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Ahmadinejad non si candiderà alle elezioni presidenziali del 2017 in Iran

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La risposta dell'ex presidente è arrivata dopo l'ammonimento della Guida Suprema, l'Ayatollah Khamenei, che gli aveva consigliato di non candidarsi per il bene del paese

Mahmoud Ahmadinejad non si candiderà alle prossime elezioni presidenziali in Iran. Lo ha dichiarato lui stesso martedì 27 settembre, rispettando in questo modo il diktat della Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei, che lo aveva messo in guardia sui rischi di una sua possibile candidatura, che avrebbe provocato delle divisioni nel paese. 

S&D

“Non ho alcuna intenzione di partecipare alle elezioni del prossimo anno”, ha scritto l’ex presidente iraniano in una lettera alla Guida Suprema pubblicata sul sito dolatebahar.com.

L’Ayatollah Khamenei aveva consigliato ad Ahmadinejad di non correre per la presidenza nel 2017, “per il suo bene e per il bene del paese”. Un avvertimento che è suonato come una velata minaccia. 

In un audio pubblicato sul suo sito web, l’Ayatollah Khamenei ha dichiarato che: “Qualcuno, un uomo, è venuto da me ma io gli ho detto di non prendere parte a quella determinata questione, sia per il suo bene sia per il bene del paese”. 

Queste osservazioni critiche sono state fatte nel corso di un seminario rivolto ad alcuni studenti. La Guida Suprema ha poi precisato: “Non gli ho detto di non partecipare, ma ho solo consigliato che non fosse opportuno farlo. Si creeranno delle divisioni nel paese e penso che ciò sia dannoso”. 

L’agenzia di stampa governativa Irna e altri media iraniani hanno riferito che l’Ayatollah si stesse chiaramente riferendo ad Ahmadinejad.

E la risposta di Ahmadineajd non si è fatta attendere.

Nonostante la pesante sconfitta incassata alle ultime elezioni presidenziali del 2013 che consegnarono la presidenza della Repubblica islamica dell’Iran al chierico moderato Hassan Rohuani; nonostante il cambio di rotta avviato nel paese e segnato da innumerevoli successi e lievi ma significative aperture, si è profilato qualche mese fa il timore di un ritorno poco gradito: quello di Mahmoud Ahmadinejad. 

Tra otto mesi – precisamente a maggio 2017 – milioni di cittadini iraniani aventi diritto al voto saranno chiamati alle urne per eleggere, o per riconfermare, il loro presidente. Ancora è presto per stilare una lista dei possibili candidati, ma la notizia è trapelata nel mese di marzo quando il quotidiano online Al-Monitor, sempre attento alle vicende dal Medio Oriente, ha pubblicato un lungo editoriale su un probabile ritorno di Ahmadinejad. 

L’ex presidente iraniano in carica per due mandati consecutivi – dal 2005 al 2013 – venne messo all’angolo nell’ultima tornata elettorale, sconfitto dai moderati supportati dall’ala riformista, la stessa che nel corso della sua presidenza aveva sempre combattuto.

Ma Ahmadinejad non aveva alcuna intenzione di ritirarsi a vita privata o riprendere la sua professione di docente di Ingegneria all’Università di Teheran, che aveva abbandonato una volta eletto al primo mandato presidenziale. 

Un anno prima di lasciare il suo ufficio, in un’intervista televisiva, egli aveva espresso fra le righe la possibilità di una sua presenza nel prossimo governo iraniano. Ma la squalifica del suo vice presidente, Esfandiar Rahim Mashei, dalla corsa presidenziale del 2013, troncò ogni sua velleità. 

Sul versante dei rapporti con la Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei, la situazione era ancora più critica. Ahmadinejad non era più il pupillo di Khamenei ma un personaggio scomodo. La crisi iniziata nel 2007 raggiunse il suo apice nel 2012, a causa di giochi di potere dell’allora presidente che non furono accolti in modo positivo da Khamenei. 

