Chi è il nuovo premier della Siria, Mohammed al-Bashir, nominato dal gruppo ribelle jihadista Hayat Tahrir al-Sham
L'ingegnere elettronico, stretto collaboratore del leader del gruppo armato Ahmed Hussein al-Shar’a, nome di battaglia: Abu Mohammad al-Jolani, resterà in carica per tre mesi
Il nuovo premier della Siria, Mohammed al-Bashir, nominato dal gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) che guida la coalizione ribelle responsabile della caduta del regime di Bashar al-Assad, ha assunto oggi ufficialmente il proprio incarico, convocando una riunione del cosiddetto “Governo della Salvezza” con alcuni esponenti dell’organizzazione.
Al-Bashir, secondo quanto annunciato dai ribelli, guiderà un esecutivo ad interim per tre mesi con l’incarico di “rinnovare le strutture politiche e statali e rivedere i sistemi militari e di sicurezza” della Siria. Tanto che, come riferito all’agenzia di stampa Reuters da due fonti vicine al gruppo jihadista, il primo atto del nuovo esecutivo, che comprende ministri provenienti dalla provincia di Aleppo controllata da Hayat Tahrir al-Sham sin dal 2016, è stato ordinare ai propri combattenti di ritirarsi dalle città siriane, dove saranno invece schierate unità di polizia e forze di sicurezza interna affiliate all’organizzazione guidata da Ahmed Hussein al-Shar’a, nome di battaglia: Abu Mohammad al-Jolani.
Ma chi è il nuovo premier della Siria? Stretto collaboratore del leader di HTS, al-Bashir, che ha sostituito l’ultimo primo ministro nominato dal regime Mohammed al-Jalali, non è nuovo alla politica, avendo guidato l’amministrazione ribelle che negli ultimi otto anni ha governato alcune aree della Siria nordoccidentale e della provincia di Idlib. Ora però si trova ad affrontare la sfida di gestire la transizione, l’instabilità politica e la ricostruzione di un Paese devastato da quasi 14 anni di guerra, controllato da diversi gruppi armati e in cui sono presenti truppe straniere provenienti, almeno, da Russia, Turchia e Stati Uniti.
Chi è Mohammed al-Bashir
Nominato premier dell’autoproclamato governo di HTS, il quinto dal 2016, soltanto nel gennaio di quest’anno, al-Bashir è nato nel 1986 nella regione montuosa di Jabal Zawiya della provincia di Idlib, in Siria nordoccidentale. Ma, a dispetto della sua carriera politica, l’esponente del gruppo jihadista, a cui si è unito soltanto nel 2021, vanta una vasta formazione accademica.
Il nuovo primo ministro siriano infatti ha conseguito la laurea in ingegneria elettrica ed elettronica, con specializzazione in comunicazioni, presso l’Università di Aleppo nel 2007. Secondo il curriculum vitae pubblicato online dal nuovo governo inoltre, nel 2010 al-Bashir ha anche completato un corso avanzato di lingua inglese organizzato dal ministero dell’Istruzione siriano. Quindi, nel 2021, ha conseguito la laurea summa cum laude in giurisprudenza islamica presso l’Università di Idlib, ottenendo nello stesso anno anche un attestato in pianificazione amministrativa e project management dalla Syrian International Academy for Training, Languages & Consulting. In seguito ha lavorato come ingegnere, supervisionando la realizzazione di un impianto energetico della Syrian Gas Company.
Unitosi “alle fila dei rivoluzionari in campo militare” soltanto tre anni fa, tra il 2022 e il 2023 al-Bashir ha ricoperto la carica di ministro dello Sviluppo e degli Affari Umanitari del cosiddetto “Governo della Salvezza” sotto il suo predecessore, il premier Ali Keda, finché nel gennaio di quest’anno il Consiglio della Shura dell’esecutivo ribelle non lo ha eletto primo ministro.
Da quando è in carica ha dato priorità alla ricostruzione, non solo del Paese, ma anche dell’amministrazione, riducendo le imposte sulle proprietà immobiliari, allentando i vincoli urbanistici, favorendo l’ampliamento del piano regolatore della città di Idlib e puntando sulla digitalizzazione dei servizi amministrativi. Obiettivi sicuramente da conseguire visto lo stato in cui versa la Siria.
La guerra, tuttora in corso, ha provocato finora almeno 500mila tra morti e feriti, 7,2 milioni di sfollati e 6,4 milioni di rifugiati all’estero. Almeno 13 milioni di persone, più della metà della popolazione siriana, soffrono di insicurezza alimentare. Secondo la Banca mondiale poi, quasi il 96 per cento degli abitanti vive con meno di sette dollari al giorno. Oltre il 40 percento degli ospedali, secondo le Nazioni Unite, non sono più operativi. Più di 328mila abitazioni sono andate distrutte durante il conflitto e 13,6 milioni di residenti non hanno accesso ad acqua pulita e servizi igienici.