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La Chiesa ortodossa ucraina divorzia da quella russa: perché non è solo una questione religiosa

Immagine di copertina
Patriarca Bartolomeo. Credit: Getty Images

Il patriarca Bartolomeo ha approvato l'indipendenza della Chiesa di Kiev dalla Russia, ma la decisione ha importanti risvolti anche a livello geopolitico

Il 12 ottobre il patriarca della Chiesa greca ortodossa Bartolomeo ha approvato lo scisma degli ortodossi di Kiev da Mosca alla fine del Sacro sinodo, definendolo “un processo già in atto”.

S&D

La decisione infatti è stata presa dopo numerosi incontri tra il patriarca di Costantinopoli e quello di Mosca, Kirill, che a inizio del 2018 aveva tentato di far dissuadere Bartolomeo dal dare la sua approvazione a una richiesta che potrebbe avere esiti “catastrofici”, sia sul piano religioso che su quello politico.

“È una vittoria del bene sul male, della luce sul buio”, ha dichiarato il presidente ucraino Poroshenko, che ha definito la scelta “storica” e attesa da oltre 330 anni.

Poroshenko cercherà di utilizzare lo scisma in suo favore nelle prossime elezioni presidenziali previste per il 2019.

La decisione del patriarca greco non è stata invece accolta positivamente dal Cremlino, che si dice pronto a difendere “ovunque gli interessi degli ortodossi, come protegge quelli dei russofoni, se gli eventi in Ucraina, legati alla decisione del Sinodo di Costantinopoli, si sviluppino in modo illegale”, ha infatti affermato Dmitri Peskov, portavoce di Mosca.

Il patriarca di Costantinopoli guarda a Occidente

Lo scisma della Chiesa ortodossa ucraina da quella russa è rilevante sia da un punto di vista religioso che geopolitico.

I rapporti tra Mosca e Kiev sono ancora molto tesi a causa delle rivolte che hanno segnato l’Ucraina nel 2013, portando alla caduta del presidente filorusso e all’elezione di Petro Poroshenko, più vicino all’Europa, e dell’annessione della Crimea da parte della Russia a seguito di un referendum che la comunità internazionale non ha ancora riconosciuto come valido.

Prima di tutto, scisma interno alla Chiesa ortodossa può essere letto secondo gli esperti come il tentativo da parte del patriarca di Costantinopoli di estendere la propria influenza in Occidente e più precisamente in Europa.

Infatti, nonostante il patriarca di Costantinopoli e di Mosca siano considerati primus inter pares, in generale si ritiene che il vero capo della Chiesa ortodossa nell’Europa orientale sia il capo della Chiesa russa Kirill, per lo meno da un punto di vista politico. Sono noti infatti i legami tra il patriarca di Mosca e il presidente russo Putin, che ha utilizzato la religione come strategia per aumentare la sua popolarità tra i cittadini.

La decisione di concedere lo scisma, quindi, permette al patriarca di Costantinopoli di uscire dalla sfera di influenza della Chiesa russa, garantendosi allo stesso tempo le simpatie degli ucraini.

Il significato geopolitico

L’indipendenza della Chiesa ucraina da quella russa complica ulteriormente i già difficili rapporti tra i due paesi ed evidenzia i tentativi dell’Ucraina di uscire dalla sfera di influenza di Mosca per avvicinarsi ancora di più all’Occidente, non solo da un punto di vista politico ma anche religioso.

Grande sostenitore dello scisma infatti è lo stesso patriarca della Chiesa ortodossa ucraina, Filarete, noto per aver appoggiato fin da subito i movimenti nazionalisti del paese che presero parte alle proteste di Piazza Maidan.

A sottolineare l’importanza geopolitica dello scisma, anche il commento senza precedenti del portavoce del Dipartimento di stato americano, Heather Nauert.

“Gli Stati Uniti sostengono la libertà dei gruppi di governare la loro religione secondo le loro credenze e praticare liberamente le loro fedi senza interferenze del governo e rispettano la capacità dei leader e dei fedeli ortodossi dell’Ucraina di perseguire l’autocefalia secondo le loro convinzioni”.

Il portavoce ha anche colto l’occasione per ricordare “l’incrollabile sostegno” degli Stati Uniti all’Ucraina in contrasto alle politiche della Russia.

La religione, quindi, si inserisce nella più ampia strategia di contrasto al tanto temuto espansionismo di Mosca e diventa una nuova arma al servizio degli Stati Uniti contro lo storico nemico, al di là dei rapporti di amicizia che si ritiene esistano tra Putin e Trump.

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