Elena Basile a TPI: “La guerra ha ridotto l’Europa al vassallaggio. Bisogna rifondare l’Ue”
“Assistiamo alla frattura tra democrazia e capitale. Il diritto cede alla forza e l’ideologia riscopre il suprematismo bianco”. In occasione dell'uscita del suo nuovo libro “Approdo per noi naufraghi”, l’ex ambasciatrice spiega a TPI: “Solo il dialogo con Mosca può assicurare pace e prosperità”
Ambasciatrice Basile, nel suo ultimo libro “Approdo per noi naufraghi”, si sofferma su come costruire la pace in Ucraina e in Palestina. L’Europa ha davvero bisogno di difendersi?
«Ho scritto il nuovo libro di politica internazionale pubblicato agli inizi di novembre con Paperfirst: “Approdo per noi naufraghi” al fine di uscire da narrazioni poco documentate. Ho voluto ricostruire il processo storico politico dagli anni ’90 ad oggi, indicando i fattori economico-sociali, geopolitici e culturali che hanno portato a una trasformazione antropologica della classe dirigente europea. Se una quindicina di anni addietro ci avessero informato che l’Europa sarebbe stata complice del genocidio di Gaza e avrebbe corso il rischio di una guerra nucleare con la Russia, non vi avremmo creduto. Le trasformazioni, che dal liberismo degli anni ‘80, hanno cambiato il modello di tassazione delle società affluenti, hanno portato a un trasferimento di ricchezza dalle classi lavoratrici alla cosiddetta società dell’1%. La scomparsa dei corpi intermedi, dei partiti e dei sindacati, della soggettività operaia, ha aiutato i processi terminati nella società liquida di Zygmunt Bauman. La guerra in Ucraina, come in Palestina, è il risultato di progetti di dominio neo-conservatore statunitense volti ad assicurare materie prime essenziali a un capitalismo minacciato dalla trappola del debito. Nel libro mi diffondo su fattori di carattere strutturale, come la fine della deterrenza nucleare, la distruzione del multilateralismo con la sostituzione di Osce e Onu con la NATO divenuta un’alleanza militare offensiva alla fine degli anni ‘90, ma indico anche operazioni di carattere contingente che hanno avuto molta influenza tra le quali citerei lo hackeraggio delle classi dirigenti europee da parte di Washington, i programmi di finanziamento della National Endowement for Democracy mirate a destabilizzare il vicinato russo, le operazioni di corruttela dello spazio mediatico occidentale. Mi è sembrata importante una ricostruzione fattuale di quanto è avvenuto negli ultimi 30 anni, in quanto ascolto opinioni stupefacenti come il rischio che la Russia, una potenza regionale, con territori immensi, un tasso demografico decrescente, il Pil del Texas, costituisca una minaccia per i Paesi Nato».
L’Ue sta tradendo la sua missione di pace e prosperità?
«Difficile comprendere, nel momento di maggiore debolezza economica dell’Europa, che la guerra ha ridotto al vassallaggio facendo trionfare la componente scandinava, baltica, polacca ed affossando ogni sogno di autonomia strategica, che le classi dirigenti, le destre ed i centrosinistra, la maggioranza Ursula, possano sconfessare Washington ed uscire dal quadro istituzionale della Nato nel quale vi è un egemone, Washington, e i vassalli europei. Mi sembrerebbe evidente che le élite europee si riferiscano ad aggregati di potere già denunciati dal presidente statunitense Dwight Eisenhower nel lontano 1961. Lo Stato profondo che ha avuto nei neo-conservatori democratici e repubblicani la sua migliore espressione, è formato dalle burocrazie del Pentagono, del dipartimento di Stato, dell’intelligence strettamente legate alle lobby finanziarie e delle armi. Esso oggi condiziona l’Europa e impone la continuazione della guerra contro la Russia. Sono molto preoccupata per il futuro geopolitico dell’Europa. La destabilizzazione della frontiera orientale minaccia la sicurezza. Solo il dialogo, la cooperazione e la mediazione diplomatica con Mosca possono assicurare ai popoli europei un destino di pace e prosperità».
Nel suo saggio evidenzia la feroce dicotomia tra il “noi” e il “loro”, in cui la pietà per i morti è diventata selettiva: i bambini ucraini sono vittime, quelli palestinesi futuri terroristi o “danni collaterali. Dove ci porterà questo tracollo morale basato sui doppi standard? Siamo di fronte a una militarizzazione delle coscienze in Europa?
«Nei momenti di crisi del liberalismo prende il sopravvento l’eccezionalismo del potere. Nella crisi degli anni ‘30 in Germania il filosofo nazionalsocialista Carl Schmitt considera la politica una dimensione a parte basata sulla dialettica amico-nemico. Il potere politico si definisce creando i suoi nemici esterni e interni. Oggi assistiamo alla frattura tra democrazia e capitale, evidenziata da Ezio Mauro in un recente e brillante articolo su la Repubblica. Il diritto cede alla forza e l’ideologia riscopre il suprematismo bianco tipico del colonialismo occidentale. Purtroppo l’Accademia e lo spazio politico mediatico hanno rispolverato la retorica del Ventennio fascista. È sbalorditivo ascoltare intellettuali decantare lo spirito guerriero, il sacrificio per la Patria, il mito della riconquista dei territori. Esistono tuttavia cause profonde che spiegano i paradossi che viviamo. In “Approdo per noi Naufraghi” le illustro in modo documentato».
