie polverose della sua città, fra le macerie e i detriti dei palazzi distrutti dai continui bombardamenti da parte delle forze governative siriane, che attualmente l’assediano.

Per esprimere al meglio la sua arte, al-Shami preferisce agire con il calare del buio per non essere visto e riconosciuto. Qui con pennello e colori acrilici realizza dei graffiti attraverso i quali racconta la realtà quotidiana in una città devastata dalla guerra: circa l’80-90 per cento di Daraya è stata ridotta a un ammasso di detriti. 

Il suo primo murale risale al 2014 e ritrae una bambina su una collina di cadaveri che su una parete immaginaria traccia la parola Hope, speranza appunto. Fino a oggi, il misterioso street artist ha realizzato 32 graffiti e ha trasformato numerose lastre di cemento armato in tele da disegno.

Daraya illuminata dai raggi del sole appare meno spettrale dopo il passaggio di al-Shami e dei suo graffiti, che spuntano qua e là dalle macerie delle abitazioni distrutte. Nonostante i rumori delle bombe e i segni indelebili di una guerra troppo lunga, i residenti non hanno comunque perso la verve di radunarsi davanti a questi pezzi d’arte per ammirarli e commentarli.

L’ultimo graffito realizzato è del 2016 e raffigura una mano che chiede aiuto sotto cumuli di detriti di un edificio crollato, il fumo che si staglia all’orizzonte e una luna che piange mentre dal cielo blu scuro osserva la scena di devastazione. Ancora una volta i disegni di al-Shami hanno colpito al centro, raccontando quello che rimane di una città sotto assedio da quattro anni a questa parte.

Circa 4mila residenti dal 2012 a oggi hanno vissuto quotidianamente sotto i rumori assordanti dei bombardamenti, con tutte le difficoltà derivanti da questa condizione: la mancanza di beni di prima necessità come acqua, cibo e medicinali. Il 26 giugno 2016, dopo quattro anni, le forze governative e i ribelli hanno raggiunto un accordo per togliere l’assedio dalla città. 

Le sue 32 tele di cemento armato disseminate qua e là hanno tentato di restituire un’anima a Daraya, e sono state realizzate sulle rovine di quelle che una volta erano le case, le scuole o gli ospedali della città. 

Il giovane street-artist siriano è costretto a celarsi dietro uno pseudonimo, usato per proteggere amici e parenti che vivono ancora nelle aree sotto il controllo delle forze governative. Inoltre, i suoi graffiti non portano la firma, ma un semplice segno di riconoscimento “DMC”. 

Il suo lavoro è iniziato sotto mentite spoglie e così è proseguito in questi anni. Le persone hanno apprezzato la sua arte quando è apparsa in città, ed è proprio da qui che il giovane street-artist ha tratto la forza e l’incoraggiamento per andare avanti.

“Mi hanno incoraggiato a proseguire su questa strada. Un giorno un uomo mi chiese se potevo disegnare qualcosa sul muro della sua casa semi-distrutta, ma pochi giorni dopo una bomba è caduta distruggendo anche il resto”, ha raccontato al-Shami. 

Era il gennaio del 2013, quando al-Shami fu costretto a lasciare la sua abitazione con l’inizio dell’offensiva lanciata dall’esercito regolare siriano sulle colline di Daraya. L’attivismo del giovane artista aveva preso corpo due anni addietro, con l’inizio delle proteste contro il governo scoppiate a Damasco. 

Anche la città di Daraya non rimase immune dalle innumerevoli proteste nate nel 2011, divenendo la protagonista delle prime rivolte contro il governo siriano. Nel momento in cui lasciò casa, al-Shami riempì il suo zaino con un cambio di vestiti, un libro di poesie in arabo, il Corano, una copia del poema epico di Victor Hugo, I Miserabili, e il suo inseparabile album da disegno.

Trascorreva le giornate realizzando dei disegni sui fogli immacolati del suo album, ma una volta terminati passò alle lastre di cemento armato degli edifici distrutti dalle bombe. Sono nati così i suoi murales che concentrano in pochi soggetti e nelle sfumature di colore le tematiche politiche attuali, ma anche le speranze e le paure di un popolo sotto assedio. 

“C’era un grande negozio di vernici, ma il proprietario era scappato da Daraya. Sono riuscito a ottenere il permesso per usare la sua pittura. Dopo due anni di lavoro costante, ho praticamente esaurito tutte le scorte del magazzino”, ha raccontato ancora al-Shami, che ha deciso di rendere pubbliche le sue opere attraverso una pagina Facebook. 

“Gli unici colori che mi sono rimasti sono il rosso, un po’ di nero, il verde pistacchio, il giallo lucido e il marrone. Cerco di mescolarsi e di riadattarli poi sul cemento armato”. 

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