Ucraina, dopo Berlino Trump è ottimista: “Mai così vicini alla pace”. Ma resta il nodo Donbass con la Russia
Garanzie di sicurezza, ricostruzione e controllo del territorio. Ecco a che punto sono arrivate le trattative mediate da Europa e Usa tra Kiev e Mosca per porre fine alla guerra dopo quasi quattro anni di invasione russa
“Non siamo mai stati così vicini” alla pace in Ucraina. Parola di Donald Trump, che dopo la due giorni di negoziati conclusasi ieri a Berlino a cui hanno preso parte il presidente Volodymyr Zelensky e una lunga lista di leader europei, tra cui la premier Giorgia Meloni, ha mostrato un cauto ottimismo, forse anche un po’ eccessivo.
L’ottimismo di Trump
Dallo Studio Ovale infatti lo stesso presidente Usa ha ammesso che un accordo per porre fine alla guerra è tutt’altro che definito: “Ho parlato con il presidente Zelensky a lungo, ho parlato con i leader di Germania, Italia, Nato, Finlandia, Francia, Regno Unito, Polonia, Norvegia, Danimarca e Paesi Bassi. Sono stati ottimi colloqui, le cose stanno procedendo abbastanza bene. Questa guerra non avrebbe mai dovuto iniziare ma c’è e stiamo cercando di farla finire. Siamo più vicini (alla pace, ndr) di quanto non lo siamo mai stati”, ha dichiarato Trump. “Abbiamo un sostegno eccezionale dai leader europei, anche loro vogliono che questo finisca. Credo che il presidente Putin voglia vedere la fine (della guerra, ndr). In questo momento la Russia vuole che la questione si chiuda. Il problema è che in un momento vogliono che finisca e il momento dopo non lo vogliono più. Lo stesso vale per l’Ucraina”.
Un cauto ottimismo condiviso però anche dal capo negoziatore dell’Ucraina, Rustem Umerov. “I negoziati tra Ucraina e Stati Uniti sono stati costruttivi e produttivi, con progressi concreti. Speriamo di raggiungere un accordo entro la fine della giornata che ci avvicini alla pace”, ha scritto Umerov sul suo profilo social X (ex Twitter).
Il nodo Donbass
Gli inviati statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner hanno passato due giorni nella capitale tedesca, incontrando Volodymyr Zelensky e una lunga lista di leader di Paesi appartenenti alla Nato e all’Unione europea, dopo i recenti contatti con il presidente russo Vladimir Putin. Ma nonostante gli sforzi e i progressi raggiunti sulla base del piano iniziale proposto dalla Casa bianca e delle successive controproposte europee, il problema resta sempre il Donbass.
I negoziatori americani propongono di congelare il fronte e di smilitarizzare la zona ancora non occupata dalla Russia, il che per Kiev significherebbe abbandonare il Donbass. Se per Putin è sempre stato l’obiettivo dichiarato, per Zelensky è una linea rossa invalicabile. “Ci sono questioni complesse, in particolare quelle che riguardano i territori”, ha ammesso il presidente ucraino dopo gli incontri tenuti a Berlino. “Francamente, penso abbiamo ancora posizioni differenti”. Trump invece non ha usato mezzi termini: “Il territorio è perso”.
Ma Zelensky non ci sta: “L’Ucraina non riconoscerà il Donbass come territorio russo, né de iure né de facto. Non vogliamo rinunciare al nostro Donbass”. “Gli americani vogliono trovare un compromesso e offrono una zona economica libera, che non significa sotto la guida della Federazione Russa”, ha aggiunto il presidente ucraino, citato dall’agenzia di stampa Unian. “Malgrado tutto, discuteremo la questione territoriale. È una delle questioni chiave su cui non abbiamo ancora raggiunto un accordo”. Insomma, si discute, ma le posizioni restano lontane.
D’altronde, anche gli analisti militari dell’Institute for the Study of War sostengono che le forze russe non possono sfondare la cintura fortificata del Donetsk senza lasciare scoperte altre aree del fronte. Mosca insomma fa richieste territoriali su zone che non controlla proprio perché non riesce a conquistarle militarmente. Una verità scomoda per la narrativa del Cremlino, le cui troppe però avanzano lentamente seppur al costo di gravissime perdite, anche tra gli ucraini.
Garanzie di sicurezza e ricostruzione
Altri fronti del negoziato permettono però un maggiore ottimismo, a giudicare da quanto trapelato da Berlino. Gli Usa hanno aperto alla possibilità di ispirarsi all’articolo 5 della Nato per garantire la sicurezza dell’Ucraina in cambio di un accordo di pace. In questo caso, se Kiev venisse attaccata di nuovo, gli alleati sarebbero chiamati a intervenire. Motivo per cui Zelensky ha parlato da Berlino di “passi avanti” sulle trattative, definendo “piuttosto buoni” i dettagli emersi dai colloqui. “Anche se si tratta solo di una prima bozza”, ha però precisato il presidente ucraino. In questo scenario, come confermato da Donald Trump dallo Studio Ovale, l’Europa avrà un ruolo “rilevante”. “Stiamo lavorando affinché la guerra non ricominci”, ha assicurato il presidente Usa. Ma l’offerta americana ha una scadenza. “Queste garanzie non rimarranno sul tavolo per sempre”, ha spiegato al portale Politico un funzionario statunitense, secondo cui alla fine il Cremlino accetterà “tutti gli elementi che consentono un’Ucraina forte e libera” e anche “l’adesione” di Kiev “all’Ue”. Anche se fu proprio l’opposizione di Mosca alla firma del trattato di associazione tra Ucraina e Ue a scatenare le proteste di Euromaidan alla fine del 2013 e che portarono poi alla guerra.
Non solo: tra questi “elementi” che la Russia dovrà accettare, gli alleati del Vecchio continente hanno anche proposto di creare una “forza multinazionale” a guida europea e con l’appoggio americano. Il piano è piuttosto articolato: limitare le forze armate ucraine a non più di 800mila soldati in tempo di pace; schierare un contingente armato a guida europea che operi anche dentro l’Ucraina per proteggere i cieli e garantire la sicurezza marittima del Paese; e creare un meccanismo di monitoraggio del cessate il fuoco guidato dagli Stati Uniti. A tutto questo poi si aggiungerebbero una serie di impegni giuridicamente vincolanti per gli alleati europei e americani a intervenire in caso di nuovi attacchi all’Ucraina, comprese l’assistenza militare e le sanzioni economiche.
Inoltre, sul fronte della ricostruzione, l’Europa propone investimenti massicci anche attraverso gli ormai famosi asset russi, pari a circa 200 miliardi di euro, congelati nell’Unione europea.
Palla alla Russia
La strada dunque appare molto più in salita di quanto le dichiarazioni di Donald Trump non facessero presagire. “È ora compito della Russia dimostrare la propria volontà di lavorare verso una pace duratura accettando il piano di pace del presidente Trump”, si legge nella nota congiunta diramata ieri sera dai leader europei e firmata direttamente dai presidenti di Finlandia e Francia, Alexander Stubb ed Emmanuel Macron; dal cancelliere tedesco Friedrich Merz; dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dai premier di Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Svezia e Regno Unito, Dick Schoof, Jonas Gahr Støre, Donald Tusk, Ulf Kristersson e Keir Starmer, nonché dal presidente del Consiglio europeo Antonio Costa e dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
Mosca però, ha già fatto sapere il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, porrà “decise obiezioni” a qualsiasi modifica del piano originale proposto dalla Casa bianca. Soprattutto sulle questioni territoriali e le zone cuscinetto in Donbass. Malgrado questo, i leader europei hanno ribadito il sostegno a Zelensky e si sono impegnati a fare progressi rapidi “nei prossimi giorni e settimane”.
Ma resta il principio base di ogni negoziato: nulla è concordato finché tutto non è concordato. Il vertice di Berlino ha mostrato che c’è coesione tra europei e ucraini e una sponda con gli americani. Tra le posizioni di Kiev e le pretese di Mosca però c’è ancora molto da colmare.