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Come si sentono i musulmani in Europa

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Un sondaggio ha posto a oltre 10mila musulmani del nostro continente domande su discriminazioni e integrazione

L’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), un organismo con sede a Vienna che si occupa del rispetto dei diritti fondamentali da parte di tutti gli Stati membri, ha reso noti i risultati di una vasta inchiesta sui musulmani d’Europa che ha indagato la sensazione di discriminazione e razzismo a sfondo religioso presente sul continente.

Il campione

Il rapporto ha analizzato le risposte di 10.527 intervistati che si sono identificati come “musulmani” quando gli è stato chiesto in quale religione si identificassero. La ricerca è stata condotta in 15 stati membri dell’Unione europea: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Malta, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna, Svezia, e Regno Unito.

La ricerca è stata condotta tra ottobre del 2015 e settembre 2016 prendendo il considerazione il secondo gruppo religioso più grande dell’Unione europea (pari al 4 per cento).

Il campione EU-MIDIS II è rappresentativo per la selezione gruppi di immigrati di prima generazione (quindi nati all’esterno dell’Unione europea) e seconda generazione, (quindi per i discendenti degli immigrati con almeno un genitore nato al di fuori dell’Ue).

Non sono state prese in considerazione persone che vivono negli alloggi istituzionali – come le case di riposo, ospedali o carceri.

I paesi di origine degli immigrati di prima e seconda generazione includono: Turchia, Africa settentrionale, Africa subsahariana e Asia del sud.

L’età media dei musulmani coinvolti è di 38 anni, il 50 per cento sono donne e l’altro 50 per cento uomini.

Dati

Quasi il 30 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere stato insultato o chiamato con appellativi denigratori e il 2 per cento è stato fisicamente aggredito nei 12 mesi precedenti al sondaggio.

Il 17 per cento ha dichiarato di essere discriminato direttamente a causa del suo credo religioso: un aumento sette volte maggiore rispetto alla  stessa indagine svolta nel 2008.

Quasi il 40 per cento delle donne che indossavano un foulard o niqab in pubblico ha sentito che era quello il motivo per cui si sentivano discriminate di fronte alla richiesta di un posto di lavoro.

Più del 30 per cento delle donne che indossano abiti tradizionali o religiosi hanno dichiarato di essere state molestate, spesso con gesti offensivi o commenti.

L’indagine ha anche rivelato che il 47 per cento degli uomini che erano stati fermati dalla polizia hanno dichiarato di avvertire che il motivo del fermo erano gli abiti tradizionali che indossavano.

Il 76 per cento dei musulmani intervistati sente un forte attaccamento al paese in cui vive. Hanno anche una certa fiducia nel sistema giudiziario e nella polizia rispetto agli altri europei e sono tolleranti nei confronti di un vicino che non condivida le loro credenze religiose.

Il 48 per cento dei musulmani ha dichiarato di sentirsi “completamente a proprio agio” con un familiare che intende contrarre un matrimonio misto. Sono solo il 17 per cento lo rifiuterebbe.

Considerazioni sul sondaggio espresse nel report

“Ogni incidente di discriminazione e crimine di odio pregiudica l’inclusione e riduce le possibilità di trovare lavoro. Rischiamo di alienare gli individui e le loro comunità con conseguenze potenzialmente pericolose”, ha dichiarato Michael O’Flaherty, direttore della Fra.

“Gli immigrati e i loro figli, originari della Turchia, dal Nord Africa, dell’Africa sub-sahariana e del sud-est asiatico, venendo da culture riverse, nutrono un “grado di fiducia nelle istituzioni democratiche molto più elevato rispetto alla popolazione generale di quel paese”, sostiene Michael O’Flaherty.

I risultati presentati in questo rapporto mostrano che la maggioranza dei musulmani intervistati è fortemente attaccata al loro paese di residenza. Hanno fiducia nelle istituzioni pubbliche del loro paese, spesso in misura maggiore rispetto alla popolazione generale di quel paese.

Tuttavia, gli immigrati continuano ad affrontare barriere per la loro piena inclusione nelle società europee. Queste includono discriminazioni, molestie e violenze motivate da odio, così come frequenti sono i fermi della polizia.

Questo tipo di esperienze negative possono nel tempo ridurre la fiducia delle vittime nella polizia, nel sistema giudiziario e nel parlamento, nonché il loro attaccamento al paese in cui vivono.

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