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Nel Sahel 700mila bambini non hanno accesso all’istruzione: il Covid sta distruggendo sogni e talenti

Immagine di copertina
credits: UNHCR

Il dono più grande ogni bambino lo porta dentro di sé: sono i suoi talenti e abilità, le attitudini, le speranze e i sogni che nutre. Aiutarlo a “scartare” questo dono, a liberare tutte le sue potenzialità, è il regalo più grande che gli si possa fare. Per i bambini sfollati e rifugiati questo è ancora più importante, decisivo per il loro futuro. E questo potenziale può essere liberato ed espresso soltanto attraverso la scuola. Ma nella martoriata regione africana del Sahel, un’emergenza tra le emergenze è proprio quella legata all’istruzione: a causa dei continui violenti conflitti sono state chiuse o distrutte 4mila scuole, impedendo a 700mila bambini di accedere ai vari gradi dell’istruzione e a 20 mila insegnanti di lavorare al loro fianco. Il Covid-19 ha ulteriormente aggravato lo scenario dal momento che ha determinato la chiusura di molte altre scuole.

S&D

La didattica a distanza è estremamente difficile in questa regione a causa di mancanza di infrastrutture tecnologiche e carenza di devices. La combinazione di violenza e misure di prevenzione del Covid-19 sta impattando in maniera devastante sui bambini sfollati e rifugiati e rischia di compromettere i passi avanti fatti in materia di istruzione e di rovinare per sempre il loro destino. Eppure il ruolo della scuola è fondamentale nel contrasto alla pandemia: a scuola i ragazzini apprendono tutte le norme necessarie a prevenire la diffusione del virus, come il lavaggio delle mani, l’uso delle mascherine, il distanziamento. Gli alunni apprendono in classe queste norme di comportamento, facendosene poi ambasciatori anche presso le famiglie e le comunità, una volta rientrati a casa. La scuola assume dunque un ruolo chiave, considerato anche che, se il virus si diffondesse in maniera massiccia nel Sahel, andremmo certamente incontro a un disastro umanitario vista la povertà e fragilità dei sistemi sanitari.

Nel Sahel, dove la crisi corre veloce

Nel Sahel centrale, tra Burkina Faso, Mali, Niger, sono presenti circa 3,5 milioni fra sfollati interni e rifugiati. 6 milioni di persone, tra cui moltissimi bambini, vivono in condizioni di povertà estrema e di insicurezza costante. Le cause si sommano: i cambiamenti climatici colpiscono pesantemente l’intera regione, provocando devastanti alluvioni e carestie. Si calcola che siano 4,8 milioni i bambini che necessitano di assistenza per malnutrizione. Questa situazione inasprisce ulteriormente i tanti conflitti che dilaniano le comunità, generando una violenza diffusa ed endemica, con conflitti diffusi tra le varie comunità: contadini e allevatori, gruppi religiosi e fondamentalisti, trafficanti di esseri umani e risorse naturali (come oro, uranio e gas), mercanti di armi. Soltanto nei primi 3 mesi del 2020, l’UNHCR ha registrato 191 tra attentati, aggressioni e rapimenti da parte dei gruppi armati estremisti, che hanno causato 549 vittime.

Primo bersaglio sono i più deboli: le donne, che vengono sistematicamente stuprate, le bambine costrette a matrimoni precoci, tutti i bambini in generale, che vengono strappati alle famiglie e alle istituzioni scolastiche per essere arruolati e sfruttati. L’uccisione degli insegnanti, il rapimento degli studenti, gli attacchi alle scuole o l’uso degli edifici scolastici per scopi militari sono diventati pratiche comuni nella regione. I genitori hanno paura di mandare a scuola i figli e anche gli insegnanti sono terrorizzati.

Ad oggi, nel Sahel 4mila scuole sono state chiuse o distrutte, scuole che erano frequentate da 700 mila bambini e che offrivano lavoro a 20 mila insegnanti. Lo abbiamo vissuto da vicino nei mesi della pandemia: la mancanza della scuola per ogni bambino e ragazzo rappresenta una drammatica sospensione del suo percorso di crescita, che rischia di provocare pesanti ripercussioni sulla sua formazione, sulla salute e sul benessere psicofisico.

Per un bambino rifugiato, la situazione è ancora più grave e complessa: non andare più a scuola significa rimanere inerme ed esposto a pericoli come violenze sessuali e di genere, sfruttamento lavorativo, matrimoni e gravidanze precoci, reclutamento forzato in gruppi armati. Non ultimo: non poter proseguire nel percorso di istruzione e formazione si traduce, nel tempo, nell’impossibilità per i bambini rifugiati e sfollati di affrancarsi dalla condizione di povertà, di fragilità e di marginalità in cui vivono. Le bambine sono tra le più colpite e vulnerabili, in quanto ancora più svantaggiate dei coetanei maschi nell’accesso a scuola e più esposte a rischi di violenza e sfruttamento.

Obiettivo della campagna “Libera il suo potenziale” è di sensibilizzare sull’importanza decisiva dell’istruzione per i 700 mila bambini del Sahel che non vi hanno accesso e raccogliere fondi per garantire loro la possibilità di tornare a scuola. L’UNHCR sta lavorando senza sosta per assicurare continuità nell’istruzione a tutti i bambini sfollati. Ma la crisi globalmente resta sottofinanziata e i bisogni sono enormi. Per donare qui.

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