Una spaccatura irreparabile che a distanza di anni continua a pesare, soprattutto alla luce delle ultime dichiarazioni della Guida Suprema su un’ipotetica candidatura di Ahmadinejad. Le sue parole sono arrivate come un fulmine a ciel sereno e dimostrano come le incomprensioni del passato persistano ancora. 

Quando Mahmoud Ahmadinejad ha pensato di tornare sulla scena politica iraniana:

Non era escluso un suo possibile ritorno sulla scena politica nazionale, prima che giungesse la conferma da parte dello stesso Ahmadinejad di non voler prendere parte alla corsa presidenziale.

La sua ultima apparizione in pubblico risale al maggio scorso, in occasione di una manifestazione organizzata per onorare le vittime del conflitto fra l’Iran e l’Iraq durato otto anni (1980-1988).

Dal palco allestito a Jiroft, nel sudest dell’Iran, Ahmadinejad ha pronunciato ancora una volta un discorso anti occidentale non dissimile da quelli infuocati che pronunciava nelle vesti di presidente.

Al termine della manifestazione di commemorazione, alcuni tra la folla hanno scandito alcuni slogan con chiaro riferimento a un suo ritorno. 

Come presidente per otto anni, Ahmadinejad aveva fatto spesso infuriare la comunità internazionale con la sua feroce retorica contro gli Stati Uniti e Israele, per la sua posizione di sfida sul controverso programma nucleare iraniano e la continua messa in discussione dell’Olocausto. 

L’ex presidente iraniano era il bersaglio perfetto per attirare continue critiche, ma non mancavano i sostenitori che lodavano il suo operato volto a difendere i valori tradizionali contro la contaminazione occidentale.

Al contrario, i suoi avversari lo criticavano aspramente per non aver gestito correttamente l’economia del paese e lo accusavano per l’alto livello di corruzione registrato sotto la sua presidenza. 

Il suo secondo mandato (cominciato nel 2009) fu macchiato dal sangue di centinaia di manifestanti uccisi per le strade di Teheran – che avevano protestato contro la sua rielezione, accusando le autorità di brogli elettorali -, da centinaia di arresti di attivisti, di giornalisti, di vignettisti o di qualsiasi persona esprimesse dissenso e dalla chiusura di decine di giornali (prevalentemente di orientamento riformista). Non mancarono epurazioni perfino sul fronte della stampa conservatrice. 

(Qui sotto un gruppo di manifestanti della cosiddetta Onda Verde protestano contro la rielezione di Ahmadinejad nel 2009)


Per poter concorrere come candidato alle presidenziali, Ahmadinejad avrebbe necessitato della tacita approvazione del leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei, e del supporto della Guardia Rivoluzionaria, la potente forza militare ed economica iraniana. 

Per quanto concerne il primo punto, Ahmadinejad per lungo tempo ha potuto contare sul sostegno di Khamenei, ma nell’ultimo periodo i rapporti tra i due si sono incrinati irrimediabilmente. Da parte della Guardia Rivoluzionaria, invece, ci sono stati alcuni segnali di sostegno. 

Nel mese di marzo, durante il Nowruz (il capodanno persiano), Rouhani aveva compiuto un viaggio nell’isola di Kish mentre Ahmadinejad aveva visitato Shalamchech – teatro di battaglia durante il conflitto iraniano-iracheno. Nell’occasione, il sito Basij News, affiliato con le Guardie della Rivoluzione, ha elogiato l’ex presidente e messo in discussione Rouhani che non avrebbe mostrato rispetto per le famiglie delle vittime di guerra. 

Un ex membro riformista del parlamento, in una recente intervista con il quotidiano Arman-e-Emrouz ha dichiarato che “persone influenti con un ruolo nella struttura del potere” avevano inviato dei messaggi a Rouhani, esortandolo a non cercare una rielezione. 

Nonostante queste ipotesi, una cosa è certa: la politica iraniana non è mai scontata.

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