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Condannato a 5 anni per detenzione, cessione e trasmissione di materiale pedopornografico il monsignor Alberto Capella

Immagine di copertina
Carlo Alberto Cappella

Il Tribunale della Città del Vaticano ha inflitto una condanna a 5 anni di reclusione e 5mila euro di multa al monsignor Alberto Capella per il reato di detenzione, cessione e trasmissione di materiale pedopornografico

Il Tribunale della Città del Vaticano ha inflitto una condanna a 5 anni di reclusione e 5mila euro di multa al monsignor Alberto Capella per il reato di detenzione, cessione e trasmissione di materiale pedopornografico.

S&D

I promotori di giustizia vaticani, Gian Piero Milano e Roberto Zanotti avevano chiesto per il sacerdote una condanna a 5 anni e 9 mesi di reclusione più 10mila euro di multa.

Carlo Alberto Capella, ex funzionario Vaticano, è stato arrestato il 7 aprile 2018.

“Gli errori che ho fatto sono evidenti, ed evidente è anche il fatto che si riferiscono a un periodo di fragilità. Sono dispiaciuto che la mia debolezza abbia inciso sulla vita della Chiesa, della Santa Sede e della diocesi e sono addolorato per la mia famiglia”, le parole di Cappella prima dell’inizio della Camera di Consiglio.

“Spero che questa situazione”, ha aggiunto, “possa essere considerata un incidente di percorso nella mia vita sacerdotale, che amo ancora di più”.

“Voglio continuare il sostegno psicologico”, ha proseguito Capella in una dichiarazione spontanea. “Spero che questo processo possa essere di qualche utilità nel corretto inquadramento dei fatti”.

Il promotore di giustizia Milano aveva cominciato la sua requisitoria sgombrando il campo da ogni dubbio circa la titolarità della giurisdizione vaticana: per la Santa Sede, infatti, qualsiasi reato commesso da un pubblico ufficiale vaticano, in qualsiasi territorio, è un reato competente per lo Stato della Città del Vaticano.

Riguardo al materiale sequestrato, la legislazione vaticana, ha detto il rappresentante dell’accusa, è molto più restrittiva rispetto a quella italiana, in quanto non distingue tra immagini reali e virtuali.

Di qui la pregnanza della “ingente quantità”, dimostrata anche dal fatto che le immagine scaricate dal cellulare di Capella sono state archiviate in un cloud e consultate in diversi punti, l’ultima volta nell’ottobre del 2017.

Segno, quindi, di “un comportamento reiterato nel tempo che non è mai venuto meno”, come dimostra anche l’attività in chat su Tumblr.

Le immagini, inoltre, quando venivano condivise erano accompagnate da “apprezzamenti”. Nelle chat, infine, “si prospettavano anche incontri reali”.

“Non era una captazione accidentale e fortuita di materiale, ma l’indice di una attività illecita di ingente quantità”, ha rilevato l’accusa, che ha ricordato come la legge vaticana del 2010, voluta da Papa Ratzinger, inserisce lo scambio di materiale pedopornografico nei “delicta graviora”, quelli cioè che riguardano le offese alla fede e alla morale.

Quest’ultima considerazione era stata però contestata dall’avvocato difensore di Capella, Roberto Borgogno, in quanto, secondo il legale, l'”ingente quantità”, non viene definita precisamente dalla legislazione vaticana.

Per quella italiana, ha fatto notare il legale, si parla di ingente quantità a partire da 100 immagini (quelle riscontrate nei dispositivi di Capella oscillerebbero tra 40 e 55).

Poi l’avvocato si è soffermato sul profilo psicologico del suo assistito: “Questi comportamenti non sono indice di pericolosità ma di un disagio: non si può sempre parlare di detenzione, ci sono terapie e percorsi riabilitativi che le autorità ecclesiastiche ben conoscono. C’è la possibilità di un cammino terapeutico”.

Nella memoria del consulente psichiatrico depositata agli atti, inoltre, emerge “lo studio di una personalità che non dimostra affatto tendenze di pedofilia o parafilia”.

Per questo la richiesta dell’avvocato è stata che “la pena sia contenuta nei minimi applicabili”.

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