Ambasciatrice una parte del suo libro è dedicata ai Brics e al mondo multipolare. La Cina rappresenta solo un rivale economico o per il cosiddetto “Sud Globale” è già un modello alternativo all’ordine unipolare a trazione statunitense?
«Il mondo multipolare è una realtà. È grazie ad esso che la Russia è riuscita resistere alla guerra economica e militare lanciata dalla Nato. La supremazia militare resta una prerogativa occidentale. Il “Sud Globale” si è tuttavia organizzato intorno alla Cina per non subire l’arbitrio unipolare statunitense. L’Europa, potenza civile, avrebbe interesse a condurre una mediazione con i Brics per una regolamentazione politica e non di mercato del surplus asiatico. La riforma della governance economica e politica (Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, Onu) è nell’interesse dei popoli europei. La trappola di Tucidide, il conflitto tra la potenza egemonica in declino degli Usa e quella in ascesa della Cina, può essere evitato da una strategia diplomatica intesa alla individuazione del necessario compromesso. Oggi, lo Stato profondo europeo ha rinunciato ai principi costituzionali e del diritto internazionale: il ripudio dell’utilizzo della forza per risolvere le controversie internazionali. In “Approdo per noi naufraghi” mi riferisco a una direzione di marcia alternativa che interrompa il cammino verso la catastrofe nucleare».
“Bisogna stracciare il Trattato di Maastricht e procedere a costruire un’Unione europea politica e federale”. Nel suo libro critica aspramente il deficit democratico dell’Ue, sostenendo la necessità di una riforma radicale. Un tale cambiamento strutturale può ancora avvenire dall’interno delle istituzioni europee?
«La parte seconda del saggio è dedicata alla critica all’Europa da Maastricht a Lisbona, un ibrido tra colbertismo francese e neoliberismo tedesco, tra mercato e integrazione. L’Europa delle Patrie non ha creato la convergenza economica, ha raddoppiato il debito e non conosce Montesquieu. Non c’è separazione tra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Ho analizzato i limiti istituzionali dell’Unione, priva di legittimità democratica e incapace di realizzare il necessario compromesso tra debitori e creditori. Questa Europa è il risultato di decisioni determinate. Il fallimento del progetto europeo ha responsabilità, che indico puntualmente. L’Europa federale e politica, l’Europa democratica e sociale, non è nata perché non c’era la volontà politica di operare in tal senso. L’approdo è possibile se, col contributo di ciascuno, ci interroghiamo sulla possibilità di una rifondazione dell’Europa oppure su un ritorno allo Stato nazionale, su come risolvere il dilemma di Berlinguer: come evitare il colpo di Stato in Italia. Il saggio che credo sia più intenso ed elaborato di “Occidente e il nemico permanente”, esamina le possibili alternative e auspica un cambio di paradigma nella politica».
Cosa intende per “dilemma berlingueriano”?
«Berlinguer era l’artefice di uno straordinario successo elettorale che alla fine degli anni ‘70 aveva portato il Partito Comunista Italiano ad essere alla pari con la Democrazia Cristiana se non a superarla in molte regioni. Aveva una responsabilità terribile per la stabilità del Paese. Gli americani non avrebbero permesso un cambio degli equilibri politici in un Paese strategico per la Nato. L’allontanamento dall’Urss, il tentativo di creare una via democratica al comunismo ma soprattutto la scelta a favore della Nato erano obbligate per rassicurare Washington ed evitare all’Italia il destino del Cile, dove Allende nel 1973 era stato defenestrato dal colpo di Stato organizzato da Henry Kissinger. Le alleanze pesano e la forza è il ricatto presente del potere. So che oggi lo spazio politico mediatico ha un nuovo catechismo: la libera scelta dei Paesi di aderire alla Nato, regno della democrazia e dei diritti umani. Le dinamiche internazionali tuttavia non sono analizzabili con la retorica del “liberal order”. L’allargamento di un’alleanza militare sconvolge equilibri preesistenti. Come la crisi cubana ha dimostrato, sarebbe impossibile per Washington accettare missili russi o cinesi ai propri confini. La sicurezza è territoriale. Il problema per movimenti e partiti che si oppongono alle politiche di dominio imperialistico e neo-conservatore della Nato è come rendere possibile alcune opzioni senza subire la reazione degli apparati di potere. Credo che spostarsi dal terreno nazionale a quello europeo aiuti la soluzione del rebus».
Come rifondare l’Europa senza un popolo europeo?
«Il popolo europeo, come illustrano Jürgen Habermas o Edgar Morin, esiste. Non è un’identità costruita nel sangue, basata sulla lingua comune o sulla storia comune. Si tratterebbe piuttosto di una comunità culturale con un destino comune data l’oggettiva interdipendenza. In uno spazio di convergenza economica le questioni sociali non sarebbero tradotte in questioni nazionali. Un operaio tedesco ha interessi affini a quello italiano, ugualmente gli esclusi tedesco e italiano non hanno ragione di aderire a una guerra tra poveri ma di unire le forze per combattere gli oligarchi tedesco e italiano. La composizione sociologica degli Stati nazionali è simile. È difficile all’interno degli Stati trovare un’alternativa alle due destre, esattamente come sembra utopistico rifondare l’Europa e liberarsi dell’attuale maggioranza Ursula. L’obiettivo di “Approdo per noi Naufraghi” non è di indicare soluzioni ma di stimolare una riflessione su temi importanti, che possano aiutarci a costruire un’istanza politica alternativa in grado di unificare il dissenso in Parlamento e fuori, di captare il non voto, primo partito in Italia e in Europa».