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    Uno studio rivela: “Un metro di distanza non basta a proteggersi dal Coronavirus”

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 26 Ago. 2020 alle 18:29

    Secondo uno studio un metro di distanza non basta a proteggersi dal Coronavirus

    Un metro di distanza potrebbe non bastare per proteggersi dal Coronavirus: lo rivela uno studio realizzato nel Regno Unito secondo cui le regole che determinano le norme di distanziamento sociale si basano su una scienza “obsoleta”. La ricerca, pubblicata dal British Medical Journal, è stata condotta da un gruppo di esperti dell’Università di Oxford. Secondo gli studiosi, per arginare la diffusione del Covid-19 si dovrebbero considerare meglio i molteplici fattori che si combinano nella trasmissione della malattia. I ricercatori, infatti, sostengono l’urgenza di superare l’idea semplicistica, secondo la quale la trasmissione dell’infezione è possibile da goccioline di grandi o piccole dimensioni, emesse singolarmente e trasportate dall’aria, senza quindi tenere conto dell’aria respirata.

    “La trasmissione è in realtà un processo molto più complesso. Coinvolge aerosol e particelle di una grande varietà di dimensioni ed è sensibile all’espirazione” spiega Nicholas Jones dell’Università di Oxford, sottolineando anche che le particelle infette possono viaggiare per oltre due metri a causa di emissioni come tosse o urla e fino a 8 metri in ambienti chiusi. “Pertanto – continua il ricercatore – è necessario che le norme di distanziamento sociale tengano conto di queste informazioni e dei fattori che influenzano la trasmissione, tra cui il tipo di attività che porta all’emissione di goccioline e aerosol, l’ambiente e la conformazione del luogo in cui ci si trova, il livello di ventilazione e l’uso di mascherine e dispositivi di protezione individuale”.

    Secondo Jones, quindi, andrebbe realizzato “Un nuovo vademecum che tenga conto di queste informazioni” e che “consentirebbe una maggiore protezione negli ambienti a più alto rischio e allo stesso tempo una maggiore libertà in contesti a basso rischio, consentendo potenzialmente un ritorno alla normalità in alcuni aspetti della vita sociale ed economica”. Nei luoghi più a rischio, come bar o locali affollati, si dovrebbe prendere in considerazione la distanza fisica oltre i 2 metri.

    “Saranno necessari ulteriori studi – concludono gli scienziati – per esaminare le varie aree e i diversi scenari ed estendere la guida in modo da sviluppare soluzioni specifiche a classi di ambienti interni occupati a vari livelli di utilizzo. Il distanziamento sociale dovrebbe essere considerato come una parte di un più ampio approccio di salute pubblica volto a contenere la situazione emergenziale, per cui è necessaria un’azione combinata con altre strategie, come la corretta igiene delle mani, la pulizia delle superfici, l’uso di dispositivi di protezione individuale ove appropriato, la disinfezione degli ambienti e l’isolamento delle persone contagiate”.

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