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Home » Esteri

“I servizi segreti russi prendono le distanze dal Cremlino”: parla il giornalista investigativo Andrej Soldatov

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Guerra in Ucraina: i servizi segreti russi non stanno più dalla parte di Putin

Dalla sua di Londra dove si trova in esilio, Andrej Soldatov, noto giornalista investigativo russo, sostiene che “per la prima volta gli apparati russi non sono allineati con il Cremlino.” Ritenuto uno dei massimi esperti sui servizi d’intelligence russi, Soldatov, 46 anni, in un’intervista a La Repubblica spiega come il presidente russo Vladimir Putin si sia inimicato l’apparato dei servizi segreti, che ora vedono in lui il responsabile principale per tutti gli errori commessi in Ucraina.

S&D

“Putin ha umiliato pubblicamente il direttore dell’intelligence estera, Serghei Naryshkin, e due settimane dopo abbiamo saputo delle purghe all’interno del dipartimento dell’Fsb, responsabile delle operazioni della Russia in Ucraina,” racconta l’analista. Tra dirigenti interrogati e messi agli arresti, Putin sembra essere sempre più infastidito – qualcuno sostiene addirittura furioso – con i protagonisti dell’invasione in Ucraina ed è alla ricerca di traditori. “Putin non è contento dell’operazione, ma crede ancora nell’efficacia del suo piano originale. E pur di non ammettere colpe, cerca capri espiatori: intelligence errata, sottrazione di fondi, traditori…”.

Così sono finiti agli arresti nelle ultime settimane diversi alti dirigenti dell’Fsb, accusati di non essere riusciti a insediare in Ucraina politici vicini al Cremlino e di aver amministrato male i soldi di Mosca, incluso Roman Gavrilov, il vice della Guardia nazionale. “Questa operazione è completamente diversa dal passato” spiega Soldatov. “Gli apparati del potere erano tutti d’accordo con l’invasione della Georgia nel 2008 e l’annessione della Crimea nel 2014. Stavolta no. E pensano che la colpa sia solo di Putin. Non si tratta ancora di crepe o di una resistenza aperta, ma di una presa di distanza.”

Soldatov ritiene che pochi erano a conoscenza dei piani di Putin e i suoi fedelissimi credevano che l’operazione si sarebbe limitata a Lugansk e Donetsk. “Nell’Fsb c’è un’ossessione per i raid Nato in Jugoslavia del ’99”, spiega a La Repubblica. “Il successo dell’operazione li ha convinti che basti bombardare un Paese per sovvertirne gli equilibri. Pensavano di replicare quel modello. Invece Putin ha fatto diversamente: lanciato raid aerei e mandato truppe di terra. E ha fatto cilecca”.

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