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Il “Nuovo Rinascimento” saudita è ancora ai primi posti per persone giustiziate

Immagine di copertina
Credit: Ansa

Il “Nuovo Rinascimento” saudita è ancora ai primi posti per persone giustiziate

L’Arabia Saudita è ancora uno dei primi paesi al mondo per persone giustiziate, nonostante un forte calo delle esecuzioni nell’anno della pandemia. Lo afferma il rapporto di Amnesty International sull’uso della condanna a morte nel mondo nel 2020, in cui è stata rilevata una riduzione a livello internazionale delle esecuzioni, arrivate al livello più basso dell’ultimo decennio.

S&D

Nonostante il calo generalizzato, nel “Global report: Death Sentences and Executions 2020” spicca il caso dell’Egitto, in cui l’anno scorso il numero di persone giustiziate è più che triplicato.

Amnesty afferma di aver documentato 483 esecuzioni in 18 paesi nel 2020, un calo del 26 percento dalle 657 registrate nel 2019 e del 70 percento dalle 1.634 esecuzioni del 2015, il picco dell’ultimo decennio.

Il dato esclude le migliaia di esecuzioni avvenute l’anno scorso dalla Cina, in cui il numero totale di persone condannate a morte e giustiziate è un segreto di stato. Nonostante l’assenza di dati, Amnesty considera comunque la Cina il primo paese al mondo per esecuzioni. Gli altri quattro paesi che occupano le prime cinque posizioni di questa triste classifica sono tutti invece situati in Medio Oriente, nell’ordine Iran, Egitto, Iraq e Arabia Saudita, rispettivamente con 246, 107, 45, 27 esecuzioni.

L’anno scorso i quattro paesi mediorientali hanno rappresentato l’88 percento di tutte le esecuzioni accertate nel mondo, in calo del 25 percento dal 2019. Questo nonostante l’aumento di oltre il 200 percento rilevato in Egitto, dove il numero di esecuzioni è arrivato a ben 107, da 32 del 2019.

Iran, Egitto, Iraq e Arabia Saudita sono tra i paesi in cui nel 2020, secondo Amnesty, si sono tenuti processi che hanno portato a condanne a morte ritenuti non all’altezza degli standard internazionali per un giusto processo.

Un calo da livelli record

Secondo il rapporto, ancora una esecuzione su venti di tutte quelle accertate nel mondo sono avvenute in Arabia Saudita, dove sono scese dell’85 percento dal livello record di 184 del 2019, il dato più alto mai registrato da Amnesty nel paese in un solo anno. Un calo che ha portato a 27 le persone giustiziate nel 2020 in Arabia Saudita, dieci in più degli Stati Uniti, classificati al sesto posto a livello globale.

A marzo l’Arabia Saudita ha rivelato di aver introdotto nel 2020 una moratoria sulle esecuzioni per i reati associati agli stupefacenti, che secondo le autorità saudite avrebbe contribuito al calo delle esecuzioni.

Il paese, definito la possibile culla di un “nuovo rinascimento” dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi durante un colloquio con il principe della Corona saudita Mohammed bin Salman, è da decenni uno dei più criticati al mondo per abusi dei diritti umani.

Secondo la no-profit britannica Reprieve, nei primi cinque anni del regno di re Salman, dal 2015 a inizio 2020, le esecuzioni in Arabia Saudita sono raddoppiate rispetto ai cinque anni precedenti.

Leggi anche: 1. Cinque domande a cui Matteo Renzi deve rispondere (a un giornalista) / 2. Omicidio Khashoggi, Renzi ribadisce che è “giusto avere rapporti con l’Arabia Saudita” / 3. Se Renzi vivesse in Arabia Saudita (di Selvaggia Lucarelli) / 4. L’ultimo record del “nuovo Rinascimento”: l’Arabia saudita è il maggior acquirente di armi al mondo (di Giulio Cavalli)/ 5. Decapitazioni in piazza, attivisti frustati, civili bombardati: ecco l’Arabia Saudita di Renzi “culla del Rinascimento”

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