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Home » Esteri

Libertà per Hosni Mubarak

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Il possibile rilascio dell'ex presidente. La violenza delle forze armate. La crisi politica. Che succede in Egitto?

Breaking News: ++ Mohamed Badie, leader dei Fratelli Musulmani, è stato arrestato in un appartamento al Cairo ++

Hosni Mubarak può essere rilasciato. L’ex presidente egiziano fu arrestato dopo la rivolta contro il suo governo nel 2011 e adesso, secondo gli analisti, è improbabile che i pubblici ministeri trovino nuove ragioni per continuare a trattenerlo in carcere.

Il rilascio può essere considerato una conseguenza degli eventi che si sono susseguiti in questi ultimi mesi in Egitto, dalla cacciata di Morsi alla repressione militare dei manifestanti islamisti negli ultimi giorni. Personaggi e volti di spicco dell’era Mubarak sono tornati in campo ed è probabile che possano riprendere le redini dei giochi di potere egiziani.

“Lo stato di Mubarak era in realtà meno repressivo di quello che stiamo vedendo ora”, ha detto Shadi Hamid, direttore di ricerca per la Brookings Doha Center nel Qatar. Secondo alcuni studiosi egiziani, questo nuovo governo è più forte e autoritario di quello “Mubarak”, che non godeva di un grande sostegno popolare. L’uomo forte del momento, il vice-premier e capo delle forze armate Abdel Sisi, al contrario, può contare sull’appoggio “di milioni di egiziani, molti dei quali pensano che l’esercito non sia stato sufficientemente brutale contro i Fratelli Musulmani”. Questo, secondo Hamid, rende il governo controllato da Sisi molto difficile da rimuovere.

Mubarak non sarà una minaccia per il generale Sisi. L’esecuzione dell’ex presidente non interessa più al pubblico egiziano e non rappresenterebbe più alcun valore aggiunto per l’attuale comando, anzi scarcerare Mubarak eviterebbe che questi possa incontrarsi con un altro leader deposto, Mohamed Morsi, che in questo momento si trova in un carcere sconosciuto. Però liberare un ex capo di Stato e lasciarne in prigione un altro potrebbe essere una mossa criticabile sia dalla fazione amica che dagli avversari, per nulla nostalgici della dittatura di Mubarak.

Questo in un momento in cui l’Egitto sta vivendo una delle vicende più drammatiche della sua storia. Solo nella scorsa settimana negli scontri tra esercito e sostenitori di Morsi ci sono state 850 vittime. Lunedì dei sospetti militanti islamici hanno ucciso 25 poliziotti nella penisola del Sinai, mentre 36 membri dei Fratelli Musulmani sono morti poco prima. Quei poliziotti erano in Sinai per riportare la situazione a uno stato accettabile in una zona utilizzata per il contrabbando delle armi e di altre merci; i militari hanno distrutto molti tunnel sotterranei e probabilmente l’attacco è stata la risposta delle tribù che vivono nella striscia tra Israele e Gaza. Anche i Fratelli Musulmani hanno condannato questo episodio, attraverso un comunicato dell’alto funzionario Amr Darrag: “Condanno fermamente l’uccisione dei soldati egiziani innocenti in Sinai. Esigo approfondite indagini per catturare e punire i responsabili”.

Sembrerebbe che la situazione stia sfuggendo dalle mani degli attori protagonisti e di quelli che invece osservano aspettando il momento giusto per intervenire. I ministri degli Esteri dell’Unione Europea s’incontreranno domani per concordare un’azione di risposta al giro di vite egiziano: Catherine Ashton, capo della politica estera dell’Ue, proporrà una sospensione parziale degli aiuti economici all’Egitto pari a 5 miliardi di euro e si parlerà anche dell’imposizione di un embargo sulle armi.

Il ministro degli Esteri saudita Saud al-Faisal ha commentato questa proposta: “A tutti quelli che vogliono sospendere gli aiuti economici, noi diciamo che le nazioni arabe e musulmane sono molto ricche – ha detto – e non permettiamo che il destino dell’Egitto possa essere influenzato dai calcoli economici di altre persone”.

Intanto, nel sesto giorno di violente repressioni delle manifestazioni pro Morsi, la guida suprema dei Fratelli Musulmani d’Egitto Mohamed Badie è stato arrestato. La cattura è avenuta al Cairo in un appartamento vicino a piazza Rabaa al Adawiya, dove più di 280 sostenitori di Morsi sono stati uccisi mercoledì nel corso della prima operazione dell’ esercito contro i cortei di manifestanti islamisti.

 